Sono anni che gli studenti languiscono anche nella stanca riproposizione dei riti “ribellistici” delle occupazioni scolastiche pre-natalizie. Vezzeggiati, compatiti, derisi e… temuti.
Un giorno o l’altro potrebbero svegliarsi davvero e mettere a fuoco la nudità del sistema scolastico italiano costruito, dietro 40 anni di verbalismi democratici e innovatori, solo per distribuire posti di lavoro — o meglio — stipendi a prescindere dai risultati del lavoro.
E infatti ieri, nella pagina di Milano del Corriere, a firma di Federica Cavadini e Giampiero Rossi si dava notizia che in un liceo milanese è stata appena varata la settimana corta e che “gli studenti sono contro”, “ma non tutti” dice il servizio.
I fautori del tempopienismo continuano a dominare la scena dei media. Ma la realtà comincia a dare fastidio. I giovani sono contro, ma contro che cosa? — “la settimana corta”. Che falsificazione: in realtà questi giovani sognano la settimana corta come avviene in tutta Europa ma l’idea di avere 30 ore curricolari su 5 giorni li spaventa a tal punto da preferire le attuali 5 ore al giorno per 6 giorni.
Ed hanno pienamente ragione. 6 ore consecutive non hanno eguali al mondo e sono catastrofiche dal punto di vista dell’attenzione e della sopportabilità. Tutto il clima del lavoro di classe ne risente fin dalla prima ora, perché al pensiero di terminare alle 14.30 i ragazzi cominciano a riposarsi subito.
Nell’istituto professionale poi le ore sono 32 e quindi non bastano nemmeno le 6 ore consecutive, ci vuole anche un rientro pomeridiano di due ore.
La cosa è così mostruosa che nell’articolo il numero totale di ore settimanali obbligatorie per gli alunni non viene nemmeno nominato. Che vergogna!
Legioni di giornalisti formatisi nei licei “quando ancora si studiava e la scuola preparava davvero” fingono di dimenticare che ai loro tempi le ore settimanali erano 24 e che le vacanze estive duravano quattro mesi, fino al fatidico primo ottobre.
Il delirio tempopienista però comincia ad essere seriamente in crisi. Forse il tempo di una vera riorganizzazione della scuola a partire dalla questione centrale, e cioè i curricoli degli alunni, sta arrivando. Speriamo bene.