Supponiamo che un comune di 15mila abitanti, che per tale dimensione dispone di circa 120 dipendenti (in base alla media nazionale), si trovi in carenza di personale e decida di procedere a nuove assunzioni. Allora indice un concorso e procede alle prove necessarie per la selezione dei candidati. Alla fine assegna i posti ai vincitori di concorso. Questi saranno fino alla pensione dipendenti del comune oppure troveranno autonomamente un altro posto nel privato o nel pubblico vincendo un altro concorso.
In un istituto scolastico statale-tipo (non a tempo pieno) e cioè con circa 1000 alunni, il numero di dipendenti è pressoché uguale a quello del comune sopracitato. Ma se l’istituto si trova in carenza di organico cosa fa? Segnala annualmente, materia per materia, all’ufficio scolastico provinciale la situazione. L’ufficio provinciale procederà ad un concorso? No, segnalerà annualmente la situazione all’ufficio regionale e questo al ministero. Il ministero saprà quindi ogni anno esattamente la situazione dei posti coperti e quelli da coprire con le supplenze annuali. Ma ancora non procederà al concorso. Perché il concorso con bando nazionale è una macchina gigantesca che parte con grandi difficoltà ed arriva, dopo un paio d’anni, al traguardo inseguito da ricorsi e scandali senza fine.
Il governo si è impegnato per il futuro ad indire con tempestività e a ritmo martellante concorsi sufficienti a coprire i pensionamenti che sono circa 20mila all’anno. Diamolo per buono e facciamo gli auguri.
Ma soffermiamoci sulla situazione assolutamente particolare del docente italiano vincitore di concorso.
Egli diventa titolare in un unico e specifico istituto scolastico. Se l’anno successivo questo istituto avrà una contrazione di organico il docente risulterà perdente posto e dovrà chiedere un’altra sede. Si tratta del famoso trasferimento d’ufficio.
Ma se vuole fruire del trasferimento a domanda (cioè per desiderio proprio) potrà chiedere il trasferimento in qualunque altro istituto italiano. Se ci sono buche vuote la pallina vi entrerà senza filtri di alcun genere. Quando entrai in ruolo, nel 1978, di fronte a questa possibilità guardai la carta geografica e provai un brivido.
Ebbene, la titolarità di istituto e la trasferibilità nazionale sono due facce mostruose di una medaglia mostruosa che produce l’enorme instabilità del personale docente in Italia. Si parla di movimenti annuali del 25-30% del personale assolutamente insopportabili per una qualunque azienda e assolutamente immorali oltre che disfunzionali nella scuola.
Si è discusso a lungo su proposte che intendevano legare i docenti al territorio, limitando la partecipazione ai concorsi sulla base di concorsi territoriali riservati a persone con la residenza territoriale. Idea impraticata e respinta anche a fronte dell’equivalenza della cittadinanza europea rispetto a quella italiana nei concorsi pubblici. Ma allora come fare a dare stabilità alla scuola?
Semplice. Non occorre limitare i concorrenti, basta stabilizzare i vincitori di concorso secondo le stesse norme in vigore nei comuni, ed eliminando la trasferibilità nazionale. Si partirebbe consentendo i concorsi di istituto e limitando agli stessi o ad aree ristrette circostanti la trasferibilità. Sarebbe da subito un miglioramento assoluto della situazione.
Personalmente propendo (ma non in alternativa) per una maggiore dimensione sia della base concorsuale che della titolarità.
Ad esempio se si creasse una dirigenza scolastica distrettuale (vista anche la tendenziale scomparsa delle province) con una dimensione di circa 200mila abitanti con 2mila nati all’anno e quindi circa 20mila alunni nelle scuole e 2mila insegnanti, si avrebbero gli strumenti organizzativi di una media città. Il personale vincitore di concorso sarebbe titolare del distretto e quindi utilizzabile su una platea di 20-25 istituti scolastici molto stabile rispetto alle fluttuazioni degli alunni.
La creazione dell’ufficio scolastico distrettuale (Usd) e quindi del relativo dirigente potrebbe liberare i singoli istituti da tutte le incombenze burocratico-amministrative del personale che impediscono ai dirigenti scolastici di occuparsi della didattica. Infatti il personale sarebbe dipendente dell’Usd con utilizzo in specifici istituti. L’enorme flessibilità così acquisita consentirebbe un’effettiva gestione del personale con una semplicissima soluzione degli esuberi annuali ma anche col trasferimento senza particolari procedure ad altro istituto di docenti con problemi e situazioni limite. Chi è nella scuola li conosce bene e conosce anche l’enorme disagio generato dall’impossibilità di risolvere queste situazioni.
La figura del direttore didattico di istituto diventerebbe allora più limpida e semplice. Si potrebbe anche pensare a direttori didattici di plesso (gli edifici scolastici o plessi sono circa 40mila raggruppati in circa 10mila istituti con presidenza e segreteria) come sbocco di carriera per gli insegnanti migliori.
Ricordo che in Finlandia la dimensione dell’istituto scolastico è di circa 150 alunni nella scuola primaria e di circa 300 nella scuola secondaria. Inoltre lì il personale scolastico dipende dai comuni, è dipendente comunale.
Sento già il grido di dolore del docente transumante e dei suoi difensori. Ma non c’è scampo. Pensare anche solo minimamente agli alunni rende necessario abolire la transumanza sia dei docenti che dei dirigenti. Col mio modello ci sarebbero circa 300 dirigenti distrettuali abolendo però circa cento uffici provinciali, dove peraltro esistono enormi differenze perché si capisce subito la differenza tra la gestione di una provincia come Milano e quella di Macerata dove tutti i presidi si conoscono e vanno spesso a cena col provveditore. Ci sarebbero 40mila direttori didattici di plesso con carriera totalmente docente, con l’abolizione però di 10mila dirigenti di istituto costosi ed assolutamente inadeguati sia rispetto alle esigenze didattiche che a quelle amministrative.
Inoltre a tutti gli amanti dell’equità chiedo: ma come fanno a spostarsi i dipendenti comunali o provinciali o regionali, ed i dipendenti privati? Se il diritto alla transumanza fosse così universale dovrebbe essere concesso a tutti ed invece viene accordato solo là dove fa più danno, cioè nelle scuole dove crescono i giovani.
Capisco che si possano trovare anche altre dimensioni territoriali per la stabilizzazione e la razionalizzazione. Io ne propongo una semplice e con costi assolutamente sopportabili, non superiori, anzi, forse inferiori rispetto a quelli attuali.
Sarei felice di sentire altre proposte vere.