SCUOLA/ Cinque cose da fare in attesa che quella “Buona” si muova

- Roberto Pasolini

L'inizio della scuola è stato interamente segnato dall'avvio claudicante della riforma prevista dalla legge 107/2015. Si può sospendere il giudizio, ma occorre cominciare. ROBERTO PASOLINI

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Le attese per questo avvio di anno scolastico erano tante: di speranza, per molti che vedevano giungere finalmente una stabilità del loro posto di lavoro, di preoccupazione, per altri che erano nelle condizioni di dover prendere decisioni sull’offerta del governo che se offriva stabilità da una parte chiedeva sacrifici personali dall’altra, di preoccupazione delle scuole paritarie per il timore di un forte esodo dei propri docenti verso la scuola statale, di regolarità da parte delle famiglie con avvio senza previsione di supplenze sull’onda delle informazioni provenienti dai media che evidenziavano il numero dei “regolarizzati” dall’assunzione straordinaria superiore alle necessità dei posti disponibili, di innovazione da parte degli studenti verso una possibile flessibilità del piano di studi e l’avvio di esperienze innovative approvate dalla legge 107 (Buona Scuola), di chiarezza da parte dei dirigenti scolastici chiamati a governare le scuole con un “profilo professionale” diverso che prevede novità: sia come il piano di offerta formativa triennale, sia la formazione e la richiesta dell’organico dell’autonomia, sia la possibilità di avviare ed avere le risorse per il potenziamento dell’offerta formativa.

Il primo giorno di scuola è stato inevitabilmente il giorno del risveglio dai possibili sogni e ci siamo trovati tutti davanti ad una realtà più o meno simile a quelle degli scorsi avvii di anno scolastico.

Assunzioni in numero limitato rispetto alle previsioni che non hanno permesso di debellare “la supplentite” (termine caro al sottosegretario Faraone) come auspicavano le famiglie anche se hanno reso “normale” il passaggio di docenti dalla scuola paritaria alla scuola statale; difficoltà dei dirigenti scolastici a capire come procedere alle nomine dei supplenti e soprattutto dove trovare le risorse per il giusto riconoscimento economico; istituzioni scolastiche con dimensioni eccessive, anche di 1500 studenti, governate da un solo dirigente scolastico; istituzioni ancora prive di un proprio dirigente scolastico, visto che, per fare un solo esempio, l’ultimo decreto dell’Usr della Lombardia ha nominato circa 120 reggenze nella regione di cui 16 a Milano, conseguenza, come sappiamo, dello strascico non risolto del famoso concorso “delle buste trasparenti” annullato e ripetuto e non ancora sistemato per ricorsi in atto; tutte le novità attese della legge 107 al palo di partenza senza effetti immediati, critiche e resistenze alla legge approvata fino alla proposta di una raccolta firme per un referendum abrogativo.

Sembra una bocciatura su tutti i fronti, ma se si usa il “buon senso” non si può non tener conto del fatto che la scuola ha tempi diversi rispetto ad ogni altra realtà lavorativa per la sua storica complessità e rigidità e “sparare sul pianista” — “come è normale” tra chi ha avuto disagi personali dall’avvio di questa rivoluzione organizzativa — non serve a nessuno se non a chi cerca strumentalmente consensi politici.

Capisco la delusione di chi sognava un avvio più che regolare con tutti gli annosi problemi risolti e con l’avvio delle modifiche migliorative più attese, come ad esempio flessibilità del piano di studi e/o l’avvio del progetto di alternanza scuola-lavoro per gli studenti, ma una semplice riflessione concreta fa percepire che ogni innovazione ha inevitabilmente la “necessità dei tempi di attuazione”.

Ritengo che questo anno scolastico andrà affrontato, “in sospensione di giudizio”, con qualche sentimento positivo e qualche attenzione.

1. Diamo credito alla scuola e alle istituzioni sui tempi necessari ad avviare il nuovo modello organizzativo e le proposte formative previste dalla legge 107.

2. Chi opera nella scuola e in particolare i dirigenti scolastici tengano monitorata la situazione affinché i tempi siano “giusti” e istituzioni e Governo rispettino la road map promessa e tutto sia avviato al fine di rendere finalmente regolare l’avvio del prossimo anno.

3. Si faccia pressione sul Governo affinché la filosofia sbandierata della condivisione e dell’ascolto sia attuata e le inevitabili difficoltà che si evidenzieranno nella prima applicazione della riforma siano recepite e rapidamente risolte.

4. Si coinvolga più a fondo come coprotagonista la scuola paritaria nel rispetto della sua specificità e non dimenticandosi che deve far parte, con pari dignità, dell’unico sistema nazionale di istruzione e formazione.

5. I dirigenti scolastici, nella consapevolezza del nuovo ruolo più autonomo e responsabile che loro affida la riforma e del fatto che le riforme dipendono dalle norme, ma le fanno le persone, da “capitani coraggiosi”, come li ha definiti in una sua lettera aperta il presidente Disal, affrontino con fiducia il cambiamento, per portare la loro scuola alla stabilizzazione, e avviare al meglio gli aspetti positivi e innovativi della riforma come potenziamento, piano triennale, flessibilità, alternanza, assunzioni dirette.

La sfida è grande, ma tutti abbiamo bisogno di una “scuola nuova” o, meglio, di “un nuovo modo di fare scuola”, soprattutto i nostri studenti, di cui non dobbiamo mai dimenticarci.





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