Sulla scia di Expo torniamo a parlare di cibo, in particolare di pane e vino, due elementi quotidiani e lo faremo con i ragazzi delle scuole proponendo laboratori durante i quali si imparerà a panificare, scoprendo i segreti dell’impasto, del dare una forma ad acqua e farina, elementi che producono la Vita. Cuocere significa trasformare le cose, dar loro gusto, profumo, ma soprattutto senso, senza ridurre tutto a mera “abbuffata”.
In questa direzione si inserisce il progetto di Diesse Lombardia Pane & Vino. Vicende, aneddoti, riti e miti di due alimenti quotidiani, finanziato da Fondazione Cariplo. L’iniziativa, che oltre al Convegno prevede laboratori di panificazione, percorsi cinematografici, nutrizionali, consente di andare oltre Expo e di mettere al centro dell’attenzione due alimenti di ogni giorno: il pane e il vino. Due cibi che raccontano le vicende dell’uomo e della società offrendo una chiave di lettura particolare, in cui la dimensione culturale e nutrizionale si combinano in modo originale, plasmando popoli, territori e culture, dando così vita a valori quali la convivialità, la sacralità e la condivisione.
«La prima necessità da soddisfare fra le foreste, le paludi e le praterie era per le piccole tribù mangiare, ma il cibo non era facile da trovare perché l’unico modo per procurarselo era uccidere degli animali. Ma anche quando la caccia andava bene le cose si complicavano. Infatti, quando il numero di animali diminuiva troppo, bisognava spostarsi in altre terre per cercare nuove prede», spiega il professor Giulio Luporini, autore del Progetto Pane & Vino, rivolto agli insegnanti della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado. «Le tribù erano costrette a spostarsi continuamente — aggiunge — per questo gli storici le definiscono nomadi. La continua lotta per il cibo insieme alla necessità di doversi spostare, impedivano all’uomo preistorico di progredire. Nonostante il lungo passare del tempo, il suo modo di vivere non cambiava e nessuna civiltà nasceva in quel mondo primitivo». Le cose si modificarono radicalmente quando si trovò un altro modo per procurarsi il cibo: coltivare. «Come questo sia accaduto non lo sappiamo con certezza, dato che nessuno aveva ancora inventato la scrittura non abbiamo un documento che ci racconti questa grande scoperta».
Il fatto importante, però, è che nel periodo storico chiamato neolitico si inizia a produrre delle piante chiamate cereali: frumento, orzo, grano. I semi raccolti possono essere macinati per ottenere la farina, la quale mescolata con acqua produce una pasta che, una volta cotta, viene chiamata pane. «Ora che il cibo non è un problema avviene una grande rivoluzione. L’uomo smette di essere nomade e comincia a costruirsi una casa, un luogo stabile e duraturo dove vivere con la sua famiglia.
La tribù prende possesso permanente di un territorio in cui vivere e costruire, nascono i primi villaggi che poi, con il trascorrere del tempo, divengono città, luoghi dove il pane è la base alimentare», chiarisce Luporini. Le novità portate da questa nuova abitudine nutrizionale non sono ancora finite, c’è infatti un altro aspetto molto importante da considerare.
Ora che tutti possono avere il loro pane quotidiano, le persone possono svolgere lavori diversi. Alcune si dedicano ad allevare animali, lavorare il legno, i metalli, costruire edifici, farei i soldati e molti altri lavori che nel tempo si sono aggiunti. Il potersi dedicare unicamente allo svolgimento di una sola attività permette di farla sempre meglio, cioè di specializzarsi. In sostanza la scoperta dell’agricoltura permette la diversificazione dei lavori e quindi la nascita dei mestieri, ossia diventare molto abili nell’eseguire il proprio lavoro particolare. Questo nuovo modo di organizzare la società permette lo sviluppo della tecnologia e un rapido progresso delle civiltà, dopo migliaia di anni in cui l’uomo aveva lottato unicamente per la propria sopravvivenza.
Numerosi e vari possono essere i percorsi di approfondimento intorno a questi due alimenti, il pane e il vino, ma uno rimane il tema dominante: attraverso la loro storia è possibile raccontare la nostra. E’ possibile riascoltare le voci e i suoni antichi che scandivano lo scorrere del tempo, è possibile ricostruire le abitudini quotidiane passate e presenti. «Mia madre deponeva sul tavolo ogni mattina il pane di ieri, un fiasco di vino, un orciolo d’olio e una saliera tutto ricoperto da un tovagliolo da lei ricamato con la scritta: l’olio, il pane, il vino e il sale siano lezione e consolazione», dice Enzo Bianchi, priore di Bose nel suo libro Il Pane di ieri (Einaudi 2008). Sì, pane e vino sono anche “meditazioni” sulla vita e sulla gioia, riti, insegnamenti di fede, di amicizia, del vivere insieme. A tavola non si condivide soltanto il cibo, ma sguardi, parole, sorrisi, punti di vista. Mangiare pane e bere vino è una dimensione che apre alla comunione, che richiama l’opera di Dio che ci nutre, ci dà la vita e ci mette in contatto con tante persone: tutti coloro che hanno contribuito alla coltivazione e alla produzione del pane e del vino.
Annalisa Malinverni
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Info su: http://www.diesselombardia.it