UNIVERSITA’/ Tagli al diritto allo studio, la sussidiarietà a rovescio della Lombardia

- Andrea Ceriani

La Regione Lombardia taglia i fondi per i diritto allo studio: università e studenti sembrano essere solo un impiccio e una spesa improduttiva. ANDREA CERIANI (presidente del Clds)

universita_ricercatori_protestaR439 LaPresse

La regione Lombardia è ancora interessata a investire sul futuro di noi giovani? A giudicare da quanto sta accadendo in questi giorni in tema di diritto allo studio pare proprio di no. Eppure le migliaia di giovani che ogni anno da tutta Italia si trasferiscono in Lombardia — e in particolare a Milano — per studiare all’università dovrebbero essere considerate una risorsa, anche per la Regione, e non un fastidioso inconveniente. È evidente, infatti, che la qualità delle università lombarde e la loro capacità di attrattiva rappresentano uno strumento fondamentale anche per il decisore politico, per rendere il territorio lombardo sempre più competitivo nell’attrarre capitale umano qualificato dal resto del Paese. E invece, per la Regione, università e studenti sembrano essere solo un impiccio e una spesa improduttiva, un ramo secco da tagliare. 

È noto che il finanziamento delle politiche di diritto allo studio è in parte compito delle Regioni — che utilizzano a tal fine il gettito derivante dalla tassa regionale per il diritto allo studio ed eventuali risorse proprie —, in parte dello Stato, mediante il Fondo integrativo statale (Fis) e il Fondo di finanziamento ordinario (Ffo). Mentre la legge di bilancio 2017 prevede finalmente, dopo alcuni anni di tagli significativi, un aumento di 50 milioni del Fis, la regione Lombardia — che a lungo è stata in prima linea nell’investimento di proprie risorse nel diritto allo studio, assicurando così a tutti gli studenti idonei la possibilità di beneficiare di una borsa di studio — continua a tagliare i finanziamenti. All’interno del bilancio di previsione 2017, infatti, la Regione avrebbe stanziato appena 20 milioni di euro come contributo per il funzionamento dei servizi per il diritto allo studio. Esattamente 10 milioni in meno di tre anni fa e 3 milioni in meno dello scorso anno. Se tale misura venisse confermata, dunque, assisteremmo all’ennesimo taglio di fronte ad un fabbisogno stimato intorno ai 26 milioni per il 2017. 

Con quali conseguenze?

Il taglio penalizza le spese di gestione delle residenze, degli alloggi e delle mense universitarie, servizi indispensabili, soprattutto per una realtà universitaria come quella milanese, sempre più attrattiva nei confronti di studenti provenienti da tutta Italia. 

Per fronteggiare questa situazione, i nostri atenei sono stati costretti ad intervenire con investimenti propri, al fine di garantire borse di studio e servizi a tutti gli studenti idonei, ma non beneficiari per mancanza di fondi; in un primo momento anticipando le risorse necessarie, successivamente investendo a fondo perduto in queste misure.

Da qualche anno, quindi, in Lombardia, sono i singoli atenei a garantire il diritto allo studio, supplendo così ad una situazione grottesca, nella quale si evidenziano le mancanze ora dello Stato ora delle Regioni. Praticamente una sussidiarietà… all’incontrario. 

È evidente, tuttavia, che se le università devono colmare con fondi propri i buchi di bilancio causati dai minori stanziamenti di Stato e Regioni, le stesse dovranno però rinunciare alle loro politiche di sostegno e promozione del merito che pure, faticosamente, negli ultimi anni avevano cominciato ad avviare (un esempio su tutti: i crediti di merito). 

In definitiva, i tagli del bilancio regionale finiscono per scaricare due volte sulle spalle degli studenti e delle loro famiglie il compito di finanziare il diritto allo studio: una prima volta perché gli stanziamenti regionali — se non accompagnati da fondi propri — non sono altro che il gettito derivante dalla tassa regionale pagata dagli studenti; una seconda volta perché le misure di copertura previste dagli atenei sono a loro volta finanziate con le tasse studentesche. 

Appare evidente a tutti noi che il diritto allo studio in Lombardia non sia garantito da chi di dovere, anzi. Studiare e vivere nell’ambiente universitario sembra ormai possibile soltanto a coloro che fortunatamente hanno una famiglia che li mantenga. Le priorità di Palazzo Lombardia sembrano assolutamente altre, e non mi dilungo nei particolari. 

Urge una risposta politica, e io ritengo che la politica sia la modalità con cui andare incontro alle esigenze reali dei cittadini, quindi anche degli studenti, sia lombardi che fuorisede. 





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