L’incarico alla nuova ministra Fedeli mostra chiaramente che l’organizzazione concreta della scuola di stato viene lasciata in mano al sindacato. Sindacato che da decenni ormai svolge il ruolo di tribuno della plebe con potere di veto su tutto l’apparato formativo, dal ministero ai presidi.
Contemporaneamente, nelle sfere ineffabili della “cultura”, superficialità e impressionismo sono ormai l’atteggiamento con cui gli “intellettuali” analizzano i problemi della nostra scuola.
Non fa eccezione l’articolo di Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera del 22 dicembre. In un paginone carico di migliorismo, il fustigatore della “casta” analizza tutto e indica obiettivi su tutto. Ma obiettivi vaghi che a fatica, anzi che in alcun modo si compongono in idee-gestione del nostro sistema.
Partiamo dalle bocciature. Si dice che “ormai” nel mondo si sa che i sistemi non selettivi portano solo vantaggi. Ma si dimentica di dire che la bocciatura in Italia è quasi scomparsa sia nella scuola primaria che nella secondaria, con la sola eccezione dei primi due anni di scuola superiore. Più volte ho dimostrato come la bocciatura vada sostituita da una promozione politica, e non dal 6 politico, usato cioè falsamente per promuovere comunque.
La promozione e la bocciatura sono scelte complessive, cioè politiche, che richiedono una valutazione del presente e del futuro dell’alunno. Il 6 politico è invece una forzatura ed una falsificazione della realtà cognitiva. Pertanto sarebbe logico proporre una regola per cui la bocciatura possa avvenire al massimo una volta sola nella scuola di base (elementare e media) ed una volta sola anche nelle superiori. Naturalmente in pagella dovrebbe risultare il voto vero relativamente alla competenza.
E qui, sul voto vero, si muove ormai da anni con grande fatica ma anche con merito Invalsi. Separando la promozione annuale dalla competenza aumenterebbe la libertà dei docenti e la responsabilità dei genitori e degli alunni, cose oggi in forte difficoltà.
Sembra facile, ma tradurre l’impressionismo in norme concrete è un’operazione troppo difficile e rischiosa per l’esercito dei commentatori di cui l’Italia è piena.
Stella passa poi all’esame dei cattivi risultati scolastici al Sud, certificati dall’Ocse oltre che da Invalsi. E la diagnosi qual è? La solita tiritera che da 30 anni ci perseguita ed è servita solo a forzare le iscrizioni con campagne penose per convincere i genitori ad iscrivere i figli al tempo pieno. La cosa al Nord in parte è riuscita perché le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano e mancano i nonni scelgono questa formula che per loro è però insufficiente. Nel Centro e al Sud le famiglie scelgono di gestire di più i figli a casa. Ma il tempo scuola che rifiuta di distinguere tra curricolare e facoltativo è una grande anomalia anche per il Nord e la super-pressione usata per cercare di imporlo a tutti crea forti tensioni e difficoltà organizzative. La distinzione tra curricolo essenziale (intorno alle 20 ore settimanali) ed attività aggiuntive opzionali è la semplice e non costosa soluzione (europea e moderna) del problema.
Due periodi dopo lo stesso Stella esalta la grande novità della scuola di Newcastle dove l’inizio delle lezioni è stato spostato dalle 8 alle 10 del mattino, ottenendo un aumento del 30 per cento dei risultati scolastici. Schizofrenia? Un poco sì. Da noi il tempopienismo impazza ancora nella mente dei commentatori impressionistici, che però sanno bene come questo sia un tabù sindacale tipicamente italico, un tabù temibilissimo da stuzzicare.
In modo incongruente si cita anche la Finlandia come modello educativo, senza dire che laggiù le ore annue di lezione sono 700 per 12 anni, contro le nostre 1000 per 13, e che i compiti obbligatori sono stati aboliti.
Conosco di persona nostre scuole medie che fanno lezione per 5 giorni dalle 8 alle 13,45. E, colmo dei colmi, il recupero mirato degli alunni carenti inizia alle ore 14!
Il canto impressionistico termina con una melodia che sentiamo da cinquant’anni, e cioè che lo studente deve stare al centro e non maestri, professori, presidi o bidelli. Un canto che sovrasta con la sua incontestabile bellezza e verità i silenzi ed i lamenti ormai sfiniti che provengono dalle aule e dai corridoi della nostra scuola.