Con la recente intesa tra ministro e sindacati si elimina per il prossimo anno l’obbligo di stabilità triennale dei docenti di ruolo nella propria sede scolastica, obbligo faticosamente conquistato per tentare di ridurre i caroselli dei docenti che da anni riducevano i primi tre mesi di scuola a una girandola didattica. Scopo della “pace sindacale” sarebbe quello di permettere a circa 50mila docenti di ritornare nelle scuole del centro sud, anche se non ci sarà di fatto posto per tutti (le cattedre disponibili sono poco più di 14mila). Sarebbero quei docenti che si ritennero (almeno così scrivevano sui siti) “deportati” ingiustamente, perché i posti disponibili per l’insegnamento al nord sono il doppio di quelli del sud.
La sospensione della stabilità dei docenti è un elemento preoccupante, per i danni che porterà alle scuole statali e soprattutto agli studenti: a settembre ricominceranno gli annuali “caroselli” dei docenti, alla faccia del diritto allo studio e ad una didattica almeno stabile. Nel frattempo dobbiamo misurarci con le classifiche internazionali sui livelli di apprendimento dei nostri studenti.
Una scelta curiosamente accettata dal neoministro, che, chissà come mai, il giorno dopo ha sostenuto di voler operare per un avvio regolare del prossimo anno scolastico (sic!).
Non solo gli insegnanti vengono privilegiati rispetto alle altre categorie di dipendenti pubblici, ma si vedono favoriti in necessità personali, a scapito delle necessità degli studenti, della qualità della didattica e del buon funzionamento delle scuole.
Ma nell’intesa non ci si è occupati solo di mobilità dei docenti. Si è anche congelata la chiamata diretta, da parte del preside, dei docenti che avevano scelto un ambito territoriale e non una singola scuola: si è trattato di una tra le poche vere innovazioni della legge 107 che ha permesso in molti casi l’assunzione di docenti con il profilo necessario al progetto formativo della singola scuola. Una timido ma importante passaggio verso una futura autonomia delle scuole, riconosciuta per legge ma mai attuata.
Tecnicamente questo è l’esito della privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico attraverso la trattativa sindacale che ha sottratto alla legislazione gran parte dei profili e delle condizioni di lavoro di tutti i dipendenti pubblici, mantenendo per tutti (anche per i docenti ed i dirigenti) la condizione di “impiegati” dello stato: in questo modo un tavolo di trattativa privato prevale sugli interessi generali della nazione stabiliti con una legge dal Parlamento.
Comunque la si voglia vedere, l’intesa è solo l’inizio della smobilitazione, tramite contratto sindacale, delle legge 107/2015 che anche il ministro aveva votato.
In realtà i sindacati avevano chiesto di mettere mano anche ad altre innovazioni, mai digerite, delle legge per la Buona Scuola, come ad esempio il timido inizio di una valutazione dei docenti (il bonus di merito). Che sia questo il prossimo mattone da togliere alla 107? Il congelamento della chiamata diretta conferma questa tendenza nuova.
L’avvio del prossimo anno scolastico quindi, nonostante la notevole infornata di assunzioni in ruolo fatte e ancora da terminare, dovrà affrontare i soliti gravi problemi: al carosello dei docenti si sommeranno quasi duemila scuole senza dirigente scolastico stabile a causa del mancato nuovo concorso (quelle attuali più i pensionamenti): un quarto delle scuole statali italiane. La vita dei dirigenti scolastici, sempre più tartassata da vessazioni burocratiche aumentate a dismisura, si complicherà e difficilmente la categoria vedrà di buon occhio l’intesa che non li faciliterà certo nel loro compiti. Basti pensare che attualmente chi deve dirigere due istituzioni scolastiche si trova talvolta a far fronte a dimensioni di popolazioni scolastiche e di sedi assurde: moltissimi hanno a che fare con 1.500/2.000 studenti con una media dalle cinque alle dieci sedi, a causa di forsennati dimensionamenti passati.
Resta da capire cosa sta succedendo nel Pd, che, con il primitivo testo della Buona Scuola, aveva proposto coraggiose innovazioni nella scuola, ben più ampie di quelle che poi sono entrate nella legge 107.
Rimane poi una seria domanda: gli interessi nazionali della scuola li stabilisce il Parlamento o la contrattazione sindacale?