È stato pubblicato il nuovo Focus sulla dispersione scolastica messo a punto dall’Ufficio Statistica del Miur. Il dato complessivo parla di 135.447 studenti che abbandonano la scuola, pari al 4,3%: 112.240 ragazze e ragazzi che hanno lasciato gli studi. E’ un dato in miglioramento ma ancora preoccupante.
Vi sono alcuni aspetti che fanno riflettere in questo fenomeno dell’abbandono scolastico.
Il primo è che l’abbandono è più frequente tra coloro che sono in ritardo con gli studi; il secondo aspetto è il passaggio dalle medie alle superiori dove si registra che il Nord Ovest ha riportato una percentuale di uscita dal sistema scolastico nel passaggio tra l’a.s. 2015/2016 e l’a.s. 2016/2017 dell’11,9%, il Nord Est del 6,8%, il Centro dell’1,5% e il Mezzogiorno del 3,1%; il terzo fattore riguarda i cittadini stranieri: nel passaggio tra la scuola secondaria di I e di II grado la percentuale di alunni stranieri che ha abbandonato gli studi è del 5,72%, contro l’1,2% relativo agli alunni con cittadinanza italiana; il quarto fattore riguarda il confronto con l’Europa dove l’Italia è il quinto Paese in Europa con più giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, dopo Malta, Spagna, Romania e Portogallo.
Questa è la situazione che il ministro Fedeli valuta comunque in progresso perché il numero e la percentuale di abbandoni scolastici è in progressiva anche se lenta diminuzione.
Un fatto comunque è certo, ed è che il dato rimane alto e diffuso su tutto il territorio, con una incidenza degli studenti stranieri che deve far riflettere, perché evidentemente indica la necessità di una correzione di rotta nella politica scolastica che è rivolta all’integrazione degli studenti di origine straniera. Molti abbandoni in questo senso sono dovuti ad un’impostazione sbagliata dell’integrazione degli alunni stranieri, che è fatta in modo univoco, mentre bisognerebbe differenziarla, perché è diversa la disposizione ad apprendere che vi è in un ragazzo nato in Italia da quella che ha un ragazzo arrivato da poco in un viaggio per via mare su un barcone mal messo.
Come lo stesso ministro Fedeli ha intuito di fronte a questi dati, il problema è di intervenire e di intervenire subito con metodi efficaci e risolutivi. Vi è già una task force in azione guidata da Marco Rossi Doria che dovrebbe predisporre al più presto un piano che argini il problema e lo porti a soluzione. Importante è individuare il metodo giusto per affrontare questa problematica, di fronte alla quale risuona l’eco del monito di don Lorenzo Milani, che la scuola ha un problema solo, i ragazzi che perde.
E il metodo giusto è quello che suggerisce sia il mondo della scuola capace di intervenire sulla dispersione sia il mondo del volontariato che è impegnato ad aiutare gli studenti e le studentesse in difficoltà: ciò che aiuta gli studenti non sono corsi di recupero né l’incitazione a studiare ripetuta all’unisono da insegnanti e genitori, nulla di tutto questo, perché ciò che rilancia nello studio anche chi fa tanta fatica e ottiene insuccessi è uno sguardo. Che vi sia un insegnante che si pieghi a guardare un ragazzo o una ragazza che non riesce a studiare, questa è l’unica cosa che ribalta la situazione! Questo esercito di ragazzi e di ragazze che sono in bilico, destinati a cadere rovinosamente, una chance ce l’ha, è incontrare un insegnante che li sappia guardare, che ne valorizzi l’umanità e che sia disposto a fare un cammino di conoscenza con ciascuno di loro.
Questa è la strada che la scuola deve prendere per combattere la dispersione scolastica, dedicare spazio e tempo a chi si trova in difficoltà, restituire ad ognuno di loro una stima di sé, e camminarvi accanto senza sostituirvicisi, ma liberando le energie positive di cui ognuno dispone.
Per mettersi in questa prospettiva la scuola deve capire che da sola non può riuscirvici, per questo decisivo è realizzare una sinergia tra scuola e volontariato, un impegno segnato da una reciprocità, cosicché la scuola possa essere arricchita e potenziata (questa volta davvero potenziata!) dall’instancabile e paziente attività del volontariato che in questi anni ha saputo documentare che tutti possono essere aiutati, anche studenti e studentesse in grave difficoltà, basta che vi sia qualcuno disposto a impegnare le proprie energie con lui o con lei.
Dal volontariato, dai tanti Centri di aiuto allo studio come Portofranco, viene una parola di speranza, in un rapporto personale, uno ad uno, un ragazzo o una ragazza di oggi può trovare le motivazioni per rilanciarsi nello studio. Così si combatte la dispersione scolastica, con la profondità di uno sguardo.
Questo sguardo, che è decisivo per arginare la dispersione, il ministero non lo può dare, ma lo può riconoscere e valorizzare laddove lo si vede in azione. Qui sta il compito del ministero o di qualsiasi progetto antidispersione scolastica, valorizzare chi è già protagonista di attività che puntano sulla persona, unica e vera risorsa così che non accada più che la scuola perda un ragazzo o una ragazza.