Sono quasi un migliaio le famiglie italiane che hanno scelto l’homeschooling, nota anche come “educazione o istruzione parentale” nella definizione del ministero dell’Istruzione. Si tratta della decisione dei genitori di non iscrivere i loro bambini a scuola, ma di dare loro lezioni a casa facendosi così carico della loro istruzione. Spesso tale scelta ha origine da una posizione critica verso il sistema scolastico, come raccontato in una recente intervista a Ilfattoquotidiano.it da Erika De Martino, 35enne italoamericana che da anni pratica l’homeschooling con i suoi 5 figli: “La maggior parte delle persone che decidono di fare homeschooling lavora o ha lavorato nel settore scolastico e ha avuto una brutta esperienza”. Si tratta di una pratica legale in Italia,visto che l’articolo 34 della Costituzione dice che “l’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita” senza specificare l’obbligo di iscrizione a una scuola. Chi decide di educare i propri figli a casa deve però comunicarlo ogni anno alla direzione didattica territoriale e, su richiesta delle famiglie stesse, i bambini possono poi sostenere un esame a fine anno per testare il grado di istruzione o nel caso volessero ottenere un diploma oppure tornare a scuola.
L’ex insegnante 35enne italoamericana Erika Di Martino, residente a Pavia, ha scelto di non mandare i suoi cinque figli a scuola e ha anche fondato il network www.educazioneparentale.org per “collegare” tutte le famiglie che, come la sua, si sono fatte carico dell’istruzione dei propri bambini. Da quando Erika, che ha anche scritto un libro sull’argomento, e suo marito Matteo hanno deciso di non mandare più il loro primogenito a scuola è cambiato molto, come racconta lei stessa sulle pagine di Repubblica: “Quando Matteo e io abbiamo deciso di non mandare più a scuola Thomas, il nostro primogenito, in Italia le famiglie che sceglievano l’educazione parentale erano pochissime, oggi il Miur ha censito oltre mille ragazzi che studiano a casa, ma di certo sono molti di più”. Riguardo al rischio che i bambini crescano isolati e senza amici, Erika ammette: “Il rischio c’è, inutile negarlo. Un po’ di solitudine si sente. Ma noi non viviamo in mezzo a un bosco: i miei bambini fanno moltissime attività dove incontrano i loro coetanei. E comunque insieme alle altre famiglie di homeschooler ci vediamo due pomeriggi alla settimana a Milano, proprio per far socializzare i nostri figli”. Ma sull’ipotesi che l’home schooling sia una cosa, per ricchi. la Di Martino respinge le accuse: “Non è così. Noi abbiamo fatto una scelta e viviamo con lo stipendio di mio marito. E molto materiale è gratis, basta trovarlo online. E quando riesco lavoro anch’io, faccio traduzioni e lezioni d’inglese. Le nostre ricchezze sono il tempo e la libertà, crescere insieme, genitori e figli, come una tribù che si autoeduca ogni giorno”.
Le famiglie che in Italia praticano l’homeschooling sono ancora relativamente poche, visto che non superano il migliaio su base nazionale, ma all’estero il fenomeno è decisamente più esteso. Nel 2012 in Inghilterra i ragazzi educati a casa erano 70mila in Francia 2mila e in Spagna 2mila. Le proporzioni aumentano quando si guarda oltreoceano a Paesi con una popolazione maggiore: l’homeschooling americano vede 2 milioni di ragazzi studiare a casa insieme ai genitori mentre in Canada l’educazione parentale è scelta “solo” da 60 famiglie. In Italia siamo ancora molto lontani da questi numeri: il Miur per l’anno 2014-2015 ha registrato 945 minori con una prevalenza nelle scuole secondarie (638 ragazzi). C’è diversità anche tra Nord e Sud: i picchi dell’homeschooling sul nostro territorio sono infatti in Sicilia e Campania. Si tratterebbe però di un fenomeno in crescita: nel giro di quattro anni il raduno annuale degli homeschoolers che si tiene a Rimini nel mese di giugno ha visto i suoi partecipanti passare da 40 a 700.