“Se volete che il mondo vada avanti ci dobbiamo mescolare, i cosiddetti sani e i cosiddetti ammalati. Ehi, voi, sani! Che cosa significa la vostra salute? La libertà non ci serve se voi non avete il coraggio di guardarci in faccia, di mangiare con noi, di bere con noi, di dormire con noi”. Sembra contenuto tutto in questo brano del film Nostalghia di Andrej Tarkovskij il senso del progetto “Faber in mente” che utilizza il pensiero e l’opera di Fabrizio De André per lottare contro il pregiudizio e lo stigma verso le persone con problemi mentali. Un cocktail molto efficace di esperienza clinica e passione umana raccontate in musica, per “mostrare come l’anima delle persone possa riemergere dietro al disagio psichico”.
Promosso dall’associazione Amici della mente onlus, l’iniziativa propone una nuova tappa del suo percorso, con la presentazione di un nuovo cd, “Faber in mente volume 2”. Si tratta di nove canzoni del cantautore genovese, i cui testi sono stati riscritti dal dottor Gabriele Catania (psicoterapeuta della Asst Fatebenefratelli-Sacco) per raccontare storie di vita in cui il malessere e la malattia ritrovano significato e spesso anche soluzione.
La serata si svolgerà dopodomani, giovedì 25 maggio, al Civico Auditorio del Municipio 8 del Comune di Milano in via Quarenghi, 21 con inizio alle ore 21.00, ingresso libero (link: www.amicidellamente.org). Il sussidiario ha incontrato Catania.
Qual è lo scopo dello spettacolo?
Lo scopo è far comprendere, nel senso di prendere-con, l’esperienza esistenziale di chi soffre di una qualunque forma di disagio psicologico. Noi crediamo che la comprensione empatica di chi vive questo tipo di sofferenza è la strada per vincere il pregiudizio e lo stigma che ancora adesso impedisce alle persone con questi disturbi di curarsi in tempo e attraverso le cure giuste. Crediamo insomma che la vicinanza emotiva sia l’unica via, come dice il personaggio del film Nostalghia di Andrej Tarkovskij.
Perché utilizzare delle canzoni per dare messaggi tanto importanti?
I testi raccontano delle esperienze di sofferenze tratte dalla clinica. E la musica di De André è un veicolo eccezionale per far arrivare quelle parole all’anima. La musica fa da apripista, apre i sensori dell’empatia e prepara al contenuto delle parole. Le parole spiegano, ma la musica ti fa sentire. Quindi si tratta di canzoni che introducono alla conoscenza non dei fatti successi, ma del loro contenuto emotivo.
Può spiegare meglio?
Pochi giorni fa sono andato a Gallarate a parlare di disturbi alimentari in una scuola superiore. E’ venuta con me una mia paziente che ha raccontato la sua esperienza di ex anoressica. Ad un certo punto qualcuno le ha chiesto se avesse figli e lei ha risposto di sì. Immediatamente è partito un grande applauso. Che cosa lo ha fatto scattare? Lei è riuscita ad entrare nel cuore di quei ragazzi e loro si sono immedesimati nella sua sofferenza. Io so benissimo che gli aspetti clinici che racconto dopo un po’ vengono dimenticati, ma non viene dimenticato il racconto della sofferenza umana.
Cosa soprattutto non funziona secondo lei a livello educativo?
A livello educativo, così come nelle altre relazioni d’aiuto (a scuola o troppo spesso anche in un rapporto terapeutico), manca l’autorevolezza e la consapevolezza che il potere è servizio. Di solito si è autoritari o lassisti. Quanti genitori di ragazzi con problemi mi chiedono: dovrei lasciare stare? Tra il lasciare stare e l’essere colpevolizzante c’è ben altro. Il colpevolizzante è come se dicesse: “sei tu il problema”, il lassista dice: “non c’è problema”. Invece, in una vera relazione d’aiuto, la posizione è: tu hai un problema e io voglio aiutarti ad affrontarlo. In clinica si osservano frequentemente i danni prodotti dall’autoritarismo e dal lassismo sulla mente dei bambini e degli adolescenti.
Quali sono?
Una delle canzoni che saranno proposte nello spettacolo, “Il testamento di Franz”, una parodia de “Il testamento di Tito” di De André, contiene l’esperienza di diversi pazienti, soprattutto depressi, che hanno avuto genitori autoritari. Ad esempio avevo un paziente grave il cui padre era un uomo dispotico e violento, e voleva che il figlio crescesse tutto d’un pezzo, senza emozioni, una specie di soldato freddo e inumano. Pensava che così si rinforzasse. Invece quel bambino si è ammalato.
Cosa dice la canzone?
Nella canzone ho cercato di stigmatizzare questo atteggiamento raccontando del dialogo tra un padre autoritario e la sua vittima: il figlio. Il padre dice: “Non esiste altro padre migliore di me, io valgo di più del Signore. Sono io che decido del tuo mondo e di te… Non devi mostrare la fragilità…”. E il figlio risponde: “Col pugno di ferro domai il mio timore per piangere da solo all’oscuro…”: proprio le condizioni che favoriscono le patologie mentali.
Chi è Franz?
Franz è Franz Kafka e la canzone prende anche spunto dal suo libro, “Lettera al padre”, nel quale spiega in modo esemplare come l’autoritarismo di un padre svalutante e vessatorio posso segnare in modo negativo lo sviluppo psicologico del figlio. L’autoritarismo è una modalità di rapporto inumana e non produce nulla di utile, ma solo disastro psichico, soprattutto a riguardo della stima di sé, del sentimento di non meritare amore, con tutta la devastazione clinica che ne comporta. Se l’amore me lo devo meritare, non mi farà sentire amato ma al massimo utile!
Forse adesso si vedono più genitori assenti che autoritari…
Nella nostra cultura ancora oggi c’è l’idea che l’errore è soprattutto una colpa che va punita. Su questo meccanismo molte persone rimangono bloccate. La punizione aumenta la possibilità che l’errore venga negato, non rielaborato e quindi che venga ripetuto. E’ un’idea che intossica ancora tanto le nostre menti. Vale anche per noi stessi. Gran parte del mio lavoro consiste nel ricostruire l’autostima dei pazienti, attraverso il recupero di un rapporto autorevole con se stessi.
Veniamo all’aspetto clinico. A che punto è in Italia la cura delle malattie mentali?
È ancora troppo legata alla cura farmacologica e senza una sufficiente considerazione per le scoperte ormai inconfutabili della scienza. Eric Kandel ha ricevuto il Nobel per aver dimostrato che l’esperienza di apprendimento modifica la struttura del nostro cervello. La cura farmacologica non crea mutamenti strutturali, mentre la psicoterapia, che è un’esperienza di apprendimento, li crea.
Cosa implica questo in termini di cura?
La cura del disagio psichico va fatta, oltre che attraverso le cure farmacologiche, anche sul piano psicologico e sociale in modo da ridurre gradualmente i farmaci e nei casi possibili eliminarli. Purtroppo in ambito pubblico si sta osservando una crescente riduzione degli interventi psico-sociali a favore di quelli farmacologici con un conseguente “tradimento” dell’orientamento voluto dalla legge 180. È proprio in ragione di questo che ho deciso di dedicare una canzone a Franco Basaglia, l’ideatore della legge 180.
Che cosa dice?
La canzone si chiama “Fiume Salpêtrière”, parafrasi di “Fiume Sand Creek” di De André che racconta la storia vera del massacro di una tribù Cheyenne in un villaggio assalito e distrutto di notte con un inganno da parte del colonnello Chivington. Nel mio testo faccio un’analogia tra l’indifferenza per il popolo indiano e quella per il popolo dei malati di mente. La citazione nel titolo della Salpêtrière è dovuta al fatto che in questo manicomio francese uno psichiatra illuminato, Philippe Pinel, tra il Settecento e l’Ottocento, per la prima volta ha liberato i pazienti ricoverati staccandoli dalle catene, prodromo del riconoscimento dei diritti umani dei malati mentali. Da allora la Salpêtrière è diventata una icona dell’umanizzazione della cura psichiatrica.
In lei si avverte non solo la passione per il suo lavoro, ma anche una simpatia verso le persone con disagio psichico. Da dove viene?
La malattia mentale è interessante perché fa emergere quello che c’è di più importante in un essere umano, la sua essenza profonda. I disturbi mentali vanno osservati sospendendo il giudizio, senza preconcetti. Mi ricordo che da ragazzino un mio coetaneo con dei problemi psichici e che era stato in un riformatorio mi chiese in prestito la bicicletta. Sarebbe stato grave per me perderla, e prestargliela era un grosso rischio. Ma lo guardai senza mostrare timore e gli dissi: te la presto se mi prometti che me la riporti. Lui sentì la fiducia che avevo riposto sulla sua promessa e dopo un po’ me la riportò. Io credo che si sia sentito trattato alla pari, capito, e per questo mi ha rispettato.
Insomma, la natura umana è ben più che i suoi meccanismi mentali…
“Se mi lasciassero un pezzetto della mia malinconia, tra i respiri del cuore troverei la mia via”, dice un’altro testo (sulla musica di “Se ti tagliassero a pezzetti”). La canzone parla di uno che soffoca le sue angosce nell’alcol e dice: se mi date così tanti farmaci da sopire la mia malinconia, io non vivo, non ho possibilità di riscatto, mi togliete l’energia di base con cui ripartire. Certamente non bisogna che la depressione blocchi, ma il sentimento di quello che manca è ciò che ci rende umani.
(Silvia Becciu)