Cosa c’entra la Nuova Zelanda con la battaglia culturale ed educativa che Tatiana Kasatkina, membro dell’Accademia russa delle scienze, e un gruppetto tra ricercatori e insegnanti russi stanno conducendo da alcuni anni nel loro Paese sugli scritti di Dostoevskij e che da qualche tempo vede anche la partecipazione in Italia di docenti italiani? Il filo che collega i due o tre mondi è più robusto di quanto possa apparire, vediamo perché.
È successo in Nuova Zelanda che un fiume sacro ai maori abbia ottenuto la personalità giuridica, cioè i diritti, i doveri e le responsabilità di una persona, e sia rappresentato congiuntamente da un membro della comunità maori e da uno del governo. Qualcuno potrà storcere il naso, ma è inevitabile porsi la domanda: se in una qualche parte del mondo addirittura un fiume può essere trattato come un essere che ci parla, come mai nel luogo deputato all’apprendimento dei linguaggi, la scuola, le cose insegnate nascono già morte? Che ne è soprattutto dell’arte e della letteratura, nate per dare voce al sentimento dell’umano e ridotte spesso a blocchi di nozioni digerite dagli alunni e restituite agli insegnanti, tramite i compiti o le interrogazioni, così come sono state inghiottite dalla mente, senza nessun accento di novità da parte degli alunni?
Pare anzi che talvolta l’alunno che dice “io” e avanza un suo punto di vista sia considerato decentrato rispetto agli obiettivi che l’insegnante si prefigge. Quanto nutrimento interiore ricevono i ragazzi da ciò che leggono a scuola, in qualche modo paragonabile alla ricchezza spirituale che il fiume Whanganui dona ai maori che lo frequentano?
La letteratura purtroppo è un fiume che si è inaridito. Intendiamoci: non perché non si scrivano più cose interessanti o perché non si affrontino a scuola, a tutti i livelli, corposi programmi sui quali gli studenti, solitamente generosi, sono soliti chinarsi per assimilare le informazioni del libro di testo e le istruzioni per l’uso fornite dai loro insegnanti. La ragione fondamentale del prosciugamento di qualunque tipo di testo artistico-storico-letterario, quanto meno come ripercussione di ciò che è proposto dai piani didattici sulla struttura percettiva dell’alunno, risale ad una nota vicenda che riguarda in generale l’ermeneutica, consistente nell’assimilazione delle scienze umanistiche alle scienze fisico-matematiche. Ma, paradosso dei paradossi, mentre la ricerca scientifica è cambiata e la visione del mondo fisico-matematico comprende la personalità dello scienziato, il testo letterario ed anche l’opera d’arte sono trattati come oggetti piuttosto asettici che non appartengono a nessuno.
Oggetti da analizzare e comparare ad altri oggetti, piuttosto che realtà in atto, che nel momento in cui si svelano al lettore, rivelano il lettore a sé stesso. Il testo, infatti, è un soggetto ricco di un messaggio che si coglie frequentandolo in un certo modo. Da soggetto a soggetto, insegna la Kasatkina, non sovrapponendo al testo le nostre aspettative come in uno specchio, ma concedendogli lo stesso diritto del fiume neozelandese. Il brano d’autore, come un’icona, guarda il lettore dall’interno verso l’esterno, lo interroga, lo mette in crisi con improvvisi vuoti d’aria che aprono impreviste profondità. Se il lettore osa seguire queste tracce scopre sotto l’apparenza di una trama scontata una totalità di significati che lo interpellano direttamente, gli chiedono di cambiare per capire di più e meglio.
Di tutto questo si è parlato durante la conferenza studentesca internazionale diretta da Tatiana Kasatkina, tenutasi a Staraya Russa, nella sede della Casa museo Dostoevskij. Era della partita, accanto a studenti e insegnanti di Mosca, Novgorod e altre città russe, anche una piccola delegazione di studenti e insegnanti italiani. I partecipanti erano invitati a sottoporsi ad una prova di lettura di un testo di Dostoevskij. E si è spaziato dalle Notti bianche a Delitto e castigo, da Memorie di una casa morta a racconti più brevi del geniale scrittore russo. Letture non semplici che hanno però appassionato ugualmente in Russia e in Italia centinaia di giovani. Tutt’altro insomma che assistere ad una serie di lunghe e prolisse lezioni. I protagonisti sono stati i giovani lettori, più qualche insegnante e dottorando, che dopo un anno di riflessione svolta secondo il metodo della lettura ripetuta hanno scelto di esporre all’assemblea dei convenuti una breve tesi, cioè un punto di vista argomentato, sottoponendosi poi al fuoco di fila delle domande degli ascoltatori. Lo scopo di questo esercizio, regolato da un protocollo rigoroso (10 minuti di intervento, 10 minuti di risposte alle domande) che non ha risparmiato qualche patema ai giovani relatori, per lo più liceali, ma presenti perfino studenti di scuola media, era di sollecitare una interlocuzione con il testo. Se è vivo parla e, siccome è vivo, le questioni che il testo ci pone trovano risposta dentro e non fuori dall’ambito delle sue stesse coordinate fondamentali.
Come ha rilevato infatti Tatiana Kasatkina nei suoi ripetuti interventi, se tratteniamo solo ciò che sappiamo, era perfettamente inutile che lo scrittore scrivesse. No, dobbiamo sapere di non sapere per afferrare il bandolo della matassa. È la crisi del lettore che, in un certo senso, lo fa rinascere mediante una infusione di linfa nuova proveniente dal testo, col quale l’autore vuole portarci al suo stesso livello di comprensione della realtà. Con il testo dobbiamo entrare in relazione attraverso un punto di accesso, magari proprio l’aspetto apparentemente più “incomprensibile”, che solo chi si accinge ad una paziente, silenziosa e ripetuta lettura può individuare.
La bontà di questo sistema di lettura, personale e comunitaria, dove ogni notazione di chiunque è valorizzata, è stata testimoniata dalle tre giornate di convegno in terra russa, che hanno visto tanti studenti attenti e partecipi. La rappresentanza italiana, forte dei convegni giovanili dostoevskijani che da quattro anni si tengono a Modena, potrebbe dire altrettanto: grazie a Dostoevskij e alle sue opere approfondite secondo il percorso di cui si è detto la letteratura ricomincia a diventare patrimonio imprescindibile per la crescita umana e culturale di un giovane. Le giornate di Staraya e la loro espressione modenese disegnano un quadro internazionale, magari ancora piccolo ma non certo poco importante, in cui il mondo scolastico giovanile è attraversato dalle stesse problematiche. La risposta alle quali è un metodo di approccio al reale che si impara leggendo e che si estende poi a tutta la vita. Chissà che l’anno prossimo a Staraya non partecipi una delegazione maori!