Ed io che sono? La domanda di Leopardi è di casa al Meeting di Rimini. Domanda culturale forte, propria della natura umana, che da sempre si interroga su se stessa. Ma natura è anche il mondo naturale che ci circonda. Una lunga tradizione lo chiama “creato”. Che rapporto c’è tra le due “nature”? Ne parlerà domenica al Meeting, tra altri ospiti, Raffaele Cattaneo, assessore all’Ambiente e Clima della Regione Lombardia e già due volte assessore ai Trasporti nelle giunte Formigoni, di cui è stato uno dei più stretti collaboratori.
In questa ampia chiacchierata con il Sussidiario, Cattaneo spiega come una solida cultura antropologica, non ideologica, si declina in scelte di governo. E lancia una appello ai moderati in vista del 25 settembre.
Cominciamo dalla transizione ecologica. Siamo davanti o a dogmi ideologici alla Greta Thunberg, o a scelte che paiono azzardate, come emissioni zero dal 2050 oppure solo auto elettriche dal 2035. Ma l’Italia non è la Lettonia e neppure la Spagna. Che cosa si deve fare?
Essere realisti. E il realismo oggi impone di dire che la transizione ecologica è una necessità. Non si può ignorare il percorso di cambiamento che avverrà nei prossimi trent’anni e che sarà molto pervasivo. Sul “come” si deve discutere. Ma c’è un dato oggettivo imprescindibile.
Quale?
Il cambiamento climatico è un dato di realtà, come lo sono l’aumento dell’inquinamento per eccesso di combustibili fossili e la perdita della biodiversità. Ma proprio perché la sfida è così pervasiva, ci vuole una cultura all’altezza. E l’ecologismo integrale non lo è.
Per quale motivo?
Perché è senza antropologia: è un culto della natura senza uomo. All’interno dei Fridays for future è nato il movimento Green Inclinations, No Kids (Gink) secondo il quale per salvare l’ambiente occorre rinunciare ad avere figli. Non è necessario andare in America: alcuni anni fa un opuscolo del Comune di Cremona diceva la stessa cosa. La matrice antropologica distruttiva è evidente. Ma c’è un altro errore da evitare.
Sarebbe?
Quello negazionista, alla Trump: sono tutte fake news, andiamo avanti come prima per rimanere competitivi. Si resta competitivi se si creano le premesse per vendere prodotti e servizi anche fra trent’anni, non con la testa rivolta all’indietro.
Quindi?
Serve un equilibrio nelle scelte per accompagnare la transizione senza strappi e facendo attenzione alle esigenze reali. Chi ha questa cultura? In Europa, i Popolari. Penso ai certificati bianchi (titoli di efficienza energetica, ndr) come sistema di compensazione delle emissioni: fu un’idea del Ppe.
Eppure proprio l’Europa oggi impone scelte lontane dalla realtà del nostro sistema produttivo.
Lo dobbiamo a Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione Ue ed esponente socialista.
Lei è stato uno stretto collaboratore di Formigoni fin dal suo primo mandato (1995-2000). Quando nasce la politica ecologica dell’amministrazione lombarda?
Nel ’95, a due mesi dall’insediamento, Formigoni si trova ad affrontare l’emergenza rifiuti a Milano. La città si riempie di rifiuti perché gli ambientalisti bloccano i camion diretti alla discarica di Cerro Maggiore. È anche una trappola politica: la discarica è del fratello di Berlusconi… Formigoni è nominato commissario. Da quell’esperienza è nato il modello di gestione dei rifiuti lombardi che oggi è uno dei più avanzati al mondo.
Come ci siete riusciti?
Gli ambientalisti volevano la raccolta differenziata ma non gli impianti; altri invece volevano bruciare tutto. Due massimalismi. Noi facemmo la differenziata e gli impianti. Oggi in Italia ci sono in tutto 37 termovalorizzatori, 11 sono in Lombardia.
E i risultati, sul lungo periodo?
Differenziamo il 73% dei rifiuti raccolti, nel ’95 erano sotto il 20%. Il 62% dei rifiuti urbani è avviato a recupero di materia e il 55% effettivamente riciclato. Nel ’95 andava in discarica l’80% del materiale, oggi ci va lo 0,02%. Il 27% dei rifiuti urbani diventa energia grazie ai termovalorizzatori. Dei rifiuti speciali (quelli delle imprese, che sono 6 volte di più di quelli urbani) avviamo a recupero addirittura l’85%. È economia circolare realizzata, non sbandierata!
Quali sono i maggiori interventi in materia ambientale che si sente di vantare più volentieri?
Il più risalente è senz’altro il coordinamento della struttura tecnica del commissario ai rifiuti, nel lontano ’95. Tirammo fuori la Lombardia dall’emergenza in pochi mesi e segnammo una strada. Sono tornato ad occuparmi di ambiente da assessore nel 2018. Direi il risanamento del lago di Varese – era uno dei laghi più inquinati d’Italia, lo abbiamo restituito alla balneazione in tre anni – e il progetto Move-In sulla qualità dell’aria a Milano.
Move-In cioè monitoraggio veicoli inquinanti?
Sì. La “scatola nera” che permette di fare un certo numero di chilometri nelle zone sottoposte a limitazioni per la qualità dell’aria anche a chi ha veicoli fuori norma. È un provvedimento di equità sociale. Non tutti possono permettersi di cambiare macchina ogni tre anni.
Sui temi ambientali il centrodestra insegue la sinistra?
Sicuramente non ha bisogno di farlo. Piuttosto, la mia sensazione è che a volte segua un approccio che regala alla sinistra questi temi.
Ci può spiegare meglio?
Oggi la questione ecologica è come la questione operaia quando Leone XIII scrisse la Rerum Novarum. La questione operaia era monopolio della sinistra operaista massimalista e sembrava che i cattolici non potessero e non dovessero occuparsene. Grazie ad un approccio umano integrale, Leone XII cambiò gli schemi. Una rivoluzione. La Laudato si’ ha fatto lo stesso con la transizione ecologica. Che non può riguardare solo verdi e sinistra, perché il rapporto con il creato riguarda tutti. Noi oggi abbiamo questo compito, non di scimmiottare la sinistra né di ignorare il problema, ma di mettere in campo soluzioni equilibrate, sagge e percorribili.
Va bene, ma che cosa significa in concreto?
Transizione ecologica non può voler dire perdere migliaia di posti di lavoro. In questo caso servono modi e tempi diversi.
Se il centrodestra facesse l’attesa riforma del regionalismo, lei, come amministratore, quali poteri vorrebbe in più che oggi non ha?
Vorrei un regionalismo vero. L’autonomia differenziata è già prevista dalla Costituzione all’articolo 116 terzo comma, però non è mai stata realizzata. La riforma Bassanini del titolo V è figlia di una stagione in cui la sinistra ha cercato di fare concorrenza alla Lega. Ma é stata una riforma timida e confusa, che ha generato moltissimi conflitti tra Stato e Regioni.
Come lo spiega?
È prevalso un egualitarismo astratto. Invece l’autonomia, quella vera, parte dalla realtà, che spesso ci mostra situazioni differenti. Non siamo tutti uguali. Chi parte un po’ più avanti degli altri dovrebbe avere più capacità di fare da solo, e chi è indietro dovrebbe essere aiutato di più. Forme differenziate di autonomia non devono fare scandalo.
Non si rischia di danneggiare irreparabilmente la finanza pubblica o di dividere l’unità nazionale?
La Germania, i cui Länder hanno poteri molto forti, è un paese scassato? Gli Usa, dove gli Stati sono nettamente differenti tra loro, sono scassati? L’idea che lei dice è figlia di una visione che confonde l’unità con l’uniformità. Preferisco una cultura in cui la diversità, le differenze, sono fattore di unità e punto di forza.
Intanto Attilio Fontana ha sciolto la riserva e si ricandida alla presidenza della Lombardia.
La candidatura di Fontana è naturale, legittima, la accolgo e la sosterrò volentieri. Fontana è stato oggetto di attacchi fortissimi che si sono rivelati costruiti sul nulla, e si è trovato ad affrontare il dramma della regione più colpita al mondo dalla pandemia di Covid, la prima dopo la Cina. Ci sono stati errori, inadeguatezze, poi risolti brillantemente. Chiediamoci che cosa avrebbe fatto qualcun altro al suo posto.
Al Meeting lei parlerà di “Natura umana e rapporto con la natura”. Due accezioni diverse in una frase sola.
No invece, i due temi si toccano, proprio per tutto quello che abbiamo detto finora: non c’è ecologia senza adeguata antropologia. Non si può affrontare in maniera corretta il tema del rapporto con la natura, se non si ha un concetto adeguato della natura umana. L’uomo dipende, non si fa da sé, e non può considerarsi il padrone assoluto della realtà che lo circonda. Solo questo approccio consente di evitare la distruzione dell’ambiente e la distruzione dell’uomo. È l’aspetto che vedo più debole oggi in politica.
Vale a dire?
Si è indebolita l’antropologia, manca una cultura umana all’altezza della sfida. Invece è proprio questo il contributo che i cattolici e più in generale i moderati possono dare alla vita politica: riportare realismo, equilibrio e una visione della storia all’altezza delle sfide.
Il 25 settembre si vota. Qual è la sua scelta?
Di fronte alla probabilità consistente che il centrodestra vada al governo, ritengo importante che le componenti moderate della coalizione di centrodestra, figlie della tradizione e dell’impegno politico dei cattolici popolari, possano avere lo spazio che meritano. Sono necessarie per dare alla coalizione la solidità e l’equilibrio che dicevo prima.
Dipende dagli elettori.
Certamente. È per dire che oggi, se si vuole evitare il rischio di una deriva un po’ troppo a destra, conviene sostenere chi nel centrodestra ha posizioni centriste, europeiste, più che correre dietro a un’idea di terzo polo che con la legge elettorale attuale farà fatica a trovare senso e spazio.
(Max Ferrario)
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