George Simion è in testa al primo turno delle elezioni presidenziali in Romania con il 41,6% dei consensi. Chi sono davvero gli anti-democratici?
Mentre in Romania si è ancora lontani da un risultato definitivo del primo turno delle elezioni presidenziali, appare comunque evidente come il candidato più votato sia stato George Simion (AUR), che ha sostituito Calin Georgescu dopo l’annullamento del voto di fine novembre ed al quale è stato vietato di ricandidarsi. Non solo. Simion è accreditato del 41, 6% dei consensi, quasi il doppio dei voti ottenuti da Georgescu (22,9%) nel primo turno di novembre 2024.
Ancora incerto il nome di chi andrà al ballottaggio con Simion il 18 maggio (probabilmente il filo-UE Crin Antonescu, molto sponsorizzato da Bruxelles, che dovrebbe raccogliere circa il 25% dei voti) mentre sarà interessante vedere anche il quadro finale di un voto condizionato dai romeni residenti all’estero. È significativo che metà degli intervistati per gli exit poll all’uscita dei seggi si siano rifiutati di rispondere.
Certamente il dato politico che emerge dal voto è che l’annullamento voluto dalla Corte costituzionale di Bucarest per presunte ingerenze straniere a novembre viene clamorosamente smentito dopo che tutti i romeni hanno avuto cinque mesi per cambiare opinione. Invece, nonostante tutte le pressioni interne ed internazionali, sono tornati a votare un candidato di destra (forse ancora più a destra di Georgescu) dimostrando con i fatti che non vi era stata allora un evidente manipolazione dei dati elettorali, che invece rappresentavano la volontà popolare.
Già oggi si è parlato subito di altri attacchi hacker filorussi che avrebbero condizionato il voto ma – come in passato – non vengono fornite prove concrete o convincenti.
È interessante vedere comunque chi andrà al ballottaggio. Se il 18 maggio contro Simion convergeranno tutti gli altri candidati, è facile ipotizzare un risultato sul filo di lana. A quel punto sarà decisiva la partecipazione al voto, in un Paese che appare molto scettico sul suo futuro democratico.
Ci si è scagliati contro le presunte “manipolazioni” di Mosca, ma senza tener conto che se molti rumeni hanno votato prima Giorgescu e oggi Simion lo hanno fatto soprattutto per opporsi alla pesante corruzione che imperversa nel Paese e che nessuno sembra saper arrestare.
Di questo aspetto però si è parlato poco, così come del carattere squisitamente politico della decisione della Corte costituzionale che aveva annullato le precedenti elezioni presidenziali a cinque giorni dal voto a seguito di “indagini riservate” dei servizi segreti (ovviamente governativi) che ad oggi nessuno ha ancora chiarito, così come è rimasta risibile la versione ufficiale che avrebbe incolpato Georgescu di inquinamento del voto per un contributo elettorale non registrato di meno di 300mila euro, quando la corruzione generale ha mosso, per favorire i vari candidati milioni e forse miliardi di euro.
Va da ultimo sottolineato anche che, pur protestando a tutti i livelli e nelle piazze, in questi mesi non ci sono mai stati particolari episodi di violenza da parte dei sostenitori di Giorgescu. Un’ipotesi che era nelle probabilità, invece alla fine ci si è limitati a protestare in modo pacifico, nonostante le censure della Tv di Stato e della gran parte dei media internazionali.
Se i risultati confermeranno quelli del primo turno di fine novembre, sarà la prova evidente che il voto è un duro messaggio all’Unione Europea e che le pressioni di Mosca c’entrano poco.
Sicuramente la situazione rumena resta grave e la sua democrazia appesa a un filo. Se ne riparlerà tra 15 giorni.
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