L’ipotesi del pagamento del riscatto per liberare Emanuela Orlandi riprende quota, soprattutto alla luce di due documenti segreti e inediti che sono stati depositati presso la Commissione parlamentare d’inchiesta che indaga sulla scomparsa. Una di queste carte appartiene al Servizio per le informazioni e la sicurezza militare (Sismi, ora Aise) e risale al 27 luglio 1983, mentre l’altro contiene informazioni su una riunione in Vaticano tra alcuni magistrati e inquirenti italiani con monsignor Eduardo Martinez Somalo.
VATICANO HA PAGATO RISCATTO PER LIBERARE EMANUELA ORLANDI?
A svelare la novità è il Venerdì di Repubblica, secondo cui il primo documento ipotizzerebbe che il Vaticano abbia pagato per far liberare la cittadina vaticana scomparsa un mese prima e farebbe riferimento a notizie molto importanti sulla Santa Sede di cui anche il padre di Emanuela Orlandi era a conoscenza. Ma si cita anche il trasferimento della ragazza da un gruppo di rapitori all’altro e a un rapporto segreto stilato dall’ambasciatore italiano presso il Vaticano e mandato ai vertici.
Nell’altro documento è indicato che il religioso avrebbe smentito a nome della Santa Sede il pagamento e i contatti con i rapitori, invece avrebbe avanzato dei sospetti su un profugo bulgaro.
IL GIALLO DEI DUE DOCUMENTI SEGRETI
Il documento del Sismi riporta alcune informazioni sul caso arrivate da una fonte dei carabinieri e vi è allegata un’informativa, anche questa inedita, in cui si parla di una riunione dell’11 agosto 1983, a cui avrebbero preso parte il titolare dell’inchiesta, Domenico Sica, il capo della omicidi Nicola Cavaliere e il tenente colonnello Domenico Cagnazzo, attualmente in pensione. Per il Vaticano, invece, ci sarebbero stati Agostino Casaroli, segretario di Stato, e il suo collaboratore, l’arcivescovo sopracitato.
A rendere ancor più intricata la vicenda è il fatto che questi documenti fossero presenti nel fascicolo dell’Archivio di Stato su Emanuela Orlandi che era stato definito “vuoto” alla commissione parlamentare, invece conterrebbe documenti importanti diffusi ora dal quotidiano. A sollevare la questione è Roberto Morassut, deputato del Pd e vicepresidente della commissione che indaga anche sulla scomparsa di Mirella Gregori, spiegando che “è grave la divulgazione alla stampa dei materiali riservati del fascicolo dell’Archivio di Stato“.
EMANUELA ORLANDI, “VATICANO DIA FASCICOLO ALLA PROCURA DI ROMA”
Invece, il legale che assiste la famiglia di Emanuela Orlandi ha fatto sapere che non nutrivano dubbi sull’esistenza in Vaticano di un fascicolo sul sequstro della ragazza, infatti per questo ne fecero richiesta nel 2017, senza però averlo ancora visto. L’avvocato Laura Sgrò ha espresso l’auspicio che il Vaticano lo fornisca alla procura capitolina e alla commissione d’inchiesta per contribuire al lavoro che si sta facendo per scoprire la verità sul caso.
Per quanto riguarda, invece, la questione del riscatto, il legale ritiene che vada esaminata approfonditamente la documentazione prima di poterla commentare. La giornalista Simona Zecchi, che si è occupata dell’articolo con le novità sul caso Emanuela Orlandi, all’Adnkronos ha precisato che dai documenti si evince il coinvolgimento nelle attività investigative da parte di Sismi, Side e Santa Sede sin dall’inizio, aggiungendo che in virtù di ciò è impossibile negare che il Vaticano al tempo non avesse un dossier sul caso.
L’AUDIZIONE DELL’EX POLIZIOTTA
Intanto alla Commissione ha di recente parlato Maria Vozzi, poliziotta in pensione che all’epoca della scomparsa di Emanuela Orlandi lavorava per Nicola Cavaliere, che a sua volta è stato sentito la settimana scorsa. L’ex agente 83enne, come riportato dal Fatto Quotidiano, ha ammesso di non ricordare quasi nulla del caso, lamentando il fatto che all’epoca le donne non erano considerate granché in polizia. Vozzi non ha escluso che sia stata vittima di “qualche mascalzone” e che sia stata “rapita, strangolata, qualsiasi cosa“.
Vozzi, che ha lavorato anche nel Sismi dove ha concluso la sua carriera, ha dichiarato che gli esiti delle indagini sono stati insoddisfacenti. Nel corso della sua audizione ha anche citato una trasferta in Calabria con Cavaliere per sentire un’amica della ragazza, “ma non servì molto all’indagine“. Infine, in merito ai molteplici appelli di papa Giovanni Paolo II, si è limitata a ipotizzare che lo abbia fatto per “dovere“.