Inaugurare una rivista dedicata all’insegnamento delle scienze ponendo a tema la creatività può suonare un po’ strano. Altri sono i termini privilegiati dal dibattito attuale: sia nelle discussioni circa le sorti della scienza, sempre più in bilico tra rigurgiti di neo-scientismo e minacce di irrazionalismo, sia nelle accorate, quanto legittime, requisitorie sulla scarsa considerazione (e relativi finanziamenti) dei politici per la ricerca scientifica o sul cronico ritardo della scuola italiana rispetto alle esigenze del progresso tecnologico.
Le ragioni della nostra scelta tuttavia appaiono meno estranee alle preoccupazioni di chi si occupa di scienza se si chiarisce cosa si intenda per creatività, evitando posizioni riduttive e malintesi che la pongono in alternativa ad altre dimensioni fondamentali della persona come, per esempio, la razionalità.
Il problema della creatività si riconduce alla più generale concezione della realtà e del tipo di rapporto che si stabilisce col reale nell’esperienza scientifica, sia di ricerca sia di insegnamento/apprendimento. Nel fare scienza l’uomo realizza un particolare tipo di incontro con la realtà, la quale si svela in tutta la sua varietà, ricchezza e complessità. È una realtà prorompente e intrigante quella che emerge dalla fredda impalcatura dei dati quantitativi e delle leggi formali; e l’uomo, se è animato da un atteggiamento di attenzione e vera apertura, la sorprende da diverse angolature, la cattura nelle sue molteplici sfaccettature, ne coglie sempre nuovi aspetti, individua nuove relazioni.
Non è una questione di fantasia o soltanto di intuizione: è la capacità di lasciar parlare la realtà, la pazienza di ascoltarla e la ricerca intelligente di tutti gli strumenti per meglio leggerne e interpretarne i messaggi. È quindi una piena espressione della razionalità umana: è la ragione che riesce a scoprire aspetti particolari, a individuare fattori a prima vista nascosti, a escogitare domande pertinenti, a non farsi trovare impreparata di fronte all’imprevisto.
Con i contributi di questo numero intendiamo aprire un dibattito sulle condizioni perché la creatività possa essere educata. Sì, perché la creatività non è come il coraggio di don Abbondio che, chi non l’ha, «non se lo può dare»; non è una dote innata, impressa nel genoma una volta per tutte. La creatività si può educare, si può suscitare e far crescere, poco o tanto, in ciascuno. La prima condizione perché ciò accada è che l’apprendimento delle scienze, come tutta la scuola, sia un’esperienza di libertà, nella quale tutta la persona venga continuamente invitata e guidata a mettersi in gioco di fronte a tutta la realtà, senza preconcetti, senza preclusioni, senza filtri precostituiti.
Guidata a reinventare ogni giorno, parafrasando una felice espressione di Hans Freundenthal, non tanto la scienza quanto il fare scienza.
Mario Gargantini
(Direttore della Rivista Emmeciquadro)
© Pubblicato sul n° 01 di Emmeciquadro