Konrad Lorenz
Il Cosiddetto Male
Garzanti, Milano 1974
Pagine 330 – Fuori catalogo
Riprendere in mano un libro letto tanti anni prima permette di vedere sotto una luce nuova quei concetti che, rivoluzionari all’epoca in cui sono stati formulati, sono diventati parte importante del pensiero contemporaneo. È il caso de Il cosiddetto male, scritto nel 1963 e pubblicato in Italia nel 1974, l’anno dopo l’assegnazione del premio Nobel al grande etologo tedesco.
Come in modo interessante scriveva nell’Introduzione un giovane Giorgio Celli: «L’etologia comparata di Lorenz e di Tinbergen, ossia l’esame sistematico e comparativo dei programmi comportamentali degli animali, veduti nella duplice prospettiva onto e filogenetica, offre ormai da qualche decennio uno strumento efficace per recuperare l’uomo al senso della sua “naturalità”, della sua physis, alla consapevolezza di essere un elemento perfettamente integrato negli ecosistemi.»
Come viene spiegato nella Premessa: «Il libro tratta dell’aggressione, ossia della pulsione alla lotta, nell’animale e nell’uomo, diretta contro appartenenti alla stessa specie.» E la voglia di scriverlo nacque nell’autore «dopo un periodo passato a studiare dal vivo i pesci corallini dei mari caldi, presso i quali la funzione dell’aggressione per la conservazione della specie è evidente.»
Così si chiarisce il percorso di tutto il testo. «Le componenti della totalità di un sistema si possono capire solo nel loro insieme o non si capiscono affatto […] e l’articolazione degli effetti dei comportamenti istintivi che costituiscono il vivere sociale dell’uomo è il sistema più complicato che si conosca.»
Per questo motivo, sui quattordici capitoli totali, i primi sette sono dedicati alla descrizione dei comportamenti e costituiscono «la base per capire il funzionamento di quattro tipi d’ordinamento sociale» descritti nei successivi capitoli.
Così gli ultimi quattro capitoli tendono a evidenziare i «nessi» (le cause e i rimedi) tra i fenomeni osservati, descritti e analizzati in precedenza.
Al di là delle riflessioni e delle considerazioni sulla società, che appaiono un poco datate, mi sembra interessante ricuperare, nello sviluppo del testo, il procedimento strettamente induttivo: dalla «osservazione non prevenuta di casi singoli all’astrazione delle leggi alle quali tutti quelli obbediscono.»
Non per rivalutare posizioni epistemologiche ormai desuete, ma per ricuperare una aderenza alla realtà naturale oggi spesso negletta.
Recensione di Maria Cristina Speciani
(Caporedattore di Emmeciquadro)
© Pubblicato sul n° 08 di Emmeciquadro