SCIENZ@SCUOLA/ La misura della Pressione. Un percorso sperimentale in una Classe Prima del Liceo Scientifico

- Novella Sestini

Un percorso di insegnamento/apprendimento della fisica rispettoso dello statuto proprio della disciplina, pur nella semplicità del contenuto; con attenzione alle Indicazioni Nazionali.

Sestini_00_Apertura_439x302_ok Manometro a immersione costruito dagli studenti della 1 B LSSA

Si può insegnare fisica nel primo biennio della scuola secondaria di secondo grado? E non un «surrogato» della fisica come molti libri di testo propongono e purtroppo molti (troppi?) docenti ritengono inevitabile. L’autore presenta un percorso realizzato nella classe prima del Liceo Scientifico – Opzione Scienze Applicate, nell’anno scolastico 2012-2013, che rispetta lo statuto proprio della disciplina nei suoi aspetti essenziali, sperimentale, storico, applicativo, e quindi realmente conoscitivo. Accogliendo quanto di nuovo proposto dalle Indicazioni Nazionali, senza censurare l’esperienza pregressa del Liceo Scientifico Tecnologico, rivisitata nel nuovo contesto degli Obiettivi Specifici di Apprendimento e valorizzata.

Insegno Fisica e laboratorio da parecchi anni nel primo biennio di un Istituto Tecnico Industriale dove si è inserito, da otto anni, il percorso del Liceo Scientifico Tecnologico (LST) e, nell’ultimo biennio, il Liceo Scientifico – Opzione Scienze Applicate secondo le Indicazioni Nazionali.
L’opportunità di intraprendere l’insegnamento in un percorso liceale con alle spalle una lunga esperienza di istituto tecnico ha consentito, a me e al gruppo di colleghi che condividono la mia stessa esperienza scolastica, di essere molto attenti e disponibili a integrare lo sviluppo teorico delle discipline scientifiche con l’attività sperimentale in sintonia con la riforma della Secondaria di secondo grado che sottolinea il ruolo centrale del laboratorio nell’insegnamento della fisica, in particolare per il Liceo Scientifico delle Scienze Applicate (LSSA).

Il contesto nel quale è nata l’idea

La scelta che il nostro istituto ha fatto, sfruttando gli spazi dell’autonomia scolastica, è stata di mantenere nel primo biennio del LSSA la disciplina Laboratorio di fisica-chimica, così come era prevista nel primo biennio del LST. In tale modo, nella classe 1^LSSA, fisica viene insegnata con la completa disponibilità del laboratorio, in quattro ore settimanali mentre nella classe 2^LSSA viene insegnata chimica in tre ore settimanali.
Inoltre, nello spirito delle linee-guida della riforma dei licei che prevede «l’esplicitazione dei nuclei fondanti e dei contenuti imprescindibili […] lasciando al docente la libertà di poter progettare percorsi scolastici innovativi e di qualità» abbiamo mantenuto l’attività di area di progetto, tipica dell’ITI; si tratta di attività pluridisciplinari impostate in modo da rendere gli studenti protagonisti nella scoperta del cammino di conoscenza percorso dagli scienziati per giungere sia alla comprensione e alla descrizione rigorosa del particolare ambito di fenomeni studiato sia alle applicazioni tecnologiche.
L’argomento scelto nell’anno scolastico 2012-2013, per l’area di progetto della classe 1^LSSA, è stato la misura della pressione e ha voluto essere una breve sperimentazione dell’integrazione fra le diverse scienze sperimentali con una particolare attenzione «all’unitarietà della conoscenza senza alcuna separazione tra “nozione” e sua traduzione in abilità», secondo quanto sottolineato dalle linee-guida.

Descrizione sintetica dell’attività

La grandezza fisica pressione e la sua misura sono alla base degli studi scientifici in varie discipline: fisica (statica e dinamica dei fluidi, termodinamica eccetera), chimica (gas perfetti), scienze della Terra (pressione atmosferica e conseguenze). Questa area di progetto si poneva l’obiettivo di approfondire il concetto sia teorico che operativo di pressione costruendo alcuni semplici strumenti di misura: un barometro e un manometro. Per fare tutto ciò in modo consapevole ci si è soffermati innanzi tutto sull’evoluzione storica del concetto di pressione atmosferica e di vuoto, rivisitando alcuni esperimenti storici riproducibili in laboratorio. In seguito si sono progettati e poi costruiti, con materiale povero, un barometro e un manometro con i quali si sono eseguite misure relative di pressione atmosferica e di pressione interna a un recipiente. Intendiamo completare il nostro percorso con una visita al Centro Geofisico Prealpino di Varese – Campo dei Fiori, da svolgersi all’inizio dell’a.s. 2013-14.

Fase preparatoria

Abbiamo cominciato dalle nozioni elementari di statica dei fluidi previste dalle Indicazioni Nazionali (Obiettivi Specifici di Apprendimento): grandezze fisiche e modelli basilari per lo studio della statica dei fluidi, densità assoluta e relativa, peso specifico, modello di fluido perfetto, pressione e sua unità di misura nel Sistema Internazionale, principio di Pascal, legge di Stevino, esperimento di Torricelli, principio di Archimede e sue conseguenze. Il tutto con esercizi e verifica sommativa affinché l’intera classe avesse conoscenze di base adeguate per affrontare in modo sufficientemente autonomo il lavoro successivo.

Fase di realizzazione

La classe, di 28 alunni, è stata divisa in 7 gruppi di lavoro di 4 alunni ciascuno, tenendo conto delle diverse inclinazioni e capacità: le parti concettualmente più impegnative sono state affidate ai ragazzi più portati per un lavoro teorico e le parti più operative a chi si coinvolgeva maggiormente nel «fare». Di ogni gruppo è stato nominato un alunno di riferimento che sapesse rendere conto in ogni momento dello stato di avanzamento dei lavori.
La grandezza fisica pressione è una grandezza derivata che consegue al concetto di forza (Archimede parlò solo di forza e non di pressione) ed è stata introdotta nel diciassettesimo secolo con gli studi appunto sulla statica dei fluidi. Le unità di misura della pressione sono storicamente legate alla pressione atmosferica. La storia della misura della pressione atmosferica, a sua volta, è intrecciata al concetto di vuoto e agli scienziati protagonisti della scoperta del vuoto: Galileo Galilei (1564 – 1642), Evangelista Torricelli (1608 – 1647), Blaise Pascal (1623-1662).

I primi due gruppi di lavoro hanno sviluppato un percorso storico.
Il gruppo 1 si è occupato della storia del concetto di pressione e del concetto di vuoto da Galilei a Gasparo Berti (1600 circa – 1643) soffermandosi in particolare sull’esperimento storico di Berti che è stato riprodotto sulla parete del nostro edificio scolastico.(si veda l’inserto che segue). Il gruppo 2 ha approfondito la storia della misura della pressione atmosferica da Torricelli e poi Pascal fino ai barometri moderni. Il percorso storico descritto da questi due gruppi si può sintetizzare come segue.

 

Horror vacui

Secondo il filosofo greco Aristotele il vuoto non esiste e la materia è un tutto pieno.
[A sinistra: Aristotele (384 a.C-322 a.C.)]
La natura rifugge il vuoto, e perciò lo riempie costantemente; ogni gas o liquido tenta costantemente di riempire ogni spazio, evitando di lasciarne porzioni vuote. La fisica pienistica di Aristotele stimola nel Medioevo l’elaborazione e la progressiva affermazione della teoria del cosiddetto orrore del vuoto da parte della natura: il vuoto è ritenuto sinonimo di non essere. Tale concezione domina fino al XVII secolo, condivisa dal filosofo più eminente, Cartesio (1596 – 1650). Ma una seconda corrente di pensiero, introdotta da Galilei in Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze (1638), parte dall’interrogare la realtà per mezzo dell’esperimento.

 

Le osservazioni dei fontanieri fiorentini

Si racconta che, verso il 1630, alcuni fontanieri di Firenze dovevano costruire una pompa, con la quale per mezzo di un tubo si potesse sollevare l’acqua a una considerevole altezza.
[A destra: Pompa a mano]
Ma anche se gli apparecchi erano stati tutti allestiti con cura, quando si trattava di metterli in azione, non c’era verso che l’acqua si sollevasse nel tubo oltre l’altezza di dieci metri. Ottenendo lo stesso risultato in tutti i tentativi e in tutte le condizioni, si concluse che si trattava di un fenomeno costante e conforme alle leggi della natura. Galilei, che già allora era riconosciuto come il più profondo cultore della fisica, fu chiamato a dare la spiegazione del meraviglioso fenomeno. Egli, ripetuti gli esperimenti in solitudine, aveva capito che l’acqua non si sollevava a causa dell’aria, ma morì nel 1642 prima della conferma delle sue ipotesi.

 

L’esperimento di Berti

Venuto a conoscenza delle asserzioni di Galilei, Berti volle verificarle ed effettuò un esperimento fra il 1640 e il 1643.
[A sinistra: Esperimento di Gasparo Berti]
Fissò al proprio palazzo un tubo di piombo di circa 12 metri sormontato da un globo di vetro. Versando dell’acqua dall’alto, riempì completamente il tubo e il recipiente sferico. Chiuse allora ermeticamente il tappo superiore e aprì il rubinetto inferiore: l’acqua defluì in un catino, fermandosi però nel tubo a un altezza di 10 metri. Perché? Perché vi era l’equilibrio fra il peso della colonna d’acqua del tubo e la pressione che l’atmosfera esercita sull’acqua del catino. Sopra la colonna d’acqua, si era formato il vuoto. Aprendo il tappo superiore, l’aria entrava con fragore nel recipiente, e l’acqua defluiva tutta nel recipiente sottostante. Perché? Perché la pressione atmosferica agiva a quel punto anche sopra la colonna d’acqua e questa perciò cadeva per effetto del proprio peso.

 

L’esperimento di Berti effettuato dalla classe 1^B LSSA
(relazione scritta dal gruppo 1)

 

 

Scopo dell’esperimento
Misurare la pressione atmosferica e verificare la presenza del vuoto.

Richiami teorici
Principio di Pascal, legge di Stevino. La pressione è la forza applicata sull’unità di superficie. Essa si misura in Pascal [Pa] o in atmosfere (1 [atm] = 105 [Pa]).

Materiale utilizzato
Tubo di gomma trasparente di lunghezza 12 [m] dotato di un tappo all’estremo superiore e di un rubinetto all’estremo inferiore; un secchio di plastica; acqua.

Procedimento
Abbiamo riempito completamente il tubo d’acqua togliendo tutta l’aria. Abbiamo immerso l’estremo inferiore del tubo nel secchio d’acqua e abbiamo aperto il rubinetto attaccato al tubo. Abbiamo osservato che il livello dell’acqua si abbassa fino a 9 metri di altezza dove si ferma, perché la pressione della colonna d’acqua viene equilibrata dalla pressione dell’aria.

(Schema dell’esperimento di Berti effettuato dalla classe 1^B LSSA)

Elaborazione matematica dei dati
Disposizione teorica dell’acqua in base alla legge di Stevino (pressione idrostatica):

p = δ∙g∙h = 1000[kg/m3]∙9,8[m/s2]∙h

Da cui, inserendo come valore di p il valore teorico di 1 [atm], si ricava l’altezza teorica della colonna d’acqua che la equilibra:

Quindi lo scarto in percentuale del valore sperimentale di h rispetto al valore teorico è:

h = (|hteorico hsperimentale|/hteorico)∙100 = 13%.

Considerazioni finali
Con questo esperimento abbiamo capito che l’aria ha un peso. Infatti la colonna d’acqua si è fermata a un altezza che viene equilibrata dalla pressione atmosferica, la quale si trasmette inalterata in tutti i punti e in tutte le direzioni secondo il principio di Pascal. Inoltre abbiamo notato che nel tubo, sopra la colonna d’acqua, si è formato il vuoto.

Problemi riscontrati
Abbiamo notato che avendo eseguito l’esperimento con un tubo di lunghezza di poco superiore all’altezza dove si ferma l’acqua in equilibrio, avendo utilizzato un tubo leggermente piegato su se stesso e a causa di alcune bollicine d’aria presenti nell’acqua, la misura è risultata imprecisa. Tenendo conto che l’esperimento è stato effettuato in un giorno di bassa pressione e non al livello del mare il risultato era comunque inferiore al valore teorico e possiamo stimare uno scarto medio del 10%.

Il genio di Torricelli
La spiegazione completa del fenomeno venne fornita attorno al 1643 da un allievo di Galilei, Evangelista Torricelli, che verificò sperimentalmente che non è il vuoto che attira il liquido, bensì il peso dell’atmosfera all’esterno della pompa (o altra apparecchiatura) ne determina il movimento in salita, fino all’equilibrio dei pesi (Pesoatmosfera = Pesoliquido).
[A destra: Esperimento di Torricelli con il mercurio]
Torricelli ebbe l’intuizione geniale di usare, al posto dell’acqua, un liquido con grande densità, il mercurio, arrivando a pesare l’aria con una colonnina di 76 cm di Hg.

Da Torricelli a Pascal
Etienne Pascal (1588 – 1651) aveva istruito il figlio Blaise su basi galileiane, convinto della esistenza del vuoto contrariamente alle idee della maggior parte dei suoi contemporanei e Blaise nutriva una grande attenzione per i risultati degli esperimenti prima che per la loro interpretazione. Essi ripetono sia l’esperimento di Torricelli che quello di Berti con grande successo. I Pascal proseguono il cammino iniziato da Torricelli scoprendo che l’altezza della colonna di mercurio varia con l’altitudine: man mano che si sale di quota si vede che il mercurio nella colonnina scende. Questo dimostra che la densità dell’aria e quindi la pressione da essa esercitata diminuiscono con l’altezza. Con il tubo di Torricelli è possibile misurare la pressione atmosferica!

Dal tubo di Torricelli ai barometri moderni
Il tubo torricelliano rimase a lungo uno strumento di ricerca, al centro del dibattito acceso sull’esistenza e la natura del vuoto. Solo molto lentamente esso cominciò ad essere utilizzato come strumento di misura; Blaise Pascal lo dotò di una scala graduata, e Robert Boyle, nel 1669, fu il primo a chiamarlo barometro, sottolineandone la funzione di strumento di misura. Negli stessi anni fu costruito il barometro a sifone, nel quale, curvando a U l’estremità inferiore del tubo, si eliminava la necessità di disporre di un serbatoio per il liquido.
[A sinistra: Barometro a sifone e termometro]
Nel 1698 Gottfried W. Leibnitz progettò il primo barometro aneroide (senza liquido): si trattava di uno strumento a molla, costituito da un soffietto, che si espandeva o contraeva in funzione della pressione dell’aria, controbilanciata da una molla di acciaio; ma fu soltanto nel 1844 che si costruì il primo modello funzionante.
[A destra: Barometro aneroide]
Eliminando l’uso di lunghe e delicate colonne e il pericolo di spandere liquidi, questo tipo di barometro risultò estremamente maneggevole ed ebbe grande diffusione, sia per scopi scientifici che meteorologici, specie sulle navi. Negli anni successivi ci furono perfezionamenti del barometro di Torricelli (per esempio il barometro di Fortin) il cui principio di funzionamento resta fondamentale per la misura assoluta della pressione atmosferica.

Una singolare intervista

Oltre alla misura della pressione atmosferica occorre sapere misurare la pressione di un aeriforme all’interno di un recipiente chiuso oppure di un liquido a una certa profondità
Che cos’è un manometro?   Che cos’è un vacuometro?
Il gruppo 3 si è occupato della misura della pressione interna a un contenitore e ha intervistato un insegnante di laboratorio di lunga esperienza che ha illustrato al gruppo i manometri e i vacuometri esistenti nel laboratorio di fisica della scuola: sono moltissimi e alcuni anche un po’ complessi nel funzionamento! I ragazzi si sono resi conto che una grandezza come la pressione può essere misurata in relazione a una grande varietà di fenomeni fisici collegati alle sue variazioni.
L’intervista è durata un paio d’ore, i ragazzi hanno preso appunti e hanno poi relazionato ai compagni: anche se non era tutto chiaro è stata come la visita a un museo, interno all’istituto.

 

 

Progettazione e costruzione di un manometro

 

Il lavoro più impegnativo è toccato ai ragazzi del gruppo 4.
Abbiamo subito realizzato che un manometro misura la pressione all’interno di un recipiente relativamente alla pressione dell’aria esterna, è cioè uno strumento che misura la differenza tra la pressione interna e quella esterna (manometro differenziale).
Ragionando su come costruire uno strumento semplice abbiamo preso spunto dal tubo a U dove l’acqua, per la legge di Stevino, si dispone alla stessa altezza nei due rami. Se uno dei due rami viene collegato, attraverso un tubo di gomma a tenuta, con la parte interna di un recipiente dove la pressione è maggiore di quella dell’aria esterna, l’acqua nel tubo a U si dispone in modo che la differenza di altezza tra i due rami corrisponde alla differenza di pressione tra l’interno e l’esterno.
Nota la densità δ dell’acqua si ricava subito, sempre per la legge di Stevino, la misura della differenza tra pressione esterna e interna:

p = δ∙g∙∆h

Se vogliamo costruire un manometro di questo tipo occorre però un liquido con particolari caratteristiche: deve avere una densità non superiore a quella dell’acqua, in modo che risulti abbastanza sensibile, e, nello stesso tempo, deve essere poco viscoso e poco volatile. Siamo andati in laboratorio di chimica e abbiamo cercato un liquido con tali caratteristiche, ma non l’abbiamo trovato; alla fine abbiamo comprato un olio rosso per manometri da una ditta specializzata.

La nostra visita in laboratorio di chimica è però stata fruttuosa. Ci occorreva, infatti, un tubo a U con un rigonfiamento che fungesse da serbatoio per l’olio rosso e che, per ottenere una buona sensibilità, avesse una ramo inclinato in modo che le variazioni di altezza della colonna di liquido corrispondano a un maggiore spostamento del liquido manometrico. Abbiamo trovato nella vetreria dismessa del laboratorio alcuni tubicini in vetro che, con qualche piccolo ritocco, potevano funzionare.
Una ditta nelle vicinanze di Lecco, che lavora il vetro in modo artigianale, ha poi completato l’opera regalandoci la lavorazione del nostro vetro. In più questa ditta, su nostro disegno, ha costruito dei cilindretti in vetro con una base aperta e una scanalatura, per potere applicare una membrana elastica, e provvisti di apposito ugello per fissare il tubo di gomma di raccordo con il tubo a U del manometro. Abbiamo così potuto progettare due manometri a immersione per misurare la pressione all’interno di un liquido in equilibrio. Il supporto di sostegno è stato costruito interamente dagli alunni partendo da un asse di legno di abete acquistato in un negozio di fai da te. Come membrana elastica abbiamo usato la gomma dei guanti per pulizie ed è stata fissata dai ragazzi apponendo nella scanalatura del filo di ferro coperto poi con nastro isolante.
[A sinistra: Manometro a immersione costruito dagli studenti della 1^B LSSA]
La fase concettualmente più impegnativa è stata la messa a punto della scala di misura della pressione manometrica. In base alla legge di Stevino, nota la densità dell’olio manometrico e l’angolo di inclinazione del tubo a U rispetto alla verticale, i ragazzi hanno costruito una scala in [hPa]. Infine il collaudo: la prova pratica di misura non ha avuto esiti eccellenti; occorre infatti tenere conto della compressione dell’aria all’interno del tubo di raccordo. I nostri manometri risultano sicuramente degli ottimi strumenti dimostrativi, … ma per eseguire misure occorrerà un paziente lavoro di taratura.

 

 

Progettazione e costruzione di un barometro differenziale

 

Il lavoro del gruppo 5 è risultato un po’ più semplice di quello precedente.
La legge di Stevino e il tubo a U sono stati, ancora una volta, il punto di riferimento. Questa volta è stato impiegato un tubo di vetro, lungo 150 cm, con i due bracci uguali entrambi verticali, fornito gratuitamente dalla ditta di lavorazione artigianale del vetro ormai sponsor del nostro istituto (il padrone aveva frequentato il nostro ITI!).
Il liquido barometrico che abbiamo scelto è la glicerina (il laboratorio di chimica ne ha provviste abbondanti) che ha densità minore dell’acqua, è poco volatile, è decisamente più viscosa dell’olio rosso, caratteristica che, in questo caso, viste le variazioni molto graduali della pressione atmosferica, non è così importante.
[A destra: Barometro differenziale costruito dagli studenti della 1^B LSSA]
I ragazzi hanno scaricato da internet i valori massimi e minimi della pressione atmosferica nella nostra zona (pianura lombarda) e, in base a questi dati, hanno progettato le dimensioni del tubo barometrico, calcolando l’altezza della colonna di glicerina corrispondente a 1[hPa]. Hanno poi misurato la sezione del tubo che è standard e hanno calcolato la quantità di glicerina che il tubo deve contenere. Hanno inserito la glicerina nel tubo dopo averlo fissato a un asse di abete tagliato su misura e verniciato. Infine hanno misurato la pressione atmosferica con un barometro assoluto e hanno fissato in corrispondenza il valore di pressione su un ramo del tubo a U precedentemente tappato in modo che lo spostamento della colonna di glicerina nel ramo chiuso fornisse il valore della differenza di pressione dal valore di taratura. La fase più impegnativa è stata, anche in questo caso, la costruzione della scala di misura della pressione che è stata graduata in [hPa], ma anche in [Torr].
Il barometro così costruito è stato appeso in un posto bene visibile del laboratorio di fisica … anch’esso dovrà subire un accurato collaudo!

 

 

Per concludere

 

Hanno completato l’opera gli ultimi due gruppi di studenti. Il gruppo 6 ha descritto le caratteristiche dei più importanti strumenti di misura usati nelle stazioni metereologiche per le previsioni del tempo (anche in questo caso sono stati visionati e descritti alcuni strumenti di misura presenti nel laboratorio di fisica).
Il gruppo 7 si è occupato dei fattori atmosferici che determinano il tempo meteorologico nella zona di Lecco; ha poi raccolto informazioni sulle principali stazioni metereologiche esistenti in zona soffermandosi in particolare sul noto Centro Geofisico Prealpino di Varese – Campo dei Fiori che vorremmo visitare all’inizio del prossimo anno scolastico.
Ogni gruppo di lavoro ha preparato una breve presentazione in ppt dell’attività svolta e, alla fine dell’anno scolastico, la classe ha presentato l’area di progetto a un’altra classe prima dell’istituto durante un’ora di scienze.
I tempi di lavoro, nonostante fossero abbastanza contenuti, mi hanno costretto a fare delle scelte sulla programmazione. Credo comunque che la possibilità di approfondire una tematica in modo operativo sia un’occasione importante per impostare il metodo di indagine e descrizione dei fenomeni tipico della fisica e rendere alunni e insegnante insieme protagonisti del cammino di conoscenza proprio di questa disciplina.

 

 

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Novella Sestini
(Docente di Fisica e laboratorio al Liceo Scientifico – Opzione Scienze Applicate presso l’I.I.S. “A. Badoni” di Lecco)

 

 

 

 

© Pubblicato sul n° 50 di Emmeciquadro







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