SCIENZA&LIBRI/ Cercatori di meraviglia. Storie di grandi scienziati curiosi del mondo

- Nadia Correale

L’autore racconta le scoperte dei grandi fisici del passato, dalle leggi del moto di Galileo alla struttura atomica di Bohr, restituendoci la freschezza delle scoperte e dei protagonisti.

Correale_61_00_apertura-balbi_439x302_ok Dalla copertina del libro

Questo libro ripercorre i progressi conoscitivi in ambito fisico dal XVII secolo fino agli inizi del Novecento. La carrellata di argomenti affrontati in sei capitoli è fittissima: dallo studio del moto dei pianeti alla gravità, dall’elettricità e la luce al calore fino alla struttura degli atomi.
Molti sono i pregi che si possono riscontrare, pur con qualche aspetto critico. In primo luogo è da sottolineare la chiarezza e la semplicità con cui vengono esposti i numerosi contenuti, senza mai indulgere alla banalità.
Per esempio quando l’autore, il fisico Amedeo Balbi, accenna al processo di Galileo, vengono saggiamente evitati inutili commenti ideologici, raccontando la successione degli eventi in modo essenziale. È raro trovare un unico libro che condensi un percorso così lungo, addentrandosi anche in particolari storici che solitamente sono considerati inutili da chi studia le Scienze.
Le principali scoperte in ambito fisico sono ben ordinate e piacevolmente si costata un amore per la storia della scienza da parte di Balbi: in un panorama culturale come il nostro, non particolarmente ricco e originale, questo è molto importante. Si comprende bene l’impegno notevole dell’autore nel raccogliere documenti scritti lasciati dai fisici di cui parla.
Tuttavia va detto che alcuni nodi concettuali non sono adeguatamente precisati, come per esempio la differenza tra errore di parallasse e aberrazione della luce, oppure il principio di inerzia secondo Galileo, poi riformulato da Newton. In particolare la descrizione di molti esperimenti, per essere compresa a fondo dal lettore, a mio parere dovrebbe essere accompagnata da un disegno schematico provvisto di didascalia descrittiva.
Questa strategia editoriale permetterebbe al lettore di orientarsi meglio, senza correre il rischio di perdersi nei numerosi rivoli delle scoperte elencate, i cui nessi non sono sempre ben comprensibili: forse per evitare di trascurare qualche aspetto importante (cosa tuttavia impossibile), talvolta si perde un po’ di tensione nella lettura. La stessa cosa, invece, non si può dire in riferimento all’inizio di ogni capitolo e alla prefazione, in cui l’intento di avvicinare il lettore e di suscitare in lui interesse viene decisamente raggiunto.
Un altro pregio del libro è che il pensiero dell’autore scritto nella prefazione viene testimoniato attraverso gli eventi storici stessi da lui raccontati, che rappresentano in questo senso una sorta di verifica di una sua forte convinzione: imparare le scienze è altamente educativo perché insegna a capire dai propri errori ma, più in generale per la vita, insegna a stare di fronte alla realtà e non ai propri pensieri.
L’autore ci restituisce la freschezza delle scoperte attraverso la descrizione dei personaggi che le hanno permesse, degli eventi della loro vita, alcuni anche molto drammatici come il suicidio di Ludwig Boltzmann (1844-1906).

Tutto questo contribuisce ad avvalorare il pensiero dell’autore – esplicitamente dichiarato nella premessa – che la scienza è una grandiosa avventura umana, pur dentro limiti e difetti, in contrasto con una certa tendenza, ancora diffusa, a «dogmatizzare» le scienze.
Molte parti del testo sono decisamente ironiche, nel tentativo ben riuscito, di smitizzare bonariamente personaggi che sono ritenuti delle icone indiscusse. Alcuni esempi: «Quando gli accademici presenti in sala videro salire sul palco questo giovanotto nervoso, basso di statura e vagamente sgraziato, e lo ascoltarono iniziare la sua presentazione in un linguaggio stentato, probabilmente stavano pensando soprattutto a cosa avrebbero mangiato di lì a poco per cena.» (parlando di Lord Kelvin).
Oppure: «Qualcun altro avrebbe potuto non dare troppo peso alla cosa. Per Becquerel, invece, quella crocetta mezza storta è più importante del segno di Costantino.» E anche: «Rutherford non aveva certo il pedigree dell’accademico europeo raffinato. Rutherford (prima del premio Nobel per la chimica) aveva sentenziato: “La scienza o è fisica o è collezione di francobolli.” Evidentemente la collezione di francobolli messa insieme da Rutherford doveva avere un certo valore.»
Si nota qualche importante omissione, come l’interpretazione del corpo nero di Max Planck che aprì la strada alla fisica quantistica (viene solo citato), forse per una precisa scelta da parte dell’autore, oppure quella del moto dei pianeti che secondo Galileo era circolare uniforme.
Adatto agli insegnanti della scuola secondaria, alcuni passi si prestano a una lettura anche da parte degli studenti.

 


Amedeo Balbi

Cercatori di meraviglia.
Storie di grandi scienziati curiosi del mondo

Rizzoli – Milano 2014

Pagine 220 – Euro 18,00

Recensione di Nadia Correale
(Docente di matematica e Scienze presso la Scuola Secondaria di primo grado “Orio Vergani” di Novate Milanese)

© Pubblicato sul n° 61 di Emmeciquadro







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