È in consultazione pubblica fino al 30 novembre sul sito del Ministero dello sviluppo economico la Sen, la Strategia energetica nazionale, che il nostro Governo tecnico ha elaborato dopo mesi di numerosi e serrati incontri con operatori del settore e associazioni di categoria. Gli obiettivi sono ambiziosi: ridurre il costo dell’energia per i cittadini italiani colmando il gap che ci separa dal resto dell’Europa, raggiungere (anzi superare) i target ambientali del pacchetto 20-20-20, migliorare la sicurezza degli approvvigionamenti soprattutto nel settore gas e, infine, favorire una crescita sostenibile grazie al rafforzamento del settore energetico, motore dello sviluppo economico.
Le priorità d’azione vedono al primo posto l’efficienza energetica, la creazione di un mercato competitivo del gas, lo sviluppo delle rinnovabili e delle infrastrutture del mercato elettrico, la ristrutturazione della raffinazione e della rete di distribuzione dei carburanti, la ripresa della produzione di idrocarburi sul territorio nazionale e, infine, la modernizzazione del sistema di governance che interessa i rapporti tra i tanti (forse troppi) soggetti istituzionali coinvolti nell’implementazione della Sen (Ministeri, Autorità per l’Energia, Gestore del sistema energetico, Terna, Gestore dei mercati energetici, Enea, ecc.).
Se da un lato è altamente apprezzabile l’approccio non pianificatorio e regolatorio del documento (del resto il settore energy negli ultimi anni ha subito importanti modifiche strutturali che hanno portato molte delle sue attività a essere svolte in regime di libero mercato), dall’altro lato emergono alcune contraddizioni. Prima tra tutte come conciliare la riduzione del prezzo dell’energia con la crescita degli incentivi destinati alle fonti rinnovabili elettriche il cui peso sulla bolletta elettrica nazionale, nel 2012 pari a 10 miliardi di euro, è destinato a salire ulteriormente. E pensare che il Piano di azione nazionale delle fonti rinnovabili (Pan) del luglio 2010 aveva fissato come target di potenza fotovoltaica 8.600 MW al 2020 quando, già a fine 2011, siamo arrivati a 12.700 MW (con il primato di essere al secondo posto al mondo per potenza solare in esercizio alle spalle della Germania) e raggiungeremo i 16.000 MW al 2020.
Per non parlare delle richieste fatte a gran voce dell’Amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni, che pretende dal Governo di essere remunerato per la “garanzia” che i contratti gas take or pay dell’Eni danno alla sicurezza del sistema nazionale: in poche parole, poiché i prezzi di questi contratti sono ormai fuori mercato rispetto a quelli risultanti sui mercati spot del gas via via più liquidi, Scaroni chiede allo Stato un’integrazione del differenziale che gli tocca pagare in più a russi e arabi. Dichiarazione questa che diventa un’arma formidabile nelle mani dei fornitori esteri che si sentono ancora più forti a non rinegoziare neppure una virgola dei contratti a suo tempo conclusi.
Ma si riuscirà a passare dalle parole ai fatti quando già sappiamo che la Sen è un documento programmatico, senza impegni vincolanti, con una visione strategica di lungo periodo (lo scenario a cui si spinge è quello delineato dalla Road map al 2050 della Commissione europea)? Non dimentichiamoci che la Sen è stata concepita da un Governo tecnico che forse fra qualche mese non ci sarà più. Questa è la sua forza, ma anche la sua debolezza.
Il settore energetico ha bisogno di certezze di lungo periodo e non solo di strategie, perché ha un orizzonte di investimenti che necessariamente travalica l’anno e altrettanti anni richiedono i ritorni sul capitale investito. Il primo obiettivo della Sen avrebbe dovuto essere quello della prevedibilità e della certezza regolatoria: gli operatori chiedono questo, un quadro certo e prevedibile. Se pensiamo solo al settore elettrico è facile intuire quanto sia essenziale non cambiare di anno in anno le carte in tavola con il nefando effetto di far aumentare quello che si dice il “premio al rischio” che poi si scarica inevitabilmente sui consumatori: non a caso il solare in Italia gode di una tariffa di circa 300 €/MWh contro una media europea di 160 €/MWh (200 kW su edifici), l’eolico di 148 €/MWh contro i 122 €/MWh del resto d’Europa (taglia 10 MW).
Da ultimo, è amaro dirlo ma la Sen appare tarata più sui national champions che sulla realtà delle piccole e grandi multiutility presenti sul territorio nazionale le quali con i problemi del territorio hanno a che fare tutti i giorni: dai rifiuti all’inquinamento atmosferico alla qualità del servizio. Ma aspettiamo a trarre giudizi affrettati e vediamo se a breve arrivano i decreti attuativi di quanto programmaticamente annunciato nella Sen, così da fissare i primi paletti, tra cui il rafforzamento degli strumenti destinati ai grandi interventi di efficienza energetica (la prima priorità) e nuovi e più sostenuti incentivi alle fonti rinnovabili termiche, sempre fanalino di coda nei fondi pubblici destinati al sostegno delle rinnovabili.