L’anidride carbonica (CO2) è senza dubbio uno dei principali sorvegliati speciali a livello planetario di questo nostro secolo. La si misura, se ne stimano gli incrementi futuri, si progettano metodi per confinarla nelle fosse oceaniche. E la si tiene d’occhio anche dallo spazio. Come farà il satellite della Nasa denominato Orbiting Carbon Observatory-2 (OCO-2), un gioiellino da 465 milioni di dollari che dovrebbe essere messo in orbita domani. In effetti questo è il secondo tentativo di lanciare un oggetto del genere, appositamente progettato per raccogliere precise misurazioni ad alta risoluzione della CO2 presente nell’atmosfera terrestre; un primo modello simile era stato messo a punto nel 2009 ma era miseramente precipitato prima ancora di raggiungere l’orbita, lasciando nello sconforto gli scienziati. E non è neppure la prima sonda messa sulle tracce della CO2 dallo spazio: da cinque anni, ad esempio, è in funzione un satellite giapponese, il Greenhouse Gases Observing Satellite (GOSAT), che esplora l’atmosfera analizzandone dei “campioni” corrispondenti a 85 chilometri quadrati di superficie terrestre. La novità di OCO-2 è che potrà fare lo stesso lavoro ma con una risoluzione enormemente maggiore: ogni sua “lettura” potrà saggiare una colonna di atmosfera che si eleva al di sopra di circa 3 chilometri quadrati di superficie.
Una tale risoluzione senza precedenti gli permetterà di misurare la concentrazione di CO2 in modo accurato in aree nuvolose come i tropici, dicono gli scienziati che hanno lavorato al progetto di OCO-2 al Jet Propulsion Laboratory della Nasa a Pasadena (California). Gli stessi ricercatori sperano che la nuova sonda consentirà per andare oltre l’osservazione dei grandi serbatoi naturali, come gli oceani e le foreste, per individuare tracce di CO2 provenienti dalle grandi metropoli come Los Angeles o dalle centrali elettriche di grandi dimensioni. Una volta raggiunta l’orbita, OCO-2 metterà in funzione il suo spettrometro per analizzare la colonna d’aria d’aria sottostante realizzando centinaia di migliaia di misurazioni ogni giorno e coprendo l’intero globo ogni sedici giorni. Questi dati vanno poi combinati con quelli derivanti dal monitoraggio al suolo realizzato attraverso la rete di apposite stazioni terrestri che saranno utilizzato per testare la qualità dei dati di OCO-2. La sonda della Nasa potrà anche monitorare accuratamente l’assorbimento di carbonio delle piante misurando la debole fluorescenza che viene prodotto durante la fotosintesi quando pigmenti di clorofilla delle piante assorbono la luce per catturare energia e successivamente riemettere fotoni a lunghezze d’onda più lunghe. I ricercatori californiani hanno già testato questo metodo con osservazioni da GOSAT e dal Global Ozone Monitoring Experiment 2 (GOME-2), lo speciale strumento a bordo del satellite meteorologico europeo MetOp-A; con risultati sorprendenti.
L’analisi dei dati di GOME-2, pubblicati nel mese di aprile, suggerisce che i modelli del ciclo di carbonio sottovalutano il picco di emissione fotosintetica di ben il 50-75% in alcune parti dell’India, della Cina e nel Sahel africano, e del 40-60% nella “corn belt” del Midwest degli Stati Uniti, che rappresenta oltre il 40% della produzione mondiale di mais.
I ricercatori sperano di poter sfruttare le qualità di OCO-2, e della sua strumentazione per rilevare segnali di fluorescenza dalle piante nei paesaggi più frammentati come quelli dell’Europa; finora le analisi di GOSAT e GOME-2 si sono limitate a vaste distese come le foreste boreali del Nord America, la foresta pluviale amazzonica e la cintura del mais degli Stati Uniti. Il satellite che verrà lanciato domani è stato progettato per durare solo due anni, anche se la Nasa ha caricato la sonda con abbastanza carburante per mantenerlo in funzione da 10 a 12 anni. L’agenzia spaziale statunitense sta sviluppando un altro satellite per osservazioni di CO2: è la missione ASCENDS (Active Sensing of CO2 Emissions over Nights, Days and Seasons), che a bordo avrà un laser a multifrequenza che permetterà la misura notturna della CO2 in atmosfera e alle alte latitudini in tutte le stagioni; cosa che gli spettrometri di GOSAT e OCO-2 non possono gestire perché richiedono la luce solare per rilevare il segnale di assorbimento caratteristico della CO2. C’è comunque un grande movimento attorno a questi progetti, e non solo in Usa. Sia il Giappone che l’Europa stanno sviluppando satelliti di monitoraggio della CO2 di prossima generazione: la nipponica JAXA prevede di lanciare nel 2017 una sonda GOSAT-2 per misure di CO2 e metano; mentre l’europea ESA, sempre per tracciare anidride carbonica e metano dovrebbe mettere in orbita il CARBONSAT nel 2021.
Dal canto suo la Nasa spera di installare nel 2017 un duplicato dello strumento OCO-2, cioè OCO-3, sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), ad un costo di circa 120 milioni di dollari. La bassa orbita della ISS permetterebbe allo spettrometro di raccogliere i dati in momenti della giornata diversi da OCO-2, che segue un percorso sincrono col Sole e quindi passa sulle varie regioni nel primo pomeriggio. La combinazione di tali misurazioni con quelle di OCO-2 potrebbe aiutare i ricercatori a individuare le variazioni orarie della produzione di CO2 causata dalla fotosintesi delle piante o anche dal traffico dell’ora di punta in alcune grandi aree urbane. Questi ulteriori sviluppi dei progetti del tipo OCO sono però in bilico, appesi alle decisioni dell’amministrazione Obama che non sembra del tutto convinta di proseguire nei finanziamenti. Intanto però guardiamo a cosa succederà domani e al lavoro che svolgerà OCO-2. Poi si vedrà.