ENERGIA/ L’uovo di Colombo per sfruttare le onde del Mediterraneo

- int. Gianmaria Sannino

E' possibile produrre energia elettrica sfruttando le onde del mare. Lo racconta GIANMARIA SANNINO, responsabile del laboratorio Enea di modellistica climatica e impatti.

pewec_r439 Il PEWEC, con particolare del sistema a pendolo

Chi è passato l’altro ieri davanti sede dell’Enea a Roma, ha potuto vedere un prototipo del dispositivo PEWEC (Pendulum Wave Energy Converter), un sistema galleggiante pensato per essere collocato in mare aperto per produrre energia elettrica sfruttando l’oscillazione del moto ondoso. Si tratta di una tecnologia smart e low cost, pensata per le coste italiane, dove le onde sono di piccola altezza e alta frequenza.

Consiste in un sistema, molto simile a una zattera, in grado di sfruttare l’oscillazione dello scafo per effetto delle onde, generando così energia elettrica. Il prototipo mostrato martedì pesa 3 tonnellate, misura 3 x 2 x 2 metri di altezza ed è frutto della collaborazione tra Enea e Politecnico di Torino, nell’ambito dell’Accordo di programma tra Ministero dello Sviluppo Economico ed Enea sulla Ricerca di Sistema Elettrico.

«Il PEWEC è un prototipo estremamente semplice – dice Gianmaria Sannino, responsabile del laboratorio Enea di modellistica climatica e impatti, che ha presentato il progetto durante il convegno “Energia elettrica dal mare” – perché mette insieme due tecnologie millenarie: da una parte abbiamo uno scafo, che assomiglia a un guscio d’uovo, al cui interno può oscillare un pendolo; il moto relativo tra scafo e pendolo viene tradotto in energia elettrica da un generatore. Nulla di semplice e intuitivo di un guscio d’uovo, che viene posto in mezzo al mare, e di un pendolo, che è sicuramente la prima cosa che viene in mente quando si considera un moto di tipo oscillatorio».

Che cosa allora lo rende così smart? Sannino non ha dubbi: «È la meccatronica: tutta l’elettronica a servizio della meccanica, che riesce a regolare real time la posizione relativa del pendolo rispetto al fondo dello scafo, mandando di volta in volta in risonanza i due congegni e quindi amplificando l’effetto».

Perché l’energia dal mare? «In realtà – osserva il tecnico dell’Enea – questa è un’altra forma dell’energia eolica: quella che qui noi sfruttiamo non è altro che energia che si trasferisce dal vento alla superficie marina. Riuscire a catturarla significa recuperare una quantità di energia immensa: l’energia racchiusa nelle onde degli oceani è pari a diverse volte quella di cui il pianeta Terra ha oggi bisogno. Tuttavia non è distribuita in modo uniforme sul globo; ed è a tutti evidente che le onde del Mediterraneo non sono paragonabili a quelle dell’Atlantico o del Pacifico, amate dai surfisti».

I modelli ideati dai tecnici dell’Enea e del Politecnico torinese sono stati studiati appositamente per sfruttare al massimo anche questa condizione mediterranea meno favorevole. Ma il risultato poi si può utilizzare, con grande efficacia, ovunque.

Lo sfruttamento dell’energia dalle onde presenta diversi vantaggi anche rispetto all’eolico e al fotovoltaico: un basso impatto ambientale e visivo, una minore variabilità oraria e giornaliera e una variazione stagionale favorevole, visto che il potenziale dell’energia dalle onde è più alto in inverno quando i consumi energetici sono massimi.

Questo sistema low cost di produzione di energia dal mare è particolarmente interessante per le tante isole italiane, dove la fornitura di energia è garantita da costose e inquinanti centrali a gasolio. «Una decina di questi dispositivi possono produrre energia elettrica per un paese di 3.000 abitanti, contribuendo in modo significativo anche a contrastare i fenomeni di erosione attraverso la riduzione dell’energia delle onde che si infrangono sulla costa, senza impattare in maniera significativa su flora e fauna marine».

Sannino nota che in Italia sta crescendo l’interesse per la produzione di energia pulita e rinnovabile da onde e maree e secondo il Piano d’azione nazionale per le energie rinnovabili dovremmo installare una potenza di 3 MW di questo tipo di impianti entro il 2020.

Ma sfruttare l’energia del mare significa conoscere in modo dettagliato la velocità delle correnti, l’altezza delle onde e l’intensità delle maree: per questo l’Enea ha realizzato “L’Atlante del clima ondoso del Mediterraneo”, la prima mappa capace di individuare in modo accurato le zone più interessanti per lo sfruttamento energetico delle onde. «Con i suoi 8.000 km di coste, l’Italia possiede un importante potenziale di energia associata al moto ondoso, paragonabile a quello presente sulle coste orientali del Mare del Nord. La costa occidentale della Sardegna, ad esempio, ha un valore medio annuo del flusso di energia di circa 13 kW/metro, mentre quello del nord-ovest della Sicilia si aggira intorno ai 10 kW/metro». Oltre a questa mappatura l’ENEA ha realizzato un nuovo sistema operativo per la previsione del moto ondoso fino a cinque giorni, in grado di stimare l’energia da immettere nella rete elettrica con un dettaglio spaziale di poche centinaia di metri. A livello europeo l’Enea partecipa al programma congiunto di ricerca sull’energia dal mare JP Marine Renewable Energy, proposto dalla European Energy Research Alliance (EERA). «L’Europa crede molto in questa prospettiva energetica – conclude Sannino – ed è il continente che più si sta dando da dimostrarne la fattibilità e l’efficacia». Lo sfruttamento dell’energia dal mare è tra le priorità della Commissione europea per lo sviluppo della Blue Economy: per 2014-2020 è stato presentato un piano di azione con l’obiettivo di raggiungere una potenza installata di 3,6 GW entro il 2020 e di 188 GW al 2050.

Ora che il PEWEC ha fatto il suo debutto, in veste di prototipo, l’Enea e il Politecnico di Torino possono rimettersi subito all’opera, come in realtà stanno facendo con la progettazione di un dispositivo in scala 1:1 con una potenza nominale di 400 kW.







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