L’8 luglio 2018 morì il fratello Carlo, oggi Enrico Vanzina gli dedica un libro. Edito da Harper Collins, lo scritto del regista è un omaggio all’amico-complice-collega, che celebra la bellezza della vita come raccontato ai microfoni de La Gazzetta dello Sport. Carlo, spiega Enrico, era un tifoso della vita e faceva il tifo per l’umorismo, le persone intelligenti, ma anche per la famiglia, il lavoro ed i sentimenti. «Credo sia la cosa più bella che abbia mai fatto, anche se scriverlo è stato molto doloroso», ammette il regista, con il calcio che ha rappresentato tanto per entrambi: «Del resto il calcio è una meravigliosa metafora della vita, con dentro il destino, il talento e la sfortuna, ma anche un po’ di violenza e di rabbia, come in tutti noi. Per questo i nostri film ne sono pieni».
ENRICO VANZINA: “LA ROMA ED IL CALCIO HANNO AIUTATO MOLTO MIO FRATELLO CARLO”
Enrico Vanzina spiega che il calcio ha aiutato molto il fratello Carlo e ricorda con grande emozione un fatto in particolare: «Mi sono commosso tantissimo quando ho visto la maglia di Totti sulla sua cassa, non so nemmeno chi ce l’abbia messa, forse l’ha mandata Francesco… Carlo lo adorava e nel tempo erano diventati grandi amici, cenavano spesso insieme». Enrico poi evidenzia che lui ed il fratello erano tifosi molto diversi: lui «malato di Roma», Carlo più tranquillo sebbene non abbia mai perso una partita. E spunta un retroscena incredibile sulla sua “storia” da tifoso, un arresto: «All’aeroporto di Milano dopo un Inter-Roma in cui c’erano stati scontri. Non c’entravo nulla, ma mi fermarono, forse perché avevo i capelli lunghi… Sono stato anche uno dei primi a invadere a Genova per lo scudetto ‘83. E al Comunale ho visto il famoso gol di Turone: io e i fratelli Palma, due meccanici, tornammo in auto piangendo, ci avremo messo otto ore! Più tardi allo stadio mi ci ha portato l’avvocato Agnelli in elicottero… Indimenticabile».