Si apre una nuova stagione per l’Erasmus in Italia, con novità importanti che potrebbero trasformare il programma nazionale di mobilità studentesca da un progetto limitato a un’opportunità realmente accessibile e diffusa. Il ministero dell’Università ha stanziato sette milioni di euro per il 2024 (più del doppio rispetto all’anno precedente) con un notevole rialzo rispetto ai fondi quasi inesistenti del 2023, ma non si tratta esclusivamente di risorse economiche: la svolta principale riguarda l’innalzamento della soglia Isee – da 36mila a 50mila euro – una misura pensata per ampliare sostanzialmente la platea degli studenti idonei a ricevere la borsa di studio.
L’auspicio è che questa combinazione di risorse e maggior inclusività renda concreta la promessa di un Erasmus nazionale, incentivando scambi tra gli atenei italiani sulla falsariga del programma europeo che da quasi quarant’anni favorisce le mobilità internazionali; analizzando i dati emersi fino a ora, nonostante l’adesione di 44 università che hanno sottoscritto oltre 760 convenzioni tra loro – concentrate soprattutto su corsi magistrali e triennali – le borse di studio effettivamente richieste sono state 468, tutte finanziate grazie al fatto che le richieste sono inferiori alle risorse disponibili, con un importo medio di circa 600 euro per un periodo di mobilità che mediamente dura sei mesi.
E’ inoltre interessante notare la distribuzione territoriale: il Sud Italia sembra credere maggiormente nel programma con 216 borse erogate rispetto alle 124 del Nord e 128 del Centro, riflettendo probabilmente le maggiori difficoltà economiche o la spinta a incentivare l’accesso all’istruzione superiore. Il ministero intende inoltre modificare le procedure di assegnazione per garantire due cicli di bandi all’anno, così da offrire copertura per l’intero anno accademico, una novità che potrebbe semplificare l’accesso e aumentare la partecipazione, restano comunque da valutare le decisioni delle Regioni, chiamate a pronunciarsi sulle modifiche regolamentari, da cui dipenderanno i bandi per il 2025.
Erasmus e nuove regole: Isee più alto e opportunità di alloggio
Il rilancio dell’Erasmus italiano passa anche attraverso una risposta concreta a un altro problema capillare: la carenza di alloggi a prezzi accessibili per gli studenti fuori sede, una difficoltà che spesso frena la partecipazione ai programmi di mobilità. Il ritardo italiano nel settore dell’housing universitario (con soli il 5% degli studenti fuori sede che accedono a residenze universitarie contro il 12% e 13% registrati in Germania e Francia) è un dato che spinge in primo piano il ruolo dei collegi universitari di merito, 57 strutture distribuite sul territorio nazionale, capaci di offrire un’alternativa economica e di qualità.
Questi collegi – che hanno accolto oltre 5.000 studenti nell’ultimo anno accademico e registrato una crescita del 40% rispetto al 2016 – rappresentano una soluzione non solo abitativa ma anche formativa e culturale con servizi e programmi personalizzati volti a creare una comunità valorizzante e inclusiva.
L’aspetto economico non è da sottovalutare: in città come Roma, Padova o Napoli, il costo mensile di una stanza in collegio è mediamente tra il 20% e il 30% inferiore a quello del libero mercato, con differenze ancor più accentuate in alcune località come Bari e Perugia dove la riduzione supera il 50% ma al di là del risparmio, è fondamentale ribadire il valore sociale e culturale di questi spazi, che secondo Carla Bisleri – presidente della Conferenza dei collegi universitari di merito – agiscono come veri e propri “ascensori sociali”, favorendo percorsi di integrazione, crescita personale e valorizzazione delle diversità culturali presenti negli atenei italiani.
Allo stesso tempo, gli investimenti per borse di studio a copertura parziale o totale delle rette universitarie sono aumentati negli ultimi anni, a testimonianza di un’attenzione crescente verso temi di equità e diritto allo studio; l’Erasmus nazionale, insomma, può contare su nuove regole più inclusive e su un sistema di supporto che, se ben dosato e coordinato, potrà favorire quell’aumento di mobilità interna che l’Italia aspetta da tempo.