EREDITÀ LEONARDO DEL VECCHIO: PATRIMONIO DA 30 MILIARDI…
La morte di Leonardo Del Vecchio non dovrebbe avere ripercussioni sulla solidità del suo patrimonio. L’imprenditore aveva, infatti, studiato una governance per la lasciare integri il suo progetto e la sua eredità. Lo rivela Repubblica, spiegando che aveva fatto con lo storico avvocato Sergio Erede, decidendo il management e le linee guida così da rendere impermeabile la sua azienda alle incursioni familiari. Parliamo di un impero che l’estate scorsa valeva quasi 30 miliardi in termini di ricchezza azionaria.
I sei figli di Del Vecchio ereditano il 12,5% del capitale della finanziaria Delfin, la seconda moglie Nicoletta Zampillo il 25%. L’imprenditore, infatti, ha avuto tre figli dalla prima moglie, Luciana Nervo (Claudio, Marisa e Paola), uno dalla seconda e ultima moglie (Leonardo Maria) e due dalla terza compagna, Sabina Grossi (Luca e Clemente) a cui va la sua eredità, seppur in maniera complessa. Lo statuto prevede che ogni decisione venga presa con l’accordo di tutti e tre i rami della famiglia: è prevista, infatti, una maggioranza dell’88% della finanziaria per ogni decisione. Lo stesso vale per la scelta del management, con il braccio destro Francesco Milleri destinato a succedergli in Delfin, oltre ad essere Ceo di Essilor-Luxottica.
GLI EREDI E I PALETTI DI LEONARDO DEL VECCHIO
L’anno scorso il cda di Delfin era stato allargato a 5 membri, quindi oltre a Del Vecchio, lo sono Mario Notari, Romolo Bardin, Aloyse May e Giovanni Giallombardo. Peraltro, lo statuto prevede che lo siano a vita, quindi nessuno della famiglia può rimpiazzarli, a meno che non vi siano dimissioni spontanee. Il consiglio della “cassaforte” è tenuto ad esprimere la governance di EssiLux e delle altre partecipate. Inoltre, è autonomo dagli azionisti, di conseguenza può disporre degli investimenti e delle strategie senza passare dai soci, i quali intervengono solo per l’approvazione del bilancio e la distribuzione del dividendo. Inoltre, nel bilancio è previsto che una quota degli utili venga destinata comunque alla Fondazione Leonardo Del Vecchio.
L’idea dell’imprenditore era trovare una sintesi per mantenere solida la sua eredità. Del Vecchio, infatti, era noto anche per aver tenuto sempre lontani gli eredi dalla guida del suo impero. «A mio parere i figli non devono avere responsabilità apicali in azienda e non devono sedere in cda. La ragione è molto semplice, un manager lo puoi licenziare, anche se costa parecchio, un figlio no», aveva dichiarato in un’occasione.
MODIFICHE ALLO STATO PER FAVORIRE SUCCESSIONE
MilanoFinanza rivela, comunque, che tra le modifiche statutarie deliberate lo scorso anno dall’assemblea della holding ce ne sono clone che favorirebbero la successione, quindi la gestione della sua eredità: ad esempio, attribuivano al fondatore di Luxottica la facoltà di indicare con atto scritto il suo delfino, che potrebbe essere anche un manager esterno alla compagnia. Quando tali delibere sono diventate di dominio pubblico, si è ipotizzato un riferimento proprio a Francesco Milleri, manager e consulente molto vicino a Leonardo Del Vecchio. Quindi, sarà lui a prendere le redini di Delfin e, quindi, dell’impero?
Ci sono delle possibilità, ma dalla famiglia non trapela nulla. Del resto, come accade nelle grandi “dinastie”, la transizione è delicata e il rischio di tensioni tra i rami della famiglia non va sottovalutato. Peraltro, è ciò che Leonardo Del Vecchio ha voluto evitare negli ultimi anni. Il discorso non dovrebbe cambiare per le partecipazioni finanziarie, dal 19% di Mediobanca al 9,9% di Generali, passando per Covivio (27,2%) e Unicredit (1,9%). Vedremo se i figli confermeranno la stretegia del padre, cioè di investire in una logica industriale di lungo periodo.