SPAGNA/ Quando il laicismo di Zapatero supera i confini delle Nazioni Unite

- La Redazione

Zapatero ha inaugurato la cupola dipinta da Miquel Barceló nella sede dell’Onu di Ginevra. Uno Zapatero laicista alle Nazioni Unite che riconoscono invece, come spiega IGNACIO VALERO, il valore della religione nella vita sociale

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Zapatero ha inaugurato la cupola dipinta da Miquel Barceló nella sede dell’Onu di Ginevra. Uno Zapatero laicista alle Nazioni Unite che riconoscono il valore della religione nella vita sociale. Il laicismo della politica estera spagnola poco combacia con la sensibilità del Fondo Onu per la popolazione (Unpfa), che propone il documento per le religioni nella vita pubblica.

 

La collaborazione del Governo di Zapatero con l’Unpfa ha svolto un’importanza fondamentale negli ultimi anni, acquisendo un volume di finanziamenti sempre più alto.

Il recente Fondo Global España-Unpfa, dotato di oltre quattro milioni di euro all’anno, basa la sua attività su questioni molto diverse quali il genere e i diritti riproduttivi; la migrazione con un focus sul genere; maggior potere delle donne indigene nella salute sessuale e riproduttiva; uguaglianza tra i sessi.

Si spiega così la leadership delle correnti più reazionarie a proposito della salute sessuale e riproduttiva nella politica estera spagnola, in particolare del Gie, il Gruppo di studio spagnaolo sulla popolazione, lo sviluppo e la salute riproduttiva.

Il Gie, che ha fissato la sua base programmatica sulla «concezione della sessualità e della riproduzione come due dimensioni diverse dell’essere umano che devono essere considerate in modo indipendente», ritiene che «non si dovrebbero mai utilizzare ragioni politiche, economiche, culturali, sociali, religiose o di genere per giustificare l’indebolimento o la limitazione permanente o temporale di alcun diritto umano, inclusi i diritti sessuali e riproduttivi».

Similmente ritiene che «un modo di convivere con questa realtà (con le religioni) può portare a riflettere seriamente e in profondità sulla maniera di ricollocare e inquadrare lo spazio, il ruolo e la funzione pubblica delle religioni all’interno dello “Stato laico”. Si tratterebbe di riconoscerle e allo stesso tempo evitare che continuino a ritenersi lo spazio dell’etica senza doverne rispondere alla società».

Il risultato lo troviamo nell’Incontro delle donne per un mondo migliore, dove la vicepremier Fernández de la Vega ci ha lasciato la seguente dichiarazione come strategia principale: «Organizzare una campagna massiccia di distribuzione di profilattici per evitare malattie sessualmente trasmissibili».

L’Unfpa, oggi il maggior compratore mondiale di preservativi nel settore pubblico, ci sorprende con una visione distante dal settarismo iberico, e nel suo ultimo Rapporto sullo stato della popolazione mondiale, con il titolo di “L’obiettivo culturale, chiave per migliorare la situazione dei diritti umani e di genere”, sostiene con realismo ragionamenti che la solidarietà ufficiale spagnola dovrebbe tenere ben a mente.

Tra questi, e superando il relativismo sottostante al documento, vediamo come il quadro dei diritti umani non può rappresentare l’imposizione di un modello individualista dei diritti, dove si minimizza l’importanza della comunità (cosa più evidente nel Paesi in via di sviluppo, secondo il Rapporto), e come si cerca di imporre una divisione «tra la Chiesa e lo Stato», forzando la religione a collocarsi esclusivamente nell’ambito privato.

Il Rapporto riconosce come «in alcune culture» la partecipazione delle donne in determinati ambiti, e quella degli uomini in altri, non viene considerata disuguaglianza, ma differenza di responsabilità e funzioni. E continuando a promuovere l’uguaglianza dei sessi nel nostro lavoro (dell’Unfpa) di sviluppo, spesso stiamo imponendo nostri propri valori culturali.

Il documento introduce il cosiddetto “focus sulla sensibilità culturale”, che presumibilmente si imporrà nei corridoi degli esperti, ma almeno con la comprensione del dovere di riconoscere la resistenza locale e imparare da essa.

Il supplemento Giovani, Religione e Istituzioni Religiose è tutto una dichiarazione di principi: «La religione è parte della cultura di molti giovani, contribuisce a formare la loro identità e li aiuta a modellare la propria vita adulta. Attraverso la religione sviluppano le credenze, i valori e le norme che li aiuteranno a trovare il loro percorso nel mondo».

Ma dopo aver affermato che le istituzioni religiose contribuiscono allo sviluppo lottando contro la povertà e prevedendo reti di sicurezza per gli emarginati e i poveri, rivela una comprensione ridotta del problema dello sviluppo, con ragionamenti come questo: «Gravidanze e figli non desiderati garantiscono il mantenimento della povertà da una generazione all’altra. Per rompere questo circolo è necessario informare i giovani riguardo la loro salute e i diritti riproduttivi e dargli così la possibilità di decidere quanti figli avere e quando averli».

Tuttavia l’Unfpa prende una posizione inclusiva, dove i leader religiosi possono mobilitare le comunità, aiutare alla costruzione dell’opinione pubblica e denunciare pratiche pericolose: «Data l’importanza della religione nelle vite dei giovani, i programmi di sviluppo devono comprendere istituzioni e leader religiosi, e i giovani stessi, per cercare un terreno comune e promuovere il cambiamento in modo congiunto. Chi lavora per lo sviluppo (e in generale nella cooperazione internazionale) dovrebbe ricercare l’appoggio dei leader religiosi per arrivare ai giovani, per affrontare problemi come la violenza, mettere fine a pratiche tradizionali pericolose, allentare la responsabilità maschile e migliorare l’informazione e i servizi di salute sessuale e riproduttiva».

Un grande abisso rispetto ai programmi del Gie e della cooperazione spagnola.

(Ignacio Valero)





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