GRAN BRETAGNA/ Se il diritto ad abortire impedisce la democrazia

- Gianfranco Amato

Ministero della Salute volto a cancellare i dati relativi agli aborti effettuati oltre le 24 settimane di gravidanza per lievi disabilità (labbro leporino) del feto, dal 2004. GIANFRANCO AMATO ravvisa in questo provvedimento uno dei numerosi segnali del declino democratico inglese

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Samuel Johnson, eclettico letterato londinese, il 18 aprile 1775 scrive che «la conoscenza è di due tipi: o conosciamo un dato per nostro conto, oppure conosciamo il luogo dove poter trovare informazioni al riguardo».

L’informazione, quindi, secondo il celebre dottor Johnson è elemento sostanziale della conoscenza umana. Oggi, 234 anni dopo, sappiamo anche che è una precondizione della democrazia.

Peccato che proprio nella Londra del XXI secolo questo principio sia messo in discussione. Con l’udienza dello scorso 3 giugno, infatti, si è conclusa la causa presso l’Information Tribunal instaurata contro il provvedimento del Ministero della Salute volto a cancellare i dati relativi agli aborti effettuati oltre le 24 settimane di gravidanza per lievi disabilità (labbro leporino) del feto, dal 2004. La causa è sorta a seguito dell’appello del Ministero contro la decisione dell’Information Commissioner, che l’anno scorso aveva imposto la pubblicazione dei dati. Si attende nelle prossime settimane il responso del tribunale.

L’incomprensibile atteggiamento del Ministero della Salute britannico stride, peraltro, con la recente sentenza della Corte di Giustizia Europea 17 febbraio 2009, C. 552-07, che ha imposto l’assoluta trasparenza per i dati relativi agli OGM. La Corte lussemburghese, infatti, ha statuito che i dati relativi all’ubicazione delle colture transgeniche devono essere resi pubblici sempre e comunque, con la conseguenza che gli Stati membri devono garantire l’assoluta trasparenza, che non può essere limitata nemmeno invocando la salvaguardia dell’ordine pubblico, il segreto commerciale, la riservatezza dei dati sensibili, o la tutela dei diritti di proprietà intellettuale.

Che tale diritto sia giudizialmente garantito per gli OGM e non per embrioni e feti la dice lunga sul grado di imbarbarimento e di inciviltà che sempre più sembra caratterizzare la società britannica.

Sempre in tema di informazione, lo stesso parlamento europeo, peraltro, con la risoluzione 2001/2128 (INI), ha «invitato i governi degli Stati membri e dei paesi candidati a fornire alla Commissione dati ed informazioni al fine di compilare una banca dati su base europea in materia di statistiche della salute sessuale e riproduttiva» (punto 22) ed ha raccomandato che, in materia di «gravidanze indesiderate e aborto» vengano garantite e fornite «informazioni imparziali, scientifiche e chiaramente comprensibili» (punto 10).

È un paradosso della Storia che proprio il Regno Unito, patria del pensiero liberale, sia sprofondata in una concezione statale legata agli “arcana imperii”, ovvero all’esercizio del potere fondato sul segreto, da custodire gelosamente nella stanza dei bottoni. Proprio quel potere inquisitorio, dispotico, oscurantista, spesso contestato, nel passato, alla cattolica Italia.

Ma ancora più triste è pensare che in Gran Bretagna i bimbi abortiti possano essere privati persino della dignità di essere un numero. Di fare statistica. Di essere oggetto di quella stessa pietà che proviamo di fronte al milite ignoto.

Preferisco stare con chi ha fatto approvare una norma per consentire funerali e sepoltura nei cimiteri per i bimbi abortiti.

Il nostro senso di civiltà non accetta di considerarli «rifiuti ospedalieri speciali».





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