IL FATTO/ Dal Brasile il modello che sfata i vecchi miti dello sviluppo internazionale

- La Redazione

Ieri sera il ministro degli esteri Franco Frattini ha ospitato alla Farnesina la presentazione di Alla radice dello sviluppo: l’importanza del fattore umano. Ce ne parla LORENZO BIONDI

FavelaR400 Foto Ansa

C’è un legame fra sviluppo della persona e sviluppo economico, e sono i fatti a dimostrarlo. Ieri sera il ministro degli esteri Franco Frattini ha ospitato alla Farnesina la presentazione di Alla radice dello sviluppo: l’importanza del fattore umano. Nel libro Gabriella Berloffa, Giuseppe Folloni e Ilaria Schnyder provano a sfatare alcuni vecchi miti sul funzionamento degli aiuti internazionali, con l’aiuto di due esperienze di sviluppo locale in Brasile.

La cooperazione – ha spiegato Folloni – non è solo questione di numeri: i risultati non dipendono solo dalla quantità di finanziamenti che i Paesi ricchi trasferiscono a quelli in via di sviluppo. Finora «la mancata crescita veniva imputata alla scarsità dei risparmi e degli investimenti; quindi si sostituiva il risparmio con l’aiuto internazionale». L’errore di fondo, secondo gli autori, era quello di voler costringere la realtà dentro un modello rigido, fissato una volta per tutte. Si cercava il “libretto d’istruzioni”.

Le testimonianze raccolte nel libro raccontano di una complessità difficile da racchiudere dentro uno schema. In molti casi i finanziamenti internazionali, spesi male, sono del tutto inefficaci. Se si compra una casa a una famiglia che vive in una favela, il rischio è che la famiglia venda la casa per incassare un po’ di soldi per poi tornare a vivere in una baracca. Perché «la favela non era stata sradicata dal cuore». I progetti analizzati dai tre studiosi (quello dell’Associação dos Trabalhadores Sem Terra a San Paolo e il recupero dell’area di Ribeira Azul a Salvador de Bahia) hanno funzionato perché hanno reso le famiglie «partecipi del proprio sviluppo e della propria liberazione» – come ha raccontato Ilaria Schnyder. In una parola, l’uomo diventa «protagonista» del proprio sviluppo.

È un’espressione che il ministro Frattini ha voluto far sua: «Oggi chi riceve non si sente e non è protagonista, nella logica del vecchio assistenzialismo». Allo stesso tempo «chi dona si dimentica di chi riceve, non sa se quello che dona alla fine porta frutto». Frattini ha affrontato così le critiche sullo spreco dei fondi della cooperazione internazionale: i finanziamenti – hanno rivelato alcune inchieste – finiscono spesso a rimpinguare le burocrazie di «governi tirannici», senza raggiungere il loro obiettivo reale. L’idea di fondo, secondo il ministro, è che i soldi degli aiuti ai Paesi più poveri siano pensati come «un investimento, non solo una spesa». Un obiettivo da raggiungere attraverso «un discorso di educazione dei singoli».

Viene da chiedersi però se l’incitazione a “spendere meglio” non rischi di trasformarsi, in tempi di crisi economica, in un alibi per spendere meno. Risponde Folloni: «Non siamo contro le politiche di incentivazione dei mercati o i grandi piani di investimento, ma c’è qualcosa di più profondo». Per bruciare i finanziamenti accumulati in anni di impegno bastano poche settimane di catastrofe finanziaria: «Ma se c’è stato questo lavoro di cui parliamo – continua l’economista – dopo sei mesi la gente si rimette in piedi».

 

Frattini non ha perso l’occasione per ricordare che non c’è possibilità per l’uomo di essere «protagonista» se non vengono rispettati i suoi diritti fondamentali, primo tra tutti quello alla libertà religiosa. Il ministro è tornato ieri da un giro in Medio Oriente, che ha toccato anche l’Iraq. A ilsussidiario.net, il capo della diplomazia italiana ha spiegato: «Ho riscontrato grande simpatia da parte di molti Paesi arabi per la questione della libertà religiosa dei cristiani. C’è la consapevolezza che i cristiani sono una risorsa per quei Paesi».

 

(Lorenzo Biondi)





© RIPRODUZIONE RISERVATA

I commenti dei lettori

Ultime notizie

Ultime notizie