MAREA NERA/ Asciugoni giganti, palline da golf e pelo di Alpaca: su Facebook le soluzioni per fermare il petrolio

- La Redazione

Asciugoni grandi come campi da calcio, tappi giganti e barriere di capelli. Sono solo alcune delle soluzioni proposte su Internet alla fuoriuscita di petrolio che da tre settimane sta inquinando il golfo del Messico. Da giorni gli utenti di Facebook e i blogger sono in fermento nel tentativo di trovare l’idea giusta per tappare la falla apertasi nel mare a 1.500 metri di profondità

marea-nera-r375 L'incendio della piattaforma (Foto: Ansa)

Asciugoni grandi come campi da calcio, tappi giganti e barriere di capelli. Sono solo alcune delle soluzioni proposte su Internet alla fuoriuscita di petrolio che da tre settimane sta inquinando il golfo del Messico. Da giorni gli utenti di Facebook e i blogger sono in fermento nel tentativo di trovare l’idea giusta per tappare la falla apertasi nel mare a 1.500 metri di profondità. Con suggerimenti spesso stravaganti, ma così numerosi da far pensare che i social network siano rimasti l’unica ancora di salvezza di fronte a un disastro ambientale che si va facendo ogni ora più drammatico.

Al punto che lo stesso colosso energetico Bp, proprietario della piattaforma affondata il 21 aprile scorso, ha lanciato un Sos virtuale dal suo sito 2.0, deepwaterhorizonresponse.com, che è stato subito raccolto da numerosi navigatori della rete. La risposta forse più originale è arrivata dal sito Internet matteroftrust.org: creare barriere di capelli umani per fermare la marea nera e lasciare invece passare l’acqua dopo averla depurata. “Il motivo per cui si usa lo shampoo è che i capelli raccolgono le sostanze oleose tra cui il petrolio”, sottolinea matteroftrust.org.

Di qui un appello rivolto a “barbieri, parrucchiere, allevatori di pecore e a tutti i privati cittadini, perché donino capelli, pellicce, scarti di lana, tosature e nylon, finanziando il nostro programma ‘Capelli contro la fuoriuscita di petrolio’”. Già centinaia di tonnellate di capelli sono state raccolte da Usa, Canada, Gran Bretagna, Francia, Spagna, Germania e Brasile. Tra i donatori persino gli allevatori di Alpaca del Malabar, in India.

 

Sul sito wimp.com è stato invece caricato un video in cui due “esperti” forniscono una dimostrazione pratica di quella che potrebbe essere la soluzione. Riempiono due bacinelle d’acqua, versano del petrolio in entrambe, lasciano galleggiare della paglia in una delle due e questa assorbe tutto il petrolio, depurando l’acqua. Numerosissimi anche i commenti sulla bacheca del gruppo di Facebook collegato al sito web deepwaterhorizonresponse.com.

 

Diamond Cain non ha dubbi: “La soluzione è semplice. Basta ricorrere alla spugna superassorbente ShamWow in vendita in Germania. Realizzate un rettangolo di questo materiale delle dimensioni di un campo da calcio, l’attaccate con una spoletta gigante alle petroliere, la arrotolate, la spremete, raccogliete il petrolio nelle navi, lo raffinate e lo vendete per recuperare le perdite finanziarie causate dal disastro ambientale”.

 

Per Francesca Barbero invece l’idea migliore è “un grosso telone, di materiale ultra resistente, con ai lati asole per l’ancoraggio e il posizionamento tramite cavi collegati a pesi per stabilizzarlo sul fondale. Il telone potrebbe essere provvisto al centro di un bocchettone a incastro con valvola di scarico radiocomandata per poter esser svuotato, fino a una possibile futura soluzione definitiva”. Ancora più fantasiosa la proposta di Barni Barniello: “Costruire un tappo conico gigante in acciaio con filettatura e annessa valvola di tiraggio”. Con tanto di disegno del tappo conico, che ovviamente dovrebbe essere poi realizzato in formato maxi.

 

 

 

Di tono polemico invece il post di Danielle D. Trottier: “Se si desidera ottenere soluzioni creative e sensate dalla comunità internazionale, si dovrebbe iniziare a mostrare al pubblico come stanno veramente le cose, a partire dalla fuoriuscita di petrolio nell’acqua, spiegando brevemente le condizioni e le difficoltà presenti”.

 

“Per catturare la fuoriuscita di petrolio – sottolinea invece Steven Schneider – occorre una grande coperta realizzata con una membrana estensibile. Dovrebbe assomigliare a un paracadute. Mettete dei pesi alle estremità delle corde del paracadute e le tenete larghe e separate l’una dall’altra. Il diametro inferiore dovrebbe essere di cento piedi. Il buco in cima al paracadute dovrebbe avere un diametro di 20 piedi”, e da questo buco dovrebbe essere aspirato il petrolio finito in mare. Per Alessio Spano invece la soluzione è “costruire una grande pompa centrifuga a più stadi, per ridurre la pressione del petrolio, aspirandolo poi con una nuova tubatura”. Mentre Lisa Minard Hastigan propone di realizzare un enorme sistema di filtraggio, basato sul presupposto che il petrolio non si mescola all’acqua, ma galleggia sulla sua superficie.

 

“A nessuno è venuto in mente che la sabbia è permeabile? – domanda invece Nicolò Bosco -. Per fermare la fuoriuscita di petrolio, occorre riprendere a perforare la superficie sottomarina in un altro punto, riducendo così il flusso nel punto in cui si è rotta la tubazione. Coprendo l’area con ghiaia e calcestruzzo, la permeabilità della sabbia può essere ridotta, per poi iniziare la perforazione da un altro punto del canale”.  Mentre un altro utente di Facebook sottolinea: “Se le cifre rese note dalla Guardia costiera americana la scorsa settimana sono ancora valide, soltanto il 10% della miscela di acqua e petrolio intorno alla fuoriuscita è composta da combustibile. Oltre il 50% del petrolio fuoriuscito si disperderà o evaporerà naturalmente entro cinque giorni. E questo vale sia sulla superficie sia nel profondo del mare”.

 

 

Soluzioni fantasiose, cui Bp potrebbe ricorrere dopo il drammatico fallimento di tutti i suoi tentativi di tappare la falla e bloccare la fuoriuscita. Da una parte i solventi, che però sono accusati di creare un ulteriore danno all’ambiente. Dall’altra l’incendio controllato delle chiazze di petrolio, che è servito finora a bruciare l’equivalente di cinquemila barili di greggio. Ma cui non si può ricorrere quando l’acqua è agitata e c’è vento, come in questi giorni. Le barriere galleggianti di gomma, invece, si sono rivelate poco adatte in mare aperto, perché dopo un po’ sono trascinate via dalle correnti.

 

E dunque le autorità locali delle città sulla costa americana sono subito corse ai ripari, tentando di risolvere il problema con espedienti improvvisati, come sacchi di terra e sabbia e balle di fieno. Mentre il governatore della Louisiana, Bobby Jindal, ha proposto di costruire al largo una barriera di isole artificiali, dragando il fondo del Mississippi e dei suoi affluenti. Anche se il massimo dell’originalità è stato raggiunto da Thad Allen, “national incident commander” e numero uno della Guardia costiera americana. Allen, forse in un tentativo di imitare l’humor del più famoso omonimo Woody, ha proposto di “iniettare nella conduttura rifiuti plastici, sostanze come pezzi di pneumatico e palle da golf”. Sparando la spazzatura a tutta forza nella condotta sottomarina, nella speranza di intasarla come un banale lavandino.

 

(Pietro Vernizzi)

 

GUARDA IL VIDEO DI WIMP.COM CON LA DIMOSTRAZIONE PRATICA ANTI-MAREA NERA

 







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