Dopo l’uccisione di Bin Laden sono andati acuendosi sentimenti anticristiani, suscitati dall’identificazione, da parte degli estremisti tra il cristianesimo e l’odiato occidente.
In Pakistan, già dal giorno dopo, erano stati chiusi scuole e istituti cristiani, e presidiate le chiese dalle forze di sicurezza, in via precauzionale. Come riporta Vanity Fair, le precauzioni si sono rivelate adeguate al pericolo. Come emerge da una testimonianza di Nasir, giovane 30enne di Abbottabad, la cittadina in cui Bin Laden risiedeva ed è stato ucciso, molti estremisti, che nutrono nei confronti dei cristiani un’ostilità di fondo, hanno colto l’occasione per esasperare il proprio odio. Sul muro a fianco della porta d’ingresso della sua abitazione gli hanno scritto in rosso «Kafir», che significa “infedele”. «Così – spiega – tutto il paese sa che in questo palazzo vivono degli infedeli, dei cristiani». La sua colpa, come quella di numerosi confratelli, è quella di «essere cristiani evangelici che nel nostro paese (per molti) vuol dire essere filoamericani». Un marchio che nel Paese può radicalmente peggiorare la vita: «Da 24 ore siamo costretti a nasconderci, non usciamo mai da soli. Ci prendono a sassate. Ci hanno rotto i vetri delle finestre».
Non solo. Ogni volta che il suo telefono squilla, sussulta. «Chiudete la vostra Chiesa o ve la bruceremo», ha ribadito una voce dall’altro capo della cornetta, l’ultima volta che ha risposto. Di avvisare la polizia, non se ne parla. Dicono che «hanno cose più importanti da risolvere». E così, Nasir e la sua famiglia, diventano bersaglio, loro come tantissimi altri, dell’estremismo islamico. «Noi – conclude – non siamo filoamericani, non siamo nemmeno contro gli americani, vorremmo solo vivere sereni la nostra fede nel nostro paese: vi prego aiutateci».