Giovedì 5 maggio, i cittadini del Regno Unito sono chiamati a votare in un referendum una proposta di modifica della legge elettorale. L’attuale sistema è molto semplice: ogni elettore appone il proprio segno vicino al nome del candidato che intende votare; il candidato che ha ottenuto più voti nella sua circoscrizione risulta eletto. Questo sistema è in uso nel Regno Unito da molto tempo ed è anche utilizzato, per esempio, negli Stati Uniti, Canada e India
Le conseguenze sono abbastanza diverse da quelle dei vari sistemi proporzionali in uso in molti Stati dell’Europa continentale e altrove. La preferenza unica spinge a votare per i partiti più grandi, ritenuti più capaci di portare avanti le proprie proposte e, quindi, tende a diminuire il numero dei partiti rappresentati in Parlamento, assicurando una maggiore stabilità e durata di permanenza. Così per Democratici e Repubblicani negli Stati Uniti, per i Conservatori e i Liberali in passato, per Conservatori e Laburisti dall’inizio del secolo scorso nel Regno Unito.
Una conseguenza è anche quella di ottenere maggioranze di governo più forti, in grado di realizzare riforme decisive. È stato questo il caso del governo laburista di Clement Attlee che, dopo la guerra, introdusse il Sistema Sanitario Nazionale e nazionalizzò larghe fasce dell’industria, e di quello conservatore di Margaret Thatcher negli anni ’80, che invece abolì una buona parte dei controlli economici e privatizzo larga parte dell’industria.
Tuttavia, molti hanno richiesto cambiamenti in questo sistema elettorale, a partire dal partito Liberal-Democratico, che si sente penalizzato da questo sistema che finisce per non rispecchiare la proporzione reale dei voti espressi dagli elettori.
Inizialmente furono proposti sistemi di tipo proporzionale, come il vecchio sistema italiano, sottoposti però a una forte critica per il troppo peso che così si finiva per attribuire ai piccoli partiti, ingenerando una maggiore instabilità nel Paese rispetto a quella cui era abituato da più di un secolo. Così, nelle trattative dello scorso maggio per la formazione del governo di coalizione,. Cameron ha offerto ai Lib-Dem il referendum su un sistema di votazione definito Voto Alternativo (in inglese AV).
L’AV è basato su un uso esteso delle preferenze, perché gli elettori sono invitati a mettere i candidati in ordine di preferenza. Se, con le preferenze attribuite come prima scelta nessun candidato raggiunge il 50% più uno dei voti, il candidato con minori preferenze in assoluto viene eliminato e le sue preferenze distribuite secondo le preferenze espresse come seconda scelta. Si continua così fino a che un candidato raggiunge la maggioranza delle preferenze.
Quali sono i vantaggi dell’AV? I suoi sostenitori, principalmente Lib-Dem e Laburisti, dicono che così si porrebbe fine ai “candidati sicuri”, che i parlamentari sarebbero spinti a lavorare più seriamente, e che il sistema sarebbe più corretto permettendo agli elettori di ordinare le proprie preferenze tra i vari candidati. Gli oppositori sostengono che si tratta di falsi miti, perché il posto sicuro” può essere assicurato con qualunque sistema, e anche il maggior lavoro di parlamentari è poco più di un pio desiderio. C’è invece il rischio che finiscano per annacquare le loro proposte per accaparrarsi il consenso di chi altrimenti non voterebbe per loro. In più, il sistema non sembrerebbe così corretto nei confronti degli elettori, visto che le terze o quarte preferenze sono trattate alla pari delle prime, che gli elettori considerano senza dubbio le più importanti..
Un sistema simile è applicato in Australia, Fiji e papua Nuova Guinea, ma i sondaggi sembrano mostrare qualche insofferenza da parte degli elettori australiani. Per quanto riguarda il Regno Unito, i sondaggi sembrerebbero indicare una tendenza a rifiutare il nuovo sistema. In effetti non è facile liberarsi di un sistema che si è dimostrato efficace per così lungo tempo, dando stabilità ai governi britannici. Questa potrebbe essere una ulteriore conferma del carattere conservatore dei britannici nelle questioni istituzionali, che, come per l’euro, non hanno molta voglia di assumere il rischio di passare da istituzioni lungamente sperimentate a istituzioni che paiono sperimentali ed estranee.
(Arianna Capuani)