Fisco, economia e lavoro. Di questo e di altro ci parla Grover Norquist, Presidente dell’Americans for Tax Reform (Atr), che risponde in esclusiva a ilsussidiario.net alle dichiarazioni a sorpresa del Presidente Obama, che martedì sera ha così parlato a proposito di riforma fiscale: “Abbiamo fatto progressi e ci sono progressi più grandi a portata di mano. Ma dobbiamo ancora affrontare delle divergenze serie. Ci vorranno decisioni dure, meglio prenderle prima che dopo. Bisogna lasciare gli ultimatum fuori dalla porta, ci vuole un approccio equilibrato”.
Il nodo è sempre quello, ovvero la ricerca di un equilibrio tra un nuovo gettito fiscale, osteggiato dai Repubblicani, e tagli alla spesa pubblica, malvisti dai Democratici. In poche parole, le parti dovranno trovare un punto d’incontro proprio su tasse e tagli. Le trattative vanno così avanti mentre si avvicina la scadenza del 2 agosto per evitare il rischio di default. Ma adesso si negozia sotto l’occhio vigile della Casa Bianca.
In questa intervista Norquist esprime tutte le sue perplessità sulla politica centralista del Presidente Obama, assolutamente in controtendenza rispetto alla tradizione federalista e sussidiaria che ha da sempre caratterizzato le Istituzioni americane, in cui sono proprio i corpi intermedi, come l’Atr, a essere protagonisti della vita politica e sociale.
Cosa ne pensa di questi primi anni di presidenza di Obama?
Obama si è da subito impegnato a spendere molti soldi e a nazionalizzare la sanità. Ha cercato di cambiare drasticamente la legge sul lavoro, di far si che il governo regolasse il global warming e il cap and trade. Non hai mai rilanciato una regolamentazione dei costi. L’aumento della spesa è cresciuto di molto (da 2,8 a 3,8 trilioni di dollari), la disoccupazione è salita, l’economia non è migliorata. C’è stata una forte reazione degli americani dopo il 2008. Infatti, Obama ha perso la maggioranza alla Camera, cosa molto difficile da realizzare, e ha rischiato di perderla anche al Senato. La sua popolarità non è ai massimi livelli, anche perché molti americani sono convinti che lui stia andando nella direzione sbagliata. C’è stato solo un momento positivo: quando ha preso Bin Laden. In quel momento i Repubblicani ne hanno naturalmente risentito.
Chi potrebbe essere lo sfidante di Barack Obama alle prossime elezioni presidenziali?
Per rispondere dobbiamo chiederci chi, tra tutti quelli che concorrono alla presidenza, potrebbe essere il miglior candidato, che potrebbe anche non essere il miglior presidente. Tutti i candidati che concorreranno saranno meglio di Obama. Nonostante ciò non vinceranno le elezioni. Herman Cain, che è un bravo imprenditore, non ha esperienza politica e potrebbe essere anche battuto alle primarie. Anche Mitt Romney potrebbe essere un buon candidato. Ci potrebbe poi essere Pawlenty, ex governatore, anche se non è andato molto bene nel dibattito presidenziale al contrario di Romney. Comunque resta un buon candidato con un forte bacino di voti nel MidWest. C’è poi la deputata Michelle Bachmann, che non è mai stata una governatrice, quindi ha un rapporto diverso col territorio. Ric Perry, attuale governatore del Texas, ha ottenuto buoni risultati nel suo stato in termini di crescita economica, e potrebbe farlo per l’intera nazione. Anche Giuliani potrebbe essere un buon candidato, come Sarah Palin del resto; anche se lei dovrebbe competere con Michelle Bachmann e le due si contenderebbero i voti: sono mamme entrambe, donne religiose, credono negli stessi valori che rappresentano l’americano medio. Bachmann e Pawlenty potrebbero contendersi l’elettorato del MidWest. Sintetizzando, i candidati reali potrebbero essere Pawlenty, Bachmann, Romney e Perry.
Che ruolo giocherà il movimento dei Tea Party durante le prossime elezioni presidenziali del 2012?
Il movimento dei Tea Party è ben compreso dalle persone che sanno giudicare i danni che Obama sta facendo alla nazione, per esempio sulla sanità. Sono stati molto attivi nel 2009 e nel 2010 per le elezioni di medio termine e lo saranno anche nel 2012. Molto del loro malcontento è dovuto alle politiche di Obama e della sua Amministrazione. Sono convinto che per le prossime elezioni presidenziali potrebbero giocare un ruolo decisivo.
Quali saranno i temi delle elezioni e della campagna elettorale?
Lavoro, lavoro e lavoro. Ma anche la riforma sanitaria. Per i repubblicani oltretutto potrebbe rappresentare una buona strategia, come lo è stata nelle elezioni di midterm del 2010.
E quanto peserà la politica estera?
Un candidato in America non vince grazie alla politica estera, eccetto quando gli americani sono stanchi di un presidente. Solo in questo caso la politica estera diviene determinante, come successo con George W. Bush, che negli ultimi anni si è concentrato sull’Iraq dimenticandosi di essere presidente degli Usa. La politica estera negli States ti può solo svantaggiare, ma difficilmente ti aiuterà in campagna elettorale. Per esempio, Jimmy Carter, maestro di diplomazia, quando cercò la rielezione pagò il suo fallimento nell’economia. È l’economia ciò che interessa all’elettore americano.
Qual è la sua opinione sulla riforma fiscale del governo di Obama?
Ha aumentato le tasse, ha alzato la spesa… non ha mai capito e non si è mai interessato veramente del settore privato. Solo poche persone del suo entourage provengono dal settore del business.
Come possono l’economia e il mercato essere agevolati dal fisco?
Se vogliamo far decollare l’economia, bisogna abolire la tassa di successione, ridurre la capital gain tax e il marginal tax rate per le imprese e permettere al capitale estero di rientrare. Questo potrebbe essere un buon inizio. Questo è ciò che potremmo fare nel momento in cui venisse eletto un presidente repubblicano. È difficile fare questo con Obama.
In Italia, dopo anni di buoni propositi, si sta attuando un’importante riforma fiscale. Secondo lei, un abbattimento del gettito fiscale sulle famiglie può generare sviluppo e dare impulsi al mercato?
Certamente. Se le tasse si abbassano, la gente è incoraggiata a lavorare di più, a risparmiare di più e ad investire di più. L’alta tassazione è solamente scoraggiante. L’alta tassazione è un disincentivo all’investimento.
(Giuseppe Sabella e Lorenzo Montanari)