L’esercito del presidente siriano Bashar Assad ha riconquistato Baba Amr, il quartiere della città di Homs che era stato liberato dai ribelli. Nel frattempo si intensificano le violazioni dei diritti umani da parte del regime. Secondo quanto riferisce il Media Center of Syrian Revolution, una fonte di informazioni vicina ai ribelli, solo a febbraio nel quartiere di Baba Amr sarebbero morte 420 persone, inclusi 19 bambini, 22 donne e 13 ragazzi deceduti in carcere durante le torture. Le forze di Assad avrebbero aperto due dighe sul fiume Assi, minacciando di allagare l’area archeologica di Darkoush. Elementi fedeli al regime avrebbero inoltre sequestrato e distrutto le medicine dalle farmacie per impedire ai cittadini rimasti feriti di ricevere medicazioni. Ilsussidiario.net ha intervistato Gian Micalessin, inviato de Il Giornale, sulla posta in gioco dell’attuale fase del conflitto siriano.
Micalessin, quali sono i principali rischi di quanto sta avvenendo in Siria?
Innanzitutto, nella componente dei rivoltosi siriani c’è un’altissima percentuale di Fratelli musulmani. Non a caso se guardiamo i messaggi che corrono sul web, scopriamo che una componente dei Fratelli musulmani libici in questi giorni ha raggiunto la Siria per combattere. Lo scenario che si ripete è sempre lo stesso: il Qatar utilizza i Fratelli musulmani, sostenendoli e finanziandoli, per portare al successo le rivolte nei vari Paesi arabi e quindi controllarli. E’ quanto è avvenuto in Tunisia, dove le elezioni sono state vinte dagli islamisti del partito di Ennahda. La stessa dinamica si è vista in Egitto, dove i Fratelli musulmani hanno conquistato il 47% dei seggi. Durante la rivoluzione libica, il Qatar ha inviato direttamente i suoi militari e dopo la caduta di Gheddafi ha favorito le fazioni islamiste. In Siria stiamo assistendo allo stesso scenario, con un elemento in più: l’influenza della Turchia, grande potenza musulmana che si affaccia sul Medio Oriente e appoggia vari gruppi e componenti. Tra i rischi della Siria ci sono anche quelli di un’opposizione divisa e incapace di contrapporsi al regime.
Come valuta la situazione dei cristiani, che rischiano di trovarsi tra due fuochi?
I cristiani siriani hanno purtroppo di fronte l’esempio non felice dell’Iraq, dove una volta caduto il regime di Saddam si sono trovati alla mercé dei fondamentalisti. I cristiani in Iraq sono stati sterminati e le loro chiese sono state attaccate. Per salvarsi, i cristiani irakeni sono fuggiti proprio in Siria. I cristiani siriani, che hanno ascoltato i loro racconti, oggi si chiedono se accadrà loro la stessa cosa. Per questo per il momento preferiscono appoggiare il regime piuttosto che stare con i rivoltosi. E’ una scelta determinata da condizioni oggettive. Spostandoci in Egitto, i copti del resto non hanno certo tratto vantaggio dalla rivoluzione, che ha fatto sì che le chiese fossero attaccate e i cristiani fossero discriminati.
Assad è un alleato dell’Iran. Davvero Ahmadinejad è meno pericoloso dei Fratelli musulmani?
In questo momento nessuno è in grado di dire che cosa sia peggio per la stabilità del Medio Oriente, e lo dimostra l’attendismo di Israele che il questa fase è il principale nemico dell’Iran. Di fronte alla situazione siriana gli stessi israeliani si chiedono quale sia il male minore. E’ peggio il male che conosciamo, quell’Assad che comunque non ha mai invaso Israele, o un nuovo regime fondamentalista controllato dai Fratelli musulmani o da altre forze che non conosciamo? Non dimentichiamoci che la Siria è diventata di recente un terreno d’azione per Al Qaeda. Lo stesso Al Zawahiri ha ammesso che alcuni esponenti di Al Qaeda provenienti dall’Iraq operano in Siria, tanto è vero che ci sono stati degli attentati contro il regime rivendicati da Al Qaeda. Lo stesso Dipartimento di Stato Usa ha riconosciuto che tra le file dell’opposizione gravitano anche elementi riconducibili ad Al Qaeda.
Nel frattempo continuano ad arrivare notizie sulle crudeltà di Assad. Fino a che punto si può affermare che il regime rappresenta il male minore?
Il regime siriano non è mai andato troppo per il sottile nei confronti degli oppositori. Nel 1982, quando non c’erano radio, Internet, mezzi in grado di trasmettere immagini in breve tempo, il padre Hafiz rase al suolo Hama e fece circa 40mila morti bombardando i centri della rivolta dei Fratelli musulmani. Non c’è quindi molto da sorprenderci se i servizi segreti del regime di Bashar Assad commettono crudeltà e atti contrari ai diritti dell’uomo. Non dimentichiamoci però il ruolo importante che giocano alcuni media nel diffondere immagini o notizie false o amplificate ad arte. La rivoluzione libica ci insegna che le fosse comuni addebitate a Gheddafi non sono mai esistite, che i bombardamenti delle folle non ci sono mai stati, che gli stupri di massa erano un’invenzione. Bisogna quindi stare molto attenti quando ci si trova di fronte a immagini e notizie non verificate.
Da un punto di vista militare, quando è ancora forte Assad?
La forza militare di Assad è ancora grande, perché si basa su un gruppo di generali che sono strettamente solidali al regime e ne rappresentano il cuore. Il vero problema è che la forza militare dell’opposizione è stata molto sopravvalutata, soprattutto dai media occidentali. E il motivo è che la Turchia ne ha amplificato la forza e la capacità dando spazio ai pochi militari che avevano disertato. Qatar e Turchia stanno appoggiando la componente legata ai Fratelli musulmani, ma c’è anche una componente laica che vede in modo negativo qualsiasi intervento straniero e si contrappone alle operazioni armate promosse in questo periodo dai Fratelli musulmani. Questa eccessiva fiducia nelle proprie capacità ha portato l’opposizione a lanciare l’offensiva di Homs, che si è tradotta in un fallimento. E la causa sono i cattivi consigli dei sostenitori esterni e dell’Occidente il quale li ha illusi che una soluzione simile a quella libica potesse cambiare i destini della rivolta siriana.
(Pietro Vernizzi)