RISIKO/ Serbia, la neutralità “necessaria” che divide Ue e Russia

- int. Lucia Rota

L'adesione di Belgrado all'Unione europea è ormai inevitabile per comune volontà delle due parti. LUCIA ROTA spiega che significato ha per il futuro dei Balcani

putin_rompuy_barrosoR439 Vladimir Putin a un summit europeo (Infophoto)

Lo scorso 21 gennaio sono cominciati a Bruxelles i primi negoziati per l’adesione della Serbia all’Unione europea, un passo decisivo verso l’ingresso di Belgrado, discusso e ambito da anni. Non un passo facile, viste le molte difficoltà legate alla ferita della guerra dei Balcani di cui la Serbia fu il maggior protagonista nel suo tentativo di fermare lo sgretolamento della ex Jugoslavia con i risultati drammatici che ben si conoscono. Oggi però, come ha spiegato a ilsussidiario.net l’inviata a Belgrado Lucia Rota, le condizioni sono decisamente cambiate: “Tutti, sia maggioranza che opposizione, sono favorevoli all’ingresso nell’Unione europea, un ingresso che ha connotati soprattutto economici di fondamentale importanza per Belgrado e che eviterebbe l’isolamento in una regione ormai parte integrante dell’Europa”. Resta però, ci ha detto ancora, l’incognita segnata da Mosca, storico alleato di Belgrado, che mai accetterebbe l’uscita del paese da una neutralità militare che viene vista come indispensabile al quadro geo politico della regione.

Cosa significa per la Serbia entrare nell’Unione europea in un momento in cui l’unione stessa è in forte crisi?

La Serbia, se non entrasse nell’Unione, rimarrebbe un “buco” in mezzo ai Balcani, una regione dove ormai tutti, anche Romania e Bulgaria, sono inseriti in Europa. E’ una regione che vede da anni un processo di integrazione europeo, per quanto lungo, laborioso e complesso, ma è impossibile pensare la Serbia fuori dall’Unione europea: per Belgrado ma anche per la stessa Unione. Da qui l’insistenza da parte delle autorità serbe, ma anche da parte della Ue, nonostante la complessità per arrivare all’adesione.

Che cosa è davvero importante per Belgrado?

Fondamentalmente quello che conta oggi è il punto di vista economico. L’ingresso della Serbia da quanto dicono gli stessi politici serbi garantirebbe una maggiore stabilità, e quindi darebbe maggiore fiducia negli investimenti, che sono di importanza cruciale per la Serbia, data la grave crisi economica che vive il paese. 

Ci sono altri aspetti?

Ci sono i grandi progetti infrastrutturali che toccano la Serbia, finanziati in vario modo dall’Unione europea, i grandi corridoi paneuropei: la Serbia rimarrebbe tagliata fuori rispetto al futuro di questa regione.

Quali sono le forze europeiste serbe?

Tutte, a parte il Partito democratico di Serbia, sono a favore, anche le attuali maggioranza e opposizione. In questo senso c’è uniformità, che vuol dire anche mancanza di dibattito.

E nella società civile si rispecchia questa uniformità? La Serbia ha una forte tradizione nazionalista.

Infatti gli unici contrari sono fuori della politica, sono nella società civile. Gli ultimi sondaggi parlano di oltre il 50% di contrari all’Unione europea, soprattuto fra i giovani. C’è dunque una mancanza di consenso e di fiducia in questo progetto di integrazione, che non è dunque altrettanto pacifico nella società civile rispetto alla politica.

Per la sfiducia in una Europa ormai contestata da molti? Oppure per la tradizione nazionalista e filorussa?

Per quanto riguarda il sentimento nazionalista tenderei a dire di no, nel senso che l’Europa è vista come un passaggio necessario. E’ vista come un’istituzione che ha dei problemi interni e quindi suscita scarsi entusiasmi; al contempo rispetto alla Serbia viene percepita come una istituzione che fa più richieste che concessioni. 

 

Ci sono poi annose ferite mai del tutto rimarginate, ad esempio il Kosovo…

Per quello che riguarda il Kosovo ci sono alcuni paesi della Ue che hanno spinto molto per far normalizzare i rapporti. Sono stati momenti di difficile dialogo e accettazioneda parte del popolo serbo. 

 

L’antica amicizia con Mosca invece? Quanto conta oggi?

Questo è un discorso politico. Oggi la società civile non ha simpatie particolari per nessuno.

 

E dunque?

La Russia ha ancora sicuramente un peso specifico non indifferente in Serbia, lo si vede oggi nell’ambito della crisi della Crimea e ucraina dove Belgrado ha detto chiaramente che non prenderà mai parte ad alcuna sanzione contro la Russia. Un problema che è poi emerso anche davanti a una ipotetica adesione alla Nato della Serbia, cosa davanti alla quale la Russia ha già messo le mani avanti.

 

In che senso?

La Serbia secondo tutti, occidente ed oriente, è e deve restare neutrale. Ma questa neutralità serba rappresenta un unicum al mondo, in quanto Belgrado fa parte da anni di Program for peace, il programma della Nato per avvicinare gli stati non aderenti. Ma la Serbia nello stesso tempo è entrata l’anno scorso a far parte del patto parallelo russo, clonato dal patto di Varsavia.

 

Il che complica non poco le cose.

Ci sono state infatti diverse dichiarazioni in concomitanza della prima visita del ministro russo della difesa a Belgrado. Nessuno sa cosa si siano detti ma hanno certamente posto la questione della neutralità di Belgrado. L’ambasciatore russo a Belgrado ha più volte usato toni molto forti contro l’adesione alla Nato e le autorità politiche hanno subito detto che non succederà mai. E’ un’ombra dunque quella di Mosca su Belgrado che resta presente.





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