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Home » Esteri » STATO ISLAMICO/ Kiwan: temiamo massacri nei villaggi cristiani in Libano

  • Esteri

STATO ISLAMICO/ Kiwan: temiamo massacri nei villaggi cristiani in Libano

Int. Fadia Kiwan
Pubblicato 10 Settembre 2014
islam_terrorismo_califfatoR439

Immagine dal web

Le intenzioni del califfato sono di compiere massacri in villaggi isolati abitati da cristiani e sciiti per seminare il terrore tra la popolazione. Dal Libano parla FADIA KIWAN

I guerriglieri del califfato hanno varcato il confine tra Siria e Libano per scrivere sulle mura di una chiesa: “Lo Stato islamico spezzerà la vostra croce”. E’ solo un caso di numerose minacce che hanno preso di mira le chiese di Minieh e Mina, due villaggi alla periferia di Tarablus, nota anche come Tripoli, la città da 500mila abitanti nel Nord del Libano. Dopo che due soldati libanesi sono stati uccisi e 11 rapiti dallo Stato islamico, i cristiani del Paese dei Cedri vivono ore di terrore. Secondo l’Associated Press, numerosi cristiani dei villaggi di confine si sarebbero armati di fucili automatici e sarebbero saliti sulle colline per difendere le loro donne e i loro bambini. “E’ evidente a tutti che l’obiettivo del califfato è quello di compiere dei massacri nei villaggi libanesi più isolati e difficili da difendere – spiega a ilsussidiario.net Fadia Kiwan, docente di Politologia nell’Università cattolica Saint Joseph di Beirut -. E il dramma è che in questo momento il nostro esercito ha le mani legate, perché se spara i terroristi decapiteranno gli ostaggi”.


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Professoressa, è vero che i cristiani libanesi hanno deciso di imbracciare le armi?

No, sono soltanto indiscrezioni senza fondamento. La gente è impaurita ma continua a guardare all’esercito libanese come all’unica forza legittima in grado di proteggerli. In questo momento ci troviamo in una situazione critica, già due soldati sono stati uccisi.


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Come stanno vivendo questo momento drammatico i cristiani libanesi?

I cristiani libanesi non sono più spaventati di sciiti e drusi. C’è un senso di sconforto da parte dell’intera società libanese, in quanto è l’intero Paese a essere in pericolo.

Che cosa sta avvenendo al confine con la Siria?

I terroristi hanno oltrepassato più volte il confine libanese, sia pure di pochi chilometri. La loro strategia non consiste nell’invadere le grandi città, ma è ovvio a tutti che le loro intenzioni sono di compiere massacri in villaggi isolati abitati da cristiani e sciiti per seminare il terrore. L’obiettivo dei terroristi è quello di impressionare, e stanno utilizzando i social media per seminare il panico tra la gente.


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Quali possono essere le conseguenze per la politica libanese?

C’è molta pressione sul governo affinché rifornisca l’esercito di munizioni e armi e gli conceda maggiore potere e un margine di iniziativa per affrontare i problemi. Dopo però che lo Stato islamico ha preso in ostaggio 11 soldati libanesi, l’esercito non si sente a suo agio nel compiere operazioni contro i terroristi, perché teme che uccideranno i prigionieri. Occorre quindi come prima cosa pagare per la liberazione degli ostaggi.

Se il governo libanese pagherà per la loro liberazione, ciò non rafforzerà ancora di più l’Isis?

Non è il governo libanese, ma Qatar e Turchia che devono pagare. Inoltre numerosi Paesi stanno comprando il petrolio dal califfato, e quindi qualche milione di dollari in più non farà la differenza. La prima cosa da fare è liberare i nostri ostaggi, e quindi assicurarci che i tribunali libanesi diventino la sede in cui sono tutelati i diritti umani.

 

In che senso?

In questo momento in Libano le persone sono incarcerate senza una sentenza, a prescindere dal fatto che siano realmente colpevoli o meno, sulla base di una semplice accusa di terrorismo. Dal punto di vista dei diritti umani è una situazione molto critica, tanto per il governo quanto per la magistratura.

 

E’ davvero possibile trattare con l’Isis?

Abbiamo un margine per negoziare senza dovere a nostra volta liberare dei terroristi. Ma c’è una terza cosa da fare urgentemente… fermare i cittadini libanesi che sostengono l’Isis. In tutti i villaggi del Paese ci sono persone che lavorano in modo sotterraneo per aiutare lo Stato islamico. Dobbiamo aprire un dibattito sui danni dell’estremismo e dell’uso della violenza.

 

Secondo lei da dove nascono?

Le rispondo con un esempio. Il sostegno ai terroristi è particolarmente forte a Tarablus, una città dove la soglia di povertà è molto elevata, e nello stesso tempo da Tarablus provengono tre miliardari attivi nella politica libanese. Eppure non è stato fatto nulla per combattere la povertà nella città e nelle sue periferie. Vanno quindi sradicate le ragioni che nel lungo periodo portano le persone ad aderire al terrorismo.

 

(Pietro Vernizzi)


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