GOLPE FALLITO IN TURCHIA/ Mauro: l’Italia non segua i disastri di Obama (e Clinton)
E’ l’ex ministro della Difesa italiano del governo di Enrico Letta, MARIO MAURO, a descrivere la situazione gravissima che si è venuta a creare con il golpe fallito in Turchia

E’ l’ex ministro della Difesa italiano del governo di Enrico Letta, Mario Mauro, a descrivere, a tracciare la situazione che si è venuta a creare con il golpe fallito in Turchia. Lo scenario che emerge è di quelli veramente inquietanti, che quasi tendono a sfuggire a qualsiasi controllo e che sembra, inspiegabilmente, che venga preso con scarsa considerazione in Europa e in un Paese come l’Italia, che è vicinissimo al cuore di questa crisi internazionale.
Scusi Mauro, c’è qualche cosa da rimproverare agli americani in tutta questa vicenda?
Guardi, mi sento di dire una cosa che non avrei mai immaginato. Spero che gli americani si affrettino a votare Donald Trump, perché gli errori di questa amministrazione democratica sono ormai paragonabili a quelli che ha fatto anni fa Jimmy Carter. Ormai il Medio Oriente è una polveriera e quello che può accadere è in grado di modificare tutto il quadro geopolitico.
Ma in che cosa gli americani hanno sbagliato specificamente?
Hanno sottovalutato completamente la portata ideologica di questo fondamentalismo islamico, la portata dello scisma wahabita, la stessa predicazione dei Fratelli musulmani. Non si sono resi conto che l’ideologia di questi movimenti ha una straordinaria somiglianza con le premesse e le conclusioni dei totalitarismi occidentali del primo Novecento in Europa. Non aver compreso questo fatto è un errore inaudito e porta a conclusioni allarmanti per il Medio oriente e per in mondo intero.
Il golpe fallito a chi è imputabile?
Qui ci sono concomitanze che sembrano per lo meno strane. Ci possono essere state responsabilità interne ed esterne, magari c’è chi ha saputo sfruttare una situazione in base a un tentativo maldestro oppure a un consiglio malamente suggerito. E’ indubbio che ci sia stata un’attesa lunga da parte di chi guardava da lontano, da chi faceva da spettatore, mentre si svolgevano gli avvenimenti in Turchia, ad Ankara e a Istanbul. Comunque è ancora difficile trovare il bandolo della matassa in questa oscura vicenda. Si parla di ufficiali, di colonnelli che davano ordini ai generali. Una cosa del genere non mi è mai capitata di sentirla. Poi ci sono gli arresti di massa già preventivati, con tremila magistrati messi in prigione, un numero imprecisato di soldati e tutti oppositori di Erdogan con una caratura ben precisa. Di fatto, Erdogan è riuscito a tagliare il cordone ombelicale della Turchia moderna, della Turchia laica fondata da Kemal Ataturk.
Ma questo può provocare un rovesciamento impensabile delle alleanze nel mondo. La Turchia è sempre stato un baluardo della Nato.
L’importanza strategica della Turchia è fuori discussione, è sempre stata fuori discussione. Occorre aggiungere la sua potenza militare. Quel Paese è il secondo per forza militare della Nato. Bisogna mettere insieme Francia, Inghilterra, Italia, Spagna per arrivare alla forza miliare della Turchia in uomini e armamenti. Si può comprendere da una situazione come questa l’importanza della Turchia, ancor più se pensiamo che i paesi europei che ho appena citato stanno pericolosamente disattendendo le spese nel settore della difesa come i vertici Nato richiamano da anni. La verità è che se sarà confermato il rifiuto di Berlino di far atterrare Erdogan la notte del golpe, i nostri rapporti con Ankara non saranno più gli stessi e dovremo considerare scenari ben più incerti, nei quali la Ue rischia non solo di non parlare con una unica voce ma di tacere in modo parimenti cacofonico.
Ma quali sono al momento, dopo questa operazione, gli obiettivi di Erdogan?
Diventare un leader di una potenza con una connotazione islamica più marcata, meno laica, più seguita da masse che cercano di coniugare la modernità con la legge coranica, con la sharia. Che altro è la “retata” contro i magistrati e i miliari che hanno sempre difeso a oltranza la laicità della Turchia?
In un quadro del genere, con un susseguirsi di avvenimenti impensabili, prende sempre più corpo l’immagine della “guerra mondiale a pezzi” fatta da Papa Francesco.
Qui c’è un puzzle che si sta componendo, mi pare.
A questo punto ci sono scelte da prendere sia in Europa e che in Italia. Abbiamo cominciato questa conversazione pensando a Donald Trump, personaggio che sembra il più lontano dai problemi che interessano l’Europa.
Ma qui è l’Europa che deve decidersi e cogliere un’occasione di compattezza. E’ lo stesso parlamento italiano che deve riunirsi e approvare delle decisioni che prendano in considerazione questa nuova situazione che si è venuta a creare. Sinora non ho ascoltato nulla e non mi sembra proprio il caso di rimanere silenziosi e inerti in una situazione simile.
A che cosa pensa?
Sarebbe importante convocare subito le camere per un dibattito con il presidente del Consiglio per dare un giudizio sul nuovo e rischioso assetto euromediterraneo. Se non lo fa l’Italia, quale altro paese dovrebbe farlo? Abbiamo da poco subìto senza fiatare l’accordo Ue-Turchia sui rifugiati che ci ha lasciati soli a fronteggiare gli sbarchi da Libia ed Egitto, forse faremmo bene a prendere posizione su ciò che accade.
(Gianluigi Da Rold)
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