Le Elezioni Usa 2016 si presentano sempre di più come una miscela esplosiva. Non bastava il duello tra Donald Trump e Hillary Clinton ad infiammare il dibattito: nel solco delle discussioni a stelle e strisce si è infatti inserito Nigel Farage, l’ex leader dell’Ukip risultato decisivo nella campagna elettorale che ha portato il popolo del Regno Unito a scegliere il Leave nel referendum Brexit e ad abbandonare l’Unione Europea. L’euroscettico, che ha abbandonato la guida del suo partito dopo la vittoria nella consultazione referendaria dello scorso giugno, si è presentato al fianco di Donald Trump in occasione di un comizio tenuto a Jackson, nello stato del Mississippi. Ma come si giustifica la presenza del 52enne che dal 2010 al 2016 è stato il capo del Partito per l’Indipendenza del Regno Unito? Cos’ha portato Nigel Farage fin negli Stati Uniti? Innanzitutto bisogna sottolineare che tanto Farage quanto Trump hanno fatto del nazionalismo uno dei loro cavalli di battaglia. Quando il leader dell’Ukip ha approvato la pubblicazione di un poster raffigurante centinaia di profughi provenienti da paesi in guerra come la Siria pronti a varcare il confine europeo, è stato accusato non soltanto di aver utilizzato un approccio razzista sulla questione, ma anche di aver ricalcato le orme della propaganda nazista. Qualcosa di molto simile sta succedendo in questi giorni a Trump, che si è visto dare del “razzista” da Hillary Clinton sia per la scelta di piazzare al vertice della sua campagna elettorale Stephen Bannon, presidente del sito di news chiaramente xenofobo Breitbart.com, sia per la vicinanza e il supporto che membri di organizzazioni razziste come il Ku Klux Klan gli stanno manifestando. Accolto inizialmente con freddezza da parte di un pubblico non troppo informato rispetto alle faccende della politica europea e britannica, Farage è stato introdotto da Trump come qualcuno che ha brillantemente condotto la campagna per l’uscita del Regno Unito dall’Ue, con il tycoon che ha sottolineato di essere favorevole alla scelta effettuata dai britannici di rivendicare il proprio diritto di scelta sul loro futuro così come, a suo dire, lo faranno gli americani il prossimo 8 novembre. Come sottolineato da “The New Yorker”, c’è un altro aspetto che fa pensare ad un parallelismo tra Farage e Trump: la comune volontà di risultare agli occhi della gente come uomini del popolo. Non si può negare che sia difficile trovare una foto recente dell’ex leader dell’Ukip senza una pinta di birra in mano; non che Trump faccia lo stesso (è astemio), ma allo stesso modo l’imprenditore newyorchese ha fatto della sua diversità dai politici appartenenti all’establishment uno dei suoi punti di forza, ribadendo in più di un’occasione l’avversione nei suoi confronti della stampa, delle grandi aziende e delle banche. Tornando alla cronaca, sono bastate poche frasi a Nigel Farage per entrare in sintonia con il pubblico di Jackson, Mississippi. Il celebre euroscettico si è presentato alla folla dicendosi portatore di un messaggio di speranza e di ottimismo; un messaggio volto a sottolineare che se le persone oneste sono pronte a lottare per qualcosa in cui credono, sono in grado di sconfiggere anche i cosiddetti poteri forti. Ovvio che parole del genere siano riuscite a scaldare una folla che vede in Hillary Clinton l’emblema della casta, ma non è soltanto per vedute politiche simili che Trump ha portato Farage in Mississippi. Com’è noto, fino a pochi giorni dal referendum Brexit, tutti i sondaggi davano i “Remain”, l’opzione che prevedeva che il Regno Unito sarebbe rimasto all’interno dell’Ue, in vantaggio sui Leave. Ebbene, tutti sappiamo come andò a finire: a vincere furono i sostenitori dell’indipendenza dell’UK con il 52%. Un risultato difficilissimo da pronosticare, che ha di fatto sbugiardato tutti i sondaggisti del Regno Unito. Ci siete già arrivati? Per Donald Trump, che tutti i sondaggi danno sconfitto contro Hillary alle Elezioni Usa 2016, Nigel Farage è l’esempio vivente di ciò che accadrà tra pochi mesi. Il candidato repubblicano, che in cuor suo è convinto di vincere, ha sfruttato l’esperienza dell’ex leader dell’Ukip per infondere fiducia ai suoi sostenitori, facendogli capire chiaramente che è già successo, e nemmeno troppo tempo fa, che i sondaggi venissero totalmente ribaltati. Lo stesso Farage ha ricordato come il giorno del voto i sondaggi dessero i Leave indietro di circa 10 punti percentuale, ma la capacità di portare alle urne gente che nella sua vita non aveva mai votato, l’opera di convincimento esercitata su persone che avevano voglia di “riprendersi il controllo del Paese”, ha fatto sì che il suo schieramento vincesse “contro ogni previsione”. Come riporta la Cnn, quando Trump ha preso la parola definendo Clinton una “bigotta” interessata alle minoranze non in quanto persone ma in qualità di voti da conquistare, la folla non ha fatto che approvare le parole del suo leader carismatico. Del resto, pochi minuti prima, erano state le parole di chiusura dell’intervento di Farage a fomentare le persone presenti al comizio contro Hillary, con l’esperto Nigel che tenendosi alla larga dal dire agli americani come votare, ha dichiarato che se fosse stato un cittadino statunitense non avrebbe votato Clinton nemmeno pagato, neanche se fosse stata lei stessa a pagarlo. Calcolare l’impatto delle parole di Farage sull’elettorato americano non è semplice: in fondo si tratta di un ex leader di un paese amico ma comunque lontano dalla realtà a stelle e strisce. Una cosa, però, è certa: se Trump voleva trovare qualcuno che dimostrasse che vincere contro ogni pronostico è possibile, ha trovato la persona giusta; se voleva infondere fiducia ai suoi elettori, ha scelto il metodo corretto; se con questa mossa crede di battere Clinton e lanciarsi verso la Casa Bianca, allora statene certi: per una volta i sondaggisti non saranno smentiti. (Dario D’Angelo)