Nelle Elezioni Usa più imprevedibili della storia, c’è uno schema fisso che si ripete in maniera ricorrente. Quando Hillary Clinton è nei guai, Donald Trump fa qualcosa che sposta l’attenzione dai problemi della democratica alla sua incapacità di non fare danni per più di qualche giorno. Finora è stato sempre così: quando lo scandalo delle email è venuto fuori in maniera dirompente denotando la leggerezza di Hillary nel gestire i suoi account di posta elettronica, Trump ha incitato uno stato “non amico” come la Russia ad hackerare i server americani per trovare le email mancanti all’appello; quando Hillary sembrava aver beneficiato dell’appoggio dei vertici del Partito Democratico a svantaggio di Bernie Sanders durante le Primarie, Trump la sparava ancora più grossa dicendo che una volta eletta nessuno avrebbe potuto più fermarla se non il popolo del secondo emendamento, ovvero quello dei possessori di armi; quando Hillary si trovava costretta a fare i conti con il potenziale scandalo della Fondazione Clinton, Trump ha spostato l’attenzione su di sé rinnovando i suoi propositi di deportazione anti-immigrati. La notizia è che è successo di nuovo, pochi giorni fa: mentre Hillary era alle prese con gli strascichi del malore verificatosi a Ground Zero durante una commemorazione dell’11 settembre, investita da un ciclone mediatico che l’accusava di aver tenuto volutamente nascosta la sua polmonite e ancor di più di non avere la forza necessaria per guidare gli Stati Uniti, Trump ha di nuovo fatto parlare di sé in maniera negativa. Cos’ha combinato? Ve lo spieghiamo subito: recatosi in visita a Flint, Michigan, mercoledì pomeriggio Trump è stato ospitato in una nota chiesa nera, quando il pastore della comunità afroamericana, la reverenda Faith Green-Timmons ha interrotto il suo discorso. Perché lo ha fatto? Perché il repubblicano ha attaccato Hillary Clinton infrangendo le regole concordate con la stessa Green-Timmons, che aveva invitato Trump per parlare dei problemi che da tempo assillano la città, finita sui giornali di tutto il mondo dopo che, come ricorda Il Post, è venuto fuori che nell’acqua potabile distribuita per circa un anno e mezzo, fino all’ottobre del 2015, erano presenti percentuali tossiche di piombo. Trump, però, dinanzi ad una platea formata da una 50ina di persone non propriamente schierate dalla sua parte vista l’accoglienza molto fredda a lui riservata, dopo qualche minuto è andato fuori dal seminato iniziando a prendere di mira la sua avversaria alle Elezioni. A nulla, evidentemente, era servito l’avviso pubblicato dalla reverenda poche ore prima dell’intervento sul suo profilo Facebook, nel quale con un post annunciava che Trump non avrebbe usato la Bethel United Methodist Church per i suoi scopi e che nel caso lo avrebbero istruito a dovere. Come sottolineato dalla ricostruzione di Politico, dopo un po’ di preamboli Trump ha sottolineato i fallimenti di Hillary Clinton in fatto di economia e di politica estera, dicendo che tutto ciò che ha toccato si è rivelato un fallimento. Ed è stato proprio a questo punto che il pastore Green-Timmons ha raggiunto Trump sul palco interrompendolo prontamente. La reverenda ha preso la parola invitando The Donald a rispettare i patti, ricordandogli di essere stato invitato per ringraziare la chiesa afroamericana per quanto fatto per la comunità di Flint e non per tenere un discorso politico. Trump, dopo il richiamo, ha accusato il colpo e ha cercato di appianare immediatamente le ostilità dicendo che sarebbe tornato presto a Flint per tenere un comizio politico e approfondire quel discorso. Al repubblicano va dato il merito di non avere perso la calma dopo l’interruzione da parte del pastore della comunità nera: Trump ha infatti continuato il suo intervento rimarcando che il problema dell’acqua a Flint è riconducibile alle politiche fallimentari messe in atto dal governo, le quali, una volta eletto alla Casa Bianca, lui sarà grado di sistemare. Quando il suo discorso si avviava verso la conclusione, però, alcuni dei presenti hanno accusato Trump di avere discriminato più volte la popolazione nera. Tutto si riferisce ad un’inchiesta del New York Times per cui Donald Trump e il padre avrebbero negato di acquistare o di affittare i propri appartamenti alle persone di colore. Trump ha negato categoricamente queste accuse, ma l’episodio nella chiesa di Flint è emblematico delle difficoltà riscontrate dal tycoon nell’approcciarsi alla popolazione nera, un segmento elettorale dal quale, a detta dei sondaggi più recenti, Trump oggi otterrebbe meno del 5% dei voti. In un’intervista telefonica rilasciata alla trasmissione “Fox & Friends”, Trump ha ricostruito la sua visita alla chiesa nera in Michigan definendola un’esperienza interessante durante la quale ha ricevuto un trattamento incredibilmente buono, ma rispetto all’interruzione del pastore Green-Timmons ha detto che fin da quando lo ha introdotto sul palco aveva notato che era molto nervosa. A chi suggerisce che la donna volesse sabotarlo fin dal principio, Trump ha risposto dicendo che “ognuno gioca le sue partite” ma che la cosa che lo ha reso contento è che dalle tribune c’erano molti cittadini afroamericani che mentre la reverenda lo interrompeva dicevano “lascialo parlare, lascialo parlare”. E forse ha parlato fin troppo, Donald Trump. Se avesse imparato a tenere a freno la lingua nei momenti giusti, forse la sua corsa alla Casa Bianca sarebbe stata meno complicata. Se la sua indole da show-man non fosse venuta fuori nei momenti peggiori, i guai di Hillary avrebbero potuto anche schiacciarla. Se fosse stato un candidato normale, potrebbero replicare alcuni, Trump però non sarebbe arrivato fin qui. Obiezione corretta: ma lo scopo, ora che alle Elezioni Usa 2016 Trump c’è arrivato da candidato del partito Repubblicano, è cercare di vincere. E come puoi sperare di farlo, caro Donald, se ogni volta che la tua avversaria ha un problema, continui a spostare l’attenzione su di te? (Dario D’Angelo)