L’ennesima giravolta di queste Elezioni Usa 2016 si è consumata quando in Italia era la tarda serata di venerdì: Ted Cruz, ex avversario di Donald Trump nelle primarie del Partito Repubblicano, nonché nemico giurato del tycoon newyorchese, ha annunciato che l’8 novembre voterà per lui. L’annuncio è arrivato tramite un post pubblicato dal senatore texano sulla propria pagina Facebook (qui la sua dichiarazione), nel quale Cruz ha detto di essere giunto a questa decisione dopo mesi di attenta riflessione, di preghiera e di ricerca nella propria coscienza. Cruz ha spiegato la sua scelta con due argomenti: il primo è che durante le Primarie aveva detto che avrebbe supportato il candidato che avrebbe ottenuto la nomination repubblicana anche se questo non fosse stato lui, e ha dunque deciso di mantenere la promessa; il secondo motivo è che ogni proposta annunciata da Hillary Clinton è così “completamente inaccettabile” da spingerlo a dire #NeverHillary. Eppure sarebbero stati in pochi, fino a qualche giorno fa, a scommettere sul fatto che Ted Cruz avrebbe mai pronunciato in vita sua l’endorsement a favore di Trump. Del resto il texano era riuscito a non esporsi a favore del tycoon perfino nell’evento più seguito al mondo legato alle elezioni Usa fatta eccezione per i dibattiti e l’Election Day: la convention repubblicana di Cleveland, nella quale The Donald è diventato il candidato ufficiale del Gop alla Casa Bianca. All’epoca in tanti credevano che Cruz non si sarebbe neanche presentato sul palco, e l’annuncio della sua presenza aveva fatto pensare per alcune ore che il texano alla fine si fosse convinto per ragion di partito a votare Trump, invece andò diversamente. Cruz dopo un discorso molto tortuoso, senza mai nominare Trump, concluse il suo intervento dicendo agli elettori di non restare a casa a novembre e di “votare secondo coscienza”. Un modo per dire: limitatevi a votare repubblicano al Congresso, facciamo finta che il duello per Trump vs Clinton non esista, ci ripensiamo tra 4 anni. Ovviamente il pubblico che affollava l’arena di Cleveland la prese malissimo: per Cruz iniziarono a piovere fischi (e anche qualche sputo), con Trump che (geniale!) ad un punto fece capolino tra la folla mostrando il pollice in su e applaudendo all’indirizzo del pubblico, quasi a voler rassicurare tutti:”Tranquilli, ci sono qui io”. Da allora sono trascorsi due mesi e verrebbe da chiedersi cos’è cambiato per portare Cruz ad una scelta simile. Probabilmente nulla, i due non si sono mai amati e non si amano adesso. Per intenderci, non li vedremo mai a braccetto uno accanto all’altro in questa campagna elettorale. A spingere Cruz a compiere quella che non fatichiamo a definire una scelta dettata da “opportunità politica” è stata la consapevolezza che un mancato sostegno a Trump avrebbe significato rinunciare definitivamente alle proprie ambizioni anche in vista di una prossimo giro di giostra nelle presidenziali del 2020. Se anche Trump avesse perso le elezioni, qualunque candidato alle primarie opposto a Cruz avrebbe potuto contestare al texano di aver messo i propri interessi dinanzi a quelli del partito in queste Elezioni Usa 2016. E proprio il presidente dei Repubblicani, Reince Priebus, in un intervento alla CBS di qualche giorno fa, aveva fatto intendere molto chiaramente che i concorrenti delle Primarie che ancora non si erano pronunciati a sostegno di Trump, da Ted Cruz fino a John Kasich e Jeb Bush, avrebbero dovuto considerare l’idea di salire sul carro del tycoon adesso, soprattutto se avevano intenzione di ripresentarsi per la corsa alla Casa Bianca del 2020 o del 2024. Priebus aveva aggiunto che allo studio del Partito vi era anche la possibilità di infliggere delle “penalità” a quei politici che avevano peccato di poca lealtà nei confronti dei Repubblicani, ancora di più visto che erano stati loro stessi a dire che avrebbero votato per il nominato del Gop, chiunque egli fosse. Non può esserci altra spiegazione alla giravolta di Cruz, anche considerando l’atteggiamento tenuto da Trump nei confronti del rivale. Qualche esempio? The Donald gli ha affibbiato il soprannome di “Ted il Bugiardo”; ha attaccato la moglie Heidi mettendo in risalto la differenza in termini estetici con la sua Melania, pubblicando su Twitter un parallelo “ingeneroso” per la consorte del senatore texano (clicca qui per vederlo) e ha persino insinuato che il padre di Cruz fosse implicato nell’omicidio di Kennedy. Cruz non è stato a guardare: lo ha chiamato codardo, bugiardo patologico e gli ha riservato molte altre “gentilezze”, ma tutto ciò non è stato abbastanza da impedirgli di cambiare idea a meno di 50 giorni dal voto. Vediamo dunque di tirare le conclusioni: cosa comporterà l’endorsement di Cruz per Trump? A livello elettorale è difficile che sposti molto: lo stato di provenienza di Cruz è il Texas, che a detta dei sondaggi è già saldamente in mano ai repubblicani. Un altro segmento molto fedele a Cruz è quello degli elettori di fede evangelica, essendo il texano stesso appartenente a questa comunità, ma non è molto credibile che basti una sua dichiarazione a mobilitare milioni di persone per un candidato che fino a poche settimane prima veniva indicato come il nemico giurato da osteggiare a tutti i costi. Nel suo annuncio su Facebook, Cruz ha indicato i sei argomenti politici che lo hanno convinto a schierarsi per Trump e contro Clinton: dalla Corte Suprema all’Obamacare, dall’energia all’immigrazione, dalla sicurezza nazionale alla libertà sul web. Sei temi che, a detta di Cruz, con le politiche di sinistra adottate da Clinton porterebbero la nazione allo sbando. Il senatore texano ha concluso dicendo che Trump è l’unico ostacolo rimasto sulla strada di Clinton prima dell’approdo alla Casa Bianca e dunque chi non vuole che la democratica diventi Presidente farebbe bene a votare per lui. Alcuni potrebbero notare nelle sue parole l’ennesimo colpo basso nei confronti di Trump, ma non è la forma che oggi conta: Ted Cruz ha detto ai repubblicani di votare per il magnate newyorchese. I suoi stessi sostenitori faticano a crederlo e sui social c’è già chi annuncia il proprio rifiuto ad appoggiare Trump al netto dell’endorsement. Solo in futuro sapremo se la mossa di Cruz si rivelerà un autogol o un’abile strategia. Nel frattempo vi è una sola certezza: Ted Cruz, messo spalle al muro, ha dovuto cedere, Donald Trump ha costretto all’umiliazione il primo dei suoi nemici interni. Son soddisfazioni…(Dario D’Angelo)