E’ considerata l’unita più temuta in Libia, in grado di far vacillare le fila dell’ISIS: è la Brigata 166 di Misurata ed al comando sono posti tutti i soldati più longevi della rivoluzione. Il nome lo si deve alla città libica che si affaccia sul golfo della Sirte e che è considerata la terza sia in importanza che per numero di cittadini. Sono infatti 400 mila i residenti, ma il nome ha assunto negli anni anche un simbolo che parla di resistenza. All’inizio si trattava di Gheddafi, ma ora il volto è diverso e sono molte le cose ad essere cambiate in appena 4 anni. Oggi infatti Sirte è una roccaforte dello Stato Islamico, molto lontana dall’immagine di potere che le aveva donato il Colonnello e dove trascorse i suoi ultimi giorni. Tv Sette ce ne parlerà a partire dalle 23:45 di oggi, venerdì 30 settembre 2016, su Rai 1, tramite il servizio Fino all’ultimo respiro. Tutto parte il 9 febbraio di quattro anni fa, racconta Occhidellaguerra.it, il giorno in cui il Califfato si spinge fino a Derna ed infine entra a Sirte, prendendo possesso dei principali centri nevralgici: dall’università al centro congressi di Ougadougou, fino alla radio e molto altro ancora. Appena sei giorni dopo, tramite un video, lo Stato Islamico uccide 21 egiziani cristiani copti. E’ qui che entra in gioco la Brigata 166 di Misurata, quando ancora il resto del mondo è indeciso sul da farsi. Il gruppo ha infatti già ricevuto l’ordine di attaccare e così avviene, appena a metà marzo, fra Sirte e Nawfilya. Uomini forti e determinati, a stretto contatto con l’orrore e le tragedie di tutti i giorni. Come quel giorno, riferisce il combattente Mohammed, in cui uccise un jihadista a colpi ddi kalashnikov e che fu il primo di 19 morti.