Centomila euro raccolti grazie all’iniziativa dell’associazione Aiuto alla chiesa che soffre, e mai nome è stato più realista e veritiero di questo. La chiesa soffre in molte parti del mondo, ma in Siria e in Iraq si è assistito in questi ultimi anni a un vero e autentico tentativo diabolico di spazzarla via, profanandola. Tanti gli edifici religiosi, anche conventi, dove la furia bestiale degli islamisti si è abbattuta non solo uccidendo le persone o facendole fuggire via, ma distruggendo i simboli sacri del cristianesimo: le croci, le statue della Madonna, le antiche mura che hanno visto proprio in queste terre nascere il cristianesimo. Con i soldi raccolti è stato allora possibile riestaurare la chiesa di San Giorgio a Tellskuf nella piana di Ninive in Iraq. In questa piccola cittadina il 33% dei cristiani che vi vivevano fino all’agosto 2014 è potuta rientrare nelle proprie case, mentre è il 67% del totale è quello che vi è ritornato. Un anno fa qua era tutto abbandonato, distrutto.
Nella chiesa di San Giorgio una statua della Vergine era stata decapitata. «Un messaggio di speranza e di vittoria. Il Daesh voleva cancellare la presenza cristiana e invece i jihadisti se ne sono andati, mentre noi siamo tornati» ha commentato monsignor Bashar Matti Warda aggiungendo che la riapertura della chiesa incentiverà gli altri cristiani a tornare. E vista la profanazione l’edificio è stato di nuovo consacrato: «Grazie per aver reso possibile questa vittoria del ritorno! La riapertura della nostra chiesa è un potente simbolo e rafforza la nostra determinazione a ricostruire i nostri villaggi. Grazie a voi possiamo lodare Dio che ha preservato la presenza cristiana in questa terra» ha detto ancora il vescovo. Aiuto alla Chiesa che soffre non ha fatto solo questo. Dall’estate del 2014 ha finanziato progetti per 36 milioni di euro e quindi ha dato vita al Comitato per la ricostruzione che ha messo insieme i pastori delle tre chiese irachene, con un progetto ambizioso di ben 250 milioni di euro. Prima dell’arrivo dei terroristi nella piana di Ninive vivevano 1450 famiglie a Telskuf, 110 a Bakofa, 950 a Batnaya, più di 700 a Telkef e 875 a Karemles. La lista degli edifici religiosi distrutti in parte o del tutto vede 34 chiese, 6 cappelle, 15 conventi, 3 monasteri, 6 santuari, 10 rettorie, 2 residenze vescovili, 9 uffici parrocchiali, 1 seminario, 6 centri per la catechesi.