La concezione della morte e dei riti a essa collegati hanno subito nei secoli diversi cambiamenti. Se oggi si tende semplicemente a nasconderla, a censurarla (tranne quando si è in possesso di qualche foto da spalmare per bene in prima pagina dei giornali per attirare lettori o click sui siti) perché terrorizza l’uomo moderno che non crede più ad alcun tipo di al di là, in passato essa era vissuta in modo sereno. I bambini stessi erano tenuti a contatto con il defunto, in modo che capissero sin da subito che la vita è fatta così, è destinata a finire. Ancora alla fine dell’ottocento e ai primi del novecento nei paesi occidentali c’era una usanza che oggi sembra pazzesca: quando moriva un bambino, lo si vestiva con il vestitino migliore, lo si metteva seduto o appoggiato da qualche parte con i suoi giochi, con gli occhi ben aperti, e lo si fotografava come quando era stato in vita. Per non parlare delle grandi cripte tutt’ora esistenti in città come Palermo o Milano, adornate da centinaia di ossa dei morti, oppure con i cadaveri mummificati dei frati. “Memento mori” ricordati che devi morire.
Oggi tutto questo è scomparso, la morte fa paura e ci si inventa il congelamento dei cadaveri sotto zero sperando che un giorno la medicina possa resuscitarli. In Indonesia esiste una tradizione che a noi occidentali può sembrare folle e terrorizzante, ma la dice lunga di come queste popolazioni vivono la morte. Si tratta dei Toraja, uno dei gruppi etnici indonesiani dalle tradizioni più antiche ancora rispettate, che una volta ogni tre anni tirano fuori dalle tombe i loro defunti e li vestono con i loro abiti migliori. Si tratta di cadaveri che, anche se mantenuti in formaldeide, ovviamente ogni anno subiscono una decadenza fisica sempre maggiore, dunque in condizioni anche pietose, ma non fa differenza. Vengono lavati, ripuliti e messi in mezzo alla famiglia anche con una bella sigaretta in bocca e si scatta una foto ricordo. Alcuni si fanno anche dei simpatici selfie con il cadavere. I Toraja credono che lo spirito dei morti debba tornare nel villaggio di origine quindi il corpo va mantenuto il più vicino possibile. Il Ma’nene, così si chiama, è una autentica festa gioiosa che serve anche da benedizione per il raccolto. I funerali sono anch’essi importantissimi: durano più di una settimana nel corso della quale il defunto viene tenuto a casa in una bara scoperta e gli si porta ogni giorno del cibo e tutta la famiglia anche i bambini gli fanno compagnia. prendendosene cura non come fosse un morot, ma semplicemente ammalato.