La questione palestinese sta tornando alla ribalta, ma al centro dell’attenzione vi sono ora i conflitti interni ai palestinesi e il ruolo giocato da alcuni Stati arabi. Il conflitto tra Hamas e al Fatah risale alla guerra civile del 2007, che portò all’estromissione di al Fatah dalla Striscia di Gaza. Da allora Gaza è rimasta sotto il fermo controllo di Hamas, refrattaria a ogni accordo con Israele e a una politica comune con l’Autorità Palestinese di al Fatah che governa la Cisgiordania. Il blocco pressoché totale attuato da Israele e sostenuto dall’Egitto di al Sisi, che accusa Hamas di appoggiare i jihadisti nel Sinai, ha ridotto Gaza e i suoi due milioni di abitanti sull’orlo dell’emergenza umanitaria. La situazione si è aggravata recentemente con nuove sanzioni messe in atto da Israele su richiesta del presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas (Abu Mazen).
Il declino del consenso verso Hamas sta portando la sua nuova dirigenza a significativi cambiamenti di posizione, a partire dall’accettazione dei confini del 1967 con la rinuncia alla “cancellazione” dello Stato di Israele. Sono inoltre ripresi i rapporti con l’Egitto, con un primo risultato importante dato dalla riapertura del valico di Rafah tra Gaza e Sinai e dalla prossima creazione di un’area di libero scambio al confine tra i due Stati. L’Egitto ha in più deciso di vendere carburante a Gaza, annullando così in parte le sanzioni volute da Abbas e dando un insperato aiuto alle precarie finanze di Hamas. Anche gli Emirati Arabi Uniti stanno fornendo aiuto economico alla Striscia e ciò inserisce la questione di Gaza nella lotta in corso tra gli Stati del Golfo. Hamas è una derivazione della Fratellanza musulmana, sostenuta da Qatar e Turchia, ma avversata dal regime militare egiziano, dagli Emirati e dall’Arabia Saudita. Cioè dai promotori del recente blocco contro il Qatar, accusato di finanziare movimenti terroristici, nei quali sono compresi Fratelli musulmani e Hamas, e di collaborare con l’Iran. Evidente il tentativo di sottrarre Gaza e Hamas al protettorato qatariota e di allontanare anche l’influenza turca.
Secondo Al Monitor, le brigate Izz ad-Din al-Qassam, braccio militare di Hamas, avrebbero presentato alla dirigenza politica dell’organizzazione un piano che prevede la militarizzazione della Striscia. La sua approvazione porterebbe a neutralizzare di fatto il braccio politico di Hamas, ritenuto incapace di affrontare in modo soddisfacente la grave situazione di Gaza. La conseguenza sarebbe la ripresa della guerra a tutto campo contro Israele, salvo che quest’ultimo, per evitare un disastroso conflitto, accettasse di allentare significativamente il blocco alla Striscia. In questa seconda auspicabile ipotesi, potrebbero riprendere le trattative tra Israele e Hamas, con la possibile intermediazione dell’Egitto.
Anche i recenti sviluppi nel conflitto tra Hamas e al Fatah potrebbero portare a importanti cambiamenti. Al centro della ripresa dei rapporti con l’Egitto vi è una discussa figura, Mohammed Dahlan, capo dei servizi di sicurezza sotto Yasser Arafat negli anni 90. Secondo Al Jazeera, Dahlan represse allora in modo brutale Hamas e altri movimenti islamisti e fu il suo tentativo di rovesciare il governo eletto di Hamas a provocare nel 2007 la guerra contro Fatah e la sua espulsione da Gaza. Entrato in conflitto anche con Abbas, Dahlan fu espulso nel 2011 dai Territori e si rifugiò ad Abu Dhabi, dove tuttora risiede. Il fatto che Hamas accetti Dahlan come intermediario suona come una prova della crisi che sta attraversando.
Se, pur con tutte le cautele del caso, l’apparente evoluzione di Hamas può portare a risultati positivi, appare più pericolosa la crisi all’interno di al Fatah. Per Abbas, già in forte perdita di popolarità, il ritorno del suo storico avversario costituisce una temibile minaccia, anche se Dahlan non è certo privo di avversari all’interno di al Fatah. Sembra perciò ancora lontana la possibilità di una riunificazione delle varie anime del movimento palestinese. Interessante a tal proposito un commento apparso sull’israeliano Haaretz, che definisce non vantaggioso per Israele un cambio della guardia ai vertici di al Fatah. Secondo il quotidiano, Abbas sarebbe molto più “trattabile” di Dahlan, e per questo è criticato da molti palestinesi.
Comunque, gli unici che possono trarre vantaggio da questa complicata crisi è, sia tra i palestinesi che tra gli israeliani, chi si oppone a una definitiva e pacifica soluzione della questione palestinese.