L’Huffington Post la chiama “vendetta di Khashoggi”, noi la prendiamo in prestito perché rende bene l’idea anche se il caso resta di una serietà e drammaticità incredibile visto che ad oggi ancora non si ha traccia del giornalista anti-regime saudita. Oggi la Borsa di Riad crolla sotto il 5%, cancellati di fatto tutti i guadagni acquisti nel 2018: un’autentico default che di certo non mette a rischio le semi-infinite risorse economiche dell’Arabia ma che assesta un colpo anche di immagine pesante per Riad che continua a difendersi dalle accuse di Usa, Uk e Turchia ma che rischia forte anche su eventuali sanzioni punitive. Il principe ereditario MdS deve fare i conti con aziende e media occidentali che hanno appoggiato le sue riforme anti-radicalismo ma che oggi sono fortemente preoccupati per ciò che sta emergendo sul caso-Khashoggi. (agg. di Niccolò Magnani)
ARABIA SAUDITA VS USA-UK: “RAPPRESAGLIE IN CASO DI SANZIONI”
La replica è di quelle forti, veementi e con ben poca “diplomazia” esercitata dopo le tante accuse ricevute in questi giorni per il rapimento/uccisione/sparizione del giornalista saudita: il Governo di Riad ha rispedito al mittente tutte le minacce di sanzioni giunte dopo l’esplosione del caso Khashoggi, «Il regno annuncia che respinge totalmente qualsiasi minaccia o tentativo di indebolirlo, sia attraverso minacce di imporre sanzioni economiche sia attraverso l’uso di pressioni politiche» spiega un alto funzionario (rimasto anonimo) all’agenzia Spa. Ieri Trump aveva sentenziato «severa punizione» sull’Arabia Saudita qualora fosse accertato il delitto di Khashoggi nel consolato in Turchia. Intanto nell’editoriale scritto oggi sul NYT, la fidanzata Hatice Cengiz rilancia «l mio fidanzato, Jamal Khashoggi, era un patriota. Rifiutava la definizione di dissidente: ‘Sono solo un giornalista indipendente che usa la penna per il bene del suo paese”».
USA E GB VERSO IL ‘NO’ ALLA “DAVOS NEL DESERTO”
Il Davos nel deserto, summit della finanza e dell’economia Usa, potrebbe vedere la non partecipazione di Stati Uniti e Gran Bretagna. Stando a quanto riferito dalla Bbc in queste ultime ore, le due big della finanza mondiale starebbero pensando di boicottare l’evento a seguito dell’uccisione del giornalista saudita Jamal Kashoggi, avvenuta 12 giorni fa presso il consolato dell’Arabia ad Istanbul. Il motivo è semplice: il Davos nel deserto si terrà a Riad, capitale dell’Arabia Saudita, e di conseguenza si tratterebbe di una forma di protesta, alla luce anche delle recenti dichiarazioni del presidente Trump che aveva promesso una “punizione severa” se dietro alla scomparsa del giornalista vi fossero stati appunto i sauditi. Fonti diplomatiche riferiscono alla Bbc che Steve Mnuchin, segretario al testoro Usa, e Liam Fox, segretario al Commercio internazionale del Regno Unito, potrebbero quindi non presenziare all’evento patrocinato dal principe ereditario, Mohamed bin Salman. Khashoggi, secondo i turchi, è stato ucciso dai sauditi all’interno del loro consolato, e vi sarebbero prove audio e video che confermerebbero appunto le accuse: il dissidente sarebbe stato picchiato, quindi ucciso, e poi il suo corpo fatto a pezzi con una motosega e impacchettato in un minivan. Riad respinge al mittente ogni accusa, parlando di menzogne. Diversi sponsor e media hanno già deciso di boicottare la Davos, ed ora anche Usa e Inghilterra starebbero pensando di dare forfeit. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
LA REGISTRAZIONE CON APPLE WATCH
Jamal Khashoggi, il giornalista ucciso all’interno del consolato saudita ad Istanbul, avrebbe registrato con il suo Apple Watch i momenti del suo sequestro, dell’interrogatorio, della tortura subita e della sua successiva uccisione. A riportarlo è il quotidiano turco Sabah, secondo cui i 15 uomini del commando, una volta accortisi del trasferimento dei file sul Cloud del giornalista, avrebbero provveduto ad eliminarne una parte sfruttando l’impronta digitale di Khashoggi. A questa ricostruzione non crede però Iyahd el Baghdadi, attivista arabo e amico della vittima, che su Twitter ha scritto:”Questa ricostruzione lascia perplessi. Si può pensare che i turchi stiano cercando un modo per giustificare il fatto di essere in possesso di registrazioni degli ultimi momenti di vita di Jamal”. (agg. di Dario D’Angelo)
JAMAL KHASHOGGI, GIORNALISTA SAUDITA UCCISO IN CONSOLATO TURCHIA
Continua a tenere banco il caso internazionale riguardante l’uccisione del giornalista Jamal Khashoggi, nato in Arabia Saudita ma in auto-esilio negli Stati Uniti. E’ stato ucciso all’interno del consolato saudita di Istanbul, edificio in cui lo stesso è entrato ma da cui non è mai uscito, per lo meno in vita. Nella giornata di ieri il quotidiano Washington Post ha scosso la cronaca, spiegando che gli inquirenti turchi sono in possesso di registrazioni audio e video che proverebbero con certezza l’omicidio di Khashoggi all’interno dello stesso consolato di cui sopra. Delle telecamere nascoste sarebbero state piazzate proprio dove è avvenuto l’interrogatorio del giornalista dissidente e dove lo stesso è poi morto.
“SI PUO’ SENTIRE LA SUA VOCE”
«Si può sentire la sua voce – riferisce una fonte, rimasta ovviamente anonima, al giornale – si può sentire come è stato interrogato, torturato e ucciso». La traccia audio proverebbe in particolare quanto accaduto, visto che si sentirebbero le parole del giornalista saudita, quindi i lamenti dello stesso mentre veniva picchiato e poi ucciso. Ovviamente i sauditi rimandano al mittente ogni accusa, e parlano di “menzogne”, aggiungendo che “noi non c’entriamo”. La cosa certa è che le indagini sembrano ormai vicine ad un punto di svolta, proprio grazie a tali importanti prove in possesso dei turchi, che fin dalle prime ore successive alla morte di Khasoggi avevano puntato il dito contro il nemico saudita.