Se prima erano in migliaia a fuggire dal Venezuela, ora sono milioni coloro che fuggono da violenza e indigenza. Il flusso si è subito concentrato in Colombia, dove la Chiesa assiste ogni giorno circa 5mila migranti. Lo ha annunciato martedì il presidente della Conferenza episcopale del paese: «Serviamo loro acqua e cibo, in alcuni casi diamo loro medicine, vestiti e prodotti per l’igiene personale – ha dichiarato l’arcivescovo Oscar Urbina Ortega – La Chiesa ci riesce con il sostegno delle imprese e delle organizzazioni locali, nazionale e internazionali». Inizialmente i venezuelani attraversavano la frontiera per procurarsi generi di prima necessità, poi hanno cominciato a restare o a intraprendere un lungo viaggio verso il Cile. Le rotte sono diverse, tutte disperate. La Chiesa è ormai all’opera da mesi, come ha raccontato Fernando Lopez, direttore del Servizio gesuita ai rifugiati, dall’Ecuador: «Abbiamo iniziato a rafforzare la nostra rete tra ordini e congregazioni religiose. Questo lavoro ci ha permesso di affrontare in questi mesi lìemergenza umanitaria».
CHIESA IN PRIMA LINEA PER UNA “ACCOGLIENZA DIGNITOSA”
Il Venezuela è attraversato da una crisi economica che dal 2014 ha causato l’emigrazione di 2,3 milioni di persone. Da quando Nicolas Maduro è succeduto a Hugo Chavez come presidente nel 2013, il Paese è segnato da violenze e sconvolgimenti sociali. Cattive politiche economiche, tra cui un rigoroso controllo dei prezzi, insieme a tassi di inflazione elevati, hanno piegato la popolazione. La Chiesa dal canto suo in Sud America si sta occupando di organizzare un’accoglienza dignitosa per i venezuelani che fuggono dal proprio paese. «Si tratta di un grande insieme di istituzioni e servizi, che offrono assistenza legale, il cibo, rifugio, protezione, assistenza nella documentazione, assistenza a donne e bambini», ha spiegato suor Rosita Milesi, direttrice della Congregazione scalabriniana in Brasile e dell’Istituto migrazioni e diritti umani. Ma la Chiesa non si sta occupando solo di assistenza ai migranti venezuelani. «Continuerà a far sentire la propria voce, facendo sapere che bisogna fare molto di più», ha affermato l’arcivescovo Oscar Urbina Ortega. Inoltre, bisogna impegnarsi per «fornire loro aiuto e incoraggiarsi a proseguire nella lotta quotidiana per ricostruire il tessuto sociale del loro paese».