GUERRA IN SIRIA/ Ghouta, l’enclave dove i “ribelli” sparano ai civili che vogliono andarsene

- Patrizio Ricci

I miliziani jihadisti che controllano l'enclave di Ghouta impediscono agli abitanti di lasciare l'area per usarli come scudi. La storia di Hamza e Fatima. PATRIZIO RICCI

siria_guerra_12_lapresse_2018 In Siria (LaPresse)

L’aviazione siriana continua a lanciare volantini sul territorio di Ghouta Est per indicare ai civili un percorso sicuro nella zona di Harasta. Il corridoio può essere utilizzato durante le cinque ore di cessate il fuoco giornaliere (9-14) stabilite dalla Russia per lasciare indenni l’area dei combattimenti. Tuttavia, la prospettiva che lo svuotamento dell’area faciliti i bombardamenti e quindi l’esito del conflitto è apertamente osteggiata dalle milizie jihadiste. Il rappresentante dell’opposizione siriana Riad Nassan Agha, ha detto chiaramente alla tv al Arabia che a nessun civile sarà permesso di uscire dall’enclave. Le sue parole rispecchiano il contenuto del comunicato diffuso dal governo ad interim di Ghouta Est visibile sulla pagina Facebook pro-ribelli “Ghouta Live” in cui si legge: “Rifiutiamo la tregua, la decisione russa con l’obiettivo di spostare le persone di Ghouta (…) dobbiamo tenere la gente di Ghouta nella loro terra”. Per questo, i miliziani jihadisti hanno piazzato posti di blocco e cecchini che sparano contro i civili che vogliono fuggire all’esterno dell’enclave. 

E’ questa la ragione per cui — a distanza di tre giorni dell’apertura del corridoio umanitario — al checkpoint governativo si è presentata solo una coppia pachistana ivi residente da 30 anni, forse aiutata dalla diplomazia pakistana che ha trattato con i jihadisti. Successivamente (venerdì), due bambini con i loro genitori hanno intrapreso la lunga camminata per raggiungere la zona governativa designata. Secondo quanto riferiscono fonti religiose, il “Centro russo per la riconciliazione” e quanto testimonia un video inequivocabile, i miliziani antigovernativi hanno sparato e solo i bambini sono riusciti rocambolescamente a portare a termine la loro fuga. Una volta arrivati al primo posto di controllo dell’esercito siriano, i due, Hamza e Fatima — un fratellino ed una sorellina — sono stati accolti e portati in ospedale per essere visitati e supportati psicologicamente, perché non sapevano della morte dei genitori.

Questo non è l’unico episodio in cui civili sono stati presi di mira per impedirne la fuga: secondo quanto riferito dal giornalista di nazionalità siriana Naman Tarcha, tre civili di Duma (il maggior centro abitato dell’enclave) che tentavano la fuga, sarebbero stati uccisi dai miliziani per bloccarli. Questo episodio ha innescato violenti scontri di protesta tra l’esasperata popolazione ed i militanti jihadisti. L’episodio è stato successivamente confermato dal generale russo Vladimir Zolotukhin durante il consueto briefing del ministero della Difesa ai giornalisti: “Abbiamo ricevuto segnalazioni sulla difficile situazione umanitaria [nel Ghouta orientale], sulla mancanza di cibo e medicine, nonché su numerose denunce di persecuzioni da parte di militanti”, ed ha aggiunto che tutto ciò “causa crescente malcontento” tra la gente del posto e persino “scoppi di protesta”. Tant’è che “vi sono informazioni che alcuni attivisti civili stanno formando piccoli gruppi armati, progettando di rompere il blocco dei militanti e raggiungere le aree controllate dal governo”. 

La dichiarazione di proibire ai civili di lasciare l’area dei combattimenti confligge evidentemente con i report delle agenzie umanitarie che denunciano il governo accusandolo di disumanità per i bombardamenti e disegnano i “ribelli” come agnelli sacrificali. In definitiva, i vari avvenimenti che si inanellano intorno a Damasco dimostrano che i vari attori internazionali — che agiscono contro la Siria e nello stesso tempo si dicono difensori dei diritti civili e della popolazione — stanno giocando sporco a tutto campo. 





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