BREXIT/ La debolezza dei conservatori apre la porta al sogno del “remain”

- La Redazione

Theresa May vuole una Brexit troppo condizionata al volere dell'Ue, dicono i suoi oppositori. I conservatori, divisi come sono, rischiano di rilanciare il "remain". FRANCESCO MOSCONE

boris_johnson_1_lapresse_2018 Boris Johnson (LaPresse)

LONDRA — Sono rimasti in quattro e il Mondiale è diventato un Europeo. Francia, Belgio, Inghilterra, Croazia fotografano il dominio mondiale, almeno per quanto riguarda il calcio, del Vecchio continente. Alcuni bookmaker britannici danno i Bleus e i Tre Leoni favoriti sugli avversari. Va considerato tuttavia che il Belgio deve vincere contro i suoi cugini per dimostrare loro che non sono un Paese “immaginario”, novanta minuti per cancellare una vita di barzellette feroci sui cugini “inesistenti”, come raccontato sul Corriere della Sera da Aldo Cazzullo, e tacitare la letteratura satirica di Charles Baudelaire sulle “scimmie che imitano i francesi”. Dall’altra parte oggi l’Inghilterra deve vincere contro la Croazia e alzare la coppa in modo che i conservatori possano ancora fare credere a milioni di elettori che con la Brexit si conquisterà il mondo.

Quindi la finale sarà, smentendo i bookmaker, Belgio-Inghilterra, o se volete Bruxelles-Londra, la signora May contro il signor Juncker, per essere più chiari il ritorno dell’impero britannico contro il sogno di un’Europa più forte. Sarà la partita più lunga della storia con il fischio finale venerdì 29 marzo 2019, alle ore 23, data dell’uscita della Gran Bretagna dall’Ue (Brexit). 

Qualche giorno fa il governo britannico ha approvato una nuova proposta per la Brexit che consiste in una “area di libero scambio” fra Gran Bretagna e Unione Europea, che dovrebbe selettivamente (cherry picking) mantenere aperta la frontiera fra le due Irlande, controllare i flussi migratori e stringere accordi commerciali con altri paesi. Da Bruxelles hanno subito bollato la proposta come “voler la botte piena e la moglie ubriaca”. Ma il dramma cui stiamo assistendo in questi giorni è che questa proposta più conciliante nei confronti di Bruxelles non va giù ai più convinti dei brexiteer. Lo si capisce subito dalle dimissioni del ministro per la Brexit David Davis insieme al suo vice, e qualche ora dopo, da quelle del ministro degli Esteri Boris Johnson, che nella sua lettera di dimissioni accusa il Primo ministro di voler traghettare il Regno Unito verso una “semi-Brexit” con “status di colonia”. 

La partita contro l’Europa sembra essere persa prima ancora che abbia inizio.  In queste ore di alta tensione, la May fa il primo cambio: Dominic Raab entra al posto di Davis come ministro per la Brexit e, come secondo cambio, Jeremy Hunt (attualmente ministro della Sanità) passa agli Esteri sostituendo Boris Johnson. Non è chiaro se questo rimpasto  riuscirà a contrastare quello che si presenta come l’attacco da parte di Johnson a Theresa May per la leadership del partito e del governo. Le ultime dichiarazioni del Primo ministro britannico, dopo aver twittato l’immagine del suo nuovo governo, sono un richiamo per tutti i conservatori all’unità che si fonda sulla nuova “responsabile e credibile” proposta per la Brexit, o il rischio, come lo definisce lei in maniera molto anglosassone, è quello di uscire dall’Europa in maniera “disordinata”. 

Dietro questo appello all’unità, con molta probabilità — visti i nuovi sondaggi che indicano i laburisti in crescita di consensi — c’è l’interesse a non andare a nuove elezioni. La partita per Londra si sta mettendo molto male. Un governo che non ha la maggioranza assoluta, se non con una coalizione risicata, che deve preoccuparsi di una faida interna per la leadership appena iniziata, con sondaggi che indicano comunque il laburismo radicale di Corbyn in crescita di consensi, come può negoziare qualsiasi deal Brexit con l’Europa? L’unica finale che mi piacerebbe vedere, oltre a quella calcistica, sarebbe un secondo referendum, con la vittoria dei remain, e un’Europa più forte insieme al Regno Unito. 







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