Il Regno Unito guarda al Canada per risolvere i suoi problemi con l’Europa. Sembra un paradosso, ma la situazione è forse meno (giusto un po’) ingarbugliata di quel che potrebbe sembrare. Come riportato da La Repubblica, il ministro degli Esteri Jeremy Hunt stamattina ha infatti dichiarato che non è escluso un accordo di libero scambio con la Ue sul “modello del Canada”. Questa intesa garantirebbe un commercio senza dazi ma in forma assai minore rispetto alle norme del mercato comune, al quale May ha tentato fino al Consiglio Europeo di Salisburgo di allinearsi ma senza condividerne i doveri, a partire dalla libertà di immigrazione, beccandosi un sonoro diniego dai suoi colleghi europei. La svolta, però, potrebbe essere rappresentata dal fatto che a condividere la posizione di Hunt – secondo indiscrezioni – è anche il ministro dell’Interno, Sajid Javid. I due moderati fino ad oggi hanno sempre sostenuto Theresa May ma adesso sembrano pronti ad abbracciare la linea di Boris Johnson, che spinge per staccare la Gran Bretagna dall’Europa in maniera definitiva. L’Ue dal canto suo sarebbe propensa ad accettare, avendo proposto fin dall’inizio – come riporta Repubblica – due alternative chiare, “o un “modello Norvegia” (fuori dalla Ue ma dentro il mercato comune) o appunto il “modello Canada” (libero scambio per le merci ma non per i servizi), mentre Downing Street finora insisteva su una via di mezzo”. Certo il percorso è ancora pieno di ostacoli: il primo? Il nodo Irlanda, che Canada o no, resterebbe irrisolto. (agg. di Dario D’Angelo)
IL NODO IRLANDA
Tra i tanti problemi che Theresa May sta incontrando per definire l’accordo che porterà la Gran Bretagna fuori dell’Unione europea, c’è quello forse più delicato di tutti, il confine tra la Repubblica d’Irlanda e l’Irlanda del Nord. Un confine che Londra vorrebbe tenere “aperto” come è stato fino ad adesso, cioè quando entrambi i paesi erano membri dell’Unione europea, ma che la Brexit inevitabilmente deve far chiudere. E’ qui che la May non ha intenzione di cedere, a fronte di Bruxelles che vorrebbe tenere aperta l’unione doganale, mentre Belfast ha chiesto di staccarsi dalla Ue con il referendum. E la May non ha intenzione di stravolgere, ha detto, i risultati del referendum stesso. Ovviamente critico il leader laburista Corbyn: “La strategia negoziale di Theresa May è un disastro. I Tory hanno passato più tempo litigando fra loro che negoziando con l’Unione europea. Dal primo giorno, la prima ministra è parsa incapace di portare a un buon accorso sulla Brexit per il Regno Unito. I giochi politici sia dell’Ue sia del nostro governo devono finire, perché il no deal non è un’opzione”. (Agg. Paolo Vites)
HARD BREXIT
Sono i giorni probabilmente più difficili dall’inizio del mandato da premier del Regno Unito per Theresa May. L’imboscata tesagli dai colleghi europei a Salisburgo sul “piano Chequers” per la Brexit ha minato la sua credibilità all’estero ma soprattutto in patria, con i Tories – da Boris Johnson in giù – sempre più decisi a “farle la festa”. Ma paradossalmente sono proprio le difficoltà nel trovare un accordo con l’Ue sulla Brexit a rendere complicato l’assalto alla leadership della May. Come riportato da La Repubblica, nel caso in cui Theresa May riuscisse a raggiungere un accordo con l’Ue (così da non sconfessare la sua linea) i Conservatori potrebbero decidere di impallinarlo in Parlamento: la premier si vedrebbe dunque costretta a portare il Regno Unito fuori dall’Europa con un “no deal”, nessun accordo. Da questa decisione, però, potrebbe scaturire un ribaltone per gli stessi Tories pro-Brexit: ovvero la richiesta di un nuovo referendum proprio ad opera della May. Con che domanda? La seguente: “Volete l’accordo May o la situazione precedente, cioè restare in Europa?”. Ma non è questa l’unica ipotesi che prevede l’ipotesi di un secondo referendum. Sì perché di fronte ad una “hard Brexit”, potrebbe venirsi a formare una maggioranza parlamentare trasversale composta da laburisti e conservatori anti-Brexit. E a qual punto la domanda del referendum sarebbe:”Volete uscire senza accordo o restare nella Ue?”. (agg. di Dario D’Angelo)
L’IPOTESI NO DEAL
E’ caos in Gran Bretagna dopo che la missione della Premier Theresa May nell’UE è fallita miseramente. Il primo ministro inglese cercava un accordo soddisfacente a Salisburgo che non è arrivato, e il tempo scorre, visto che a Gran Bretagna deve lasciare l’Europa entro il prossimo marzo. Peccato però che nessuno sappia come muoversi dalle parti di Londra, visto che, come ha riferito la stessa May, “Un brutto accordo sarebbe peggio di un non accordo”. Quindi cosa si fa? L’intesa, ora come ora, sembra davvero complicata da raggiungere, ma nel contempo, un nuovo referendum non sarebbe giusto nei confronti dei milioni di britannici che hanno già votato in favore dell’uscita. C’è poi chi parla di nuove elezioni, con la May che verrebbe fatta fuori per lasciare spazio ad un nuovo Premier, ma non vi sono i tempi tecnici, ed inoltre, chi si assumerebbe questa responsabilità? Insomma, a tutt’oggi non è ancora chiaro se da aprile la Gran Bretagna farà ancora parte o meno dell’Unione Europea. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
“VOGLIAMO RISPETTO DALL’UE”
E’ all’angolo Theresa May. La premier britannica non riesce a raggiungere un accordo soddisfacente con l’Unione Europea per l’uscita dalla stessa, e di conseguenza dovrà decidere cosa fare nell’immediato periodo: da una parte, un accordo negativo che non soddisferà gli inglesi, dall’altra, il rischio di rimanere nel gruppo degli stati membri, e anche in questo caso i cittadini britannici storceranno il naso dopo aver votato in favore della Brexit. Nel frattempo, monta la tensione interna, con Jeremy Corbyn, leader del partito dei laburisti, secondo cui il primo ministro inglese sarebbe «Incapace di portare a casa un buon accordo sulla Brexit – si legge sull’Huff Post -la sua strategia negoziale sulla Brexit si è rivelata un disastro. I Tories spendono più tempo a litigare fra loro che a negoziare con l’Ue. I giochi politici sia dell’Ue sia del governo (May) devono finire perchè un ‘no deal’ non è un’opzione». Nel contempo, i favorevoli alla Brexit soffiano sul collo della May affinché la stessa trovi un accordo con l’Unione per uscirne definitivamente. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
LA TRAPPOLA DI FRANCIA E GERMANIA
Quella della prima ministra Theresa May al Consiglio europeo in corso a Salisburgo sulla Brexit è stata definita da più parti come una sconfitta politica tanto cocente quanto inaspettata per l’inquilina di Downing Street. Erano in pochi infatti a credere che i colleghi europei della premier conservatrice avrebbero bocciato con toni così bruschi il suo “Chequers plan”, il suo piano per attuare l’uscita del Regno Unito dall’UE. Se il Guardian ha parlato apertamente di una “imboscata” nei confronti della May, sono comunque i maggiori giornali europei a concordare sul fatto che a tendere la trappola siano stati Emmanuel Macron e Angela Merkel. Secondo quanto riferito da Il Post, al Presidente della Repubblica francese e alla Cancelliera tedesca non sarebbero piaciuti “i toni del discorso tenuto da May mercoledì sera sempre a Salisburgo, durante il quale aveva attaccato il responsabile europeo dei negoziati per Brexit Michel Barnier”. La mossa di Macron, andato all’attacco della May, è da leggere dunque in chiave strategica ed è volta ad accrescere la pressione sulla prima ministra per rendere più complicate le negoziazioni. (agg. di Dario D’Angelo)
“MAY DAY” PER BREXIT
“May Day”: sì, lo sappiamo, ma non potevamo resistere al titolo del genere dopo una giornata del tutto inaspettata per la premier inglese Theresa May. Il fronte, manco a dirlo, è la Brexit e le infinte negoziazioni con l’Unione Europea dopo la vittoria del Leave al Referendum sull’uscita dall’Europa dello scorso giugno 2016. Qui trovate nel dettaglio tutto quanto successo, ma ora il fronte della crisi si apre non solo a Bruxelles bensì in casa propria, in quel Regno Unito che sempre meno “ama” la propria inquilina di Downing Street. «Theresa May umiliata dai leader Ue», è praticamente questo il sunto di tutti i quotidiani più autorevoli in Inghilterra che questa mattina riportano il pensiero dei “falchi” Tory dopo quanto avvenuto ieri durante il vertice di Salisburgo: a sorpresa i leader Ue hanno infatti bocciato il “Chequers plan”, il piano per attuare la Brexit proposto dalla leader Tory. Da Tusk fino a Macron e agli altri, «quella proposta non funziona e non va bene. C’è tempo fino a novembre per cambiarla» hanno sentenziato i leader europei, lasciando la premierà Uk nel pantano. Da Boris Johnson fino alla larga parte del partito conservatore, quanto ottenuto finora dalla May sul tema Brexit è ritenuto del tutto insoddisfacente e senza vantaggi per Londra. Come riporta Il Post, «L’uscita del Regno Unito avverrà ufficialmente il 29 marzo 2019, ma per ragioni tecniche un accordo dovrà essere trovato entro novembre: significa che stanno iniziando i “giorni decisivi”, quelli veri, e che May è in una posizione contrattuale molto svantaggiosa».
BREXIT: RESTA IL “NODO” IRLANDA
«Il discorso della premier britannica è stato interessante, non aggressivo, sta facendo il suo lavoro»: così ha spiegato il Presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, accompagnato anche dalle parole di Kurz «Lontano dai messaggi per i media, entrambe le parti si rendono conto che possono arrivare a una soluzione soltanto venendosi incontro a vicenda». Qualche passo avanti c’è, come ha spiegato lo stesso premier Conte anche sul fronte immigrazione, ma le distanze tra Regno Unito e Bruxelles restano ancora profonde specie sulla sostanza del “divorzio”: come spiega l’inviato di Repubblica, il problema principale resta il confine fra Irlanda del Nord britannica e repubblica d’Irlanda, «per tenerlo aperto, così rispettando gli accordi di pace fra cattolici e protestanti di vent’anni fa che misero fine alla guerra civile, Londra propone una soluzione “tecnologica” di controlli morbidi sulle merci in arrivo e in partenza dalla Ue, in modo da non ricreare una vera e propria frontiera». L’Unione Europea invece ritiene impossibile tutto ciò e chiede che la regione resti dentro le norme del mercato comunitario. Per ora la May rifiuta la proposta ma ha fatto sapere che a breve proporrà una nuova “ricetta” per il caso irlandese. Intanto però è sempre più “May Day”..