E’ una escalation, quella in corso a Tripoli, che minaccia la sicurezza non solo di tutto il Paese, ma anche del Mediterraneo. La motivazione ufficiosa dietro all’attacco sferrato dalla Settima Brigata, corpo d’élite sopravvissuto alla caduta di Gheddafi, è la corruzione del governo di Serraj che pagherebbe milioni di dollari alle varie milizie per tenersele buone e fedeli. Secondo l’inviato di guerra Gian Micallessin, “non è solo questione di lotta alla corruzione, ma la pretesa di avere una fetta di quei soldi che le organizzazioni internazionali versano al governo di Serraj”. Un quadro di totale anarchia dunque che, sempre secondo Micalessin, avvantaggia Macron e il suo uomo in Libia, il generale Haftar, e mette in crisi il ruolo dell’Italia nel paese nordafricano.
Dietro a questo attacco a Serraj c’è solo la lotta alla corruzione come viene detto ufficiosamente o c’è dell’altro di più significativo?
Più che il tentativo di combattere la corruzione direi che è il tentativo di partecipare alla corruzione insieme alle altre milizie, mangiare dallo stesso piatto dove mangiano queste milizie che sotto le mentite spoglie di sostenitori di Serraj si spartiscono i proventi del petrolio e dei contributi internazionali.
Un attacco a Serraj che avvantaggia il suo rivale Haftar?
Ovviamente, infatti quello che ancora non è chiaro è quanto Haftar stia riuscendo a sfruttare questo caos trasformando queste milizie in propri complici. Perché se così fosse, la situazione sarebbe molto pericolosa. E’ chiaro che Haftar e la Francia hanno tutto l’interesse a mettere fuori gioco l’Italia.
In che senso?
L’Italia è il principale antagonista della Francia in Libia, l’Italia si oppone a quelle elezioni truffa che Macron ha indetto per dicembre, per portare al potere un suo fedelissimo e subito dopo estromettere l’Italia, il che significa perdere petrolio, gas e controllo dei migranti.
Serraj ha chiamato in soccorso la milizia antiterrorismo di Misurata. Risulta che a Misurata ci sia una forte presenza dei Fratelli musulmani, è così?
Tra le milizie di Misurata c’è di tutto, quelle alleate con i Fratelli musulmani, quelle con la Turchia e via dicendo. Quello che va detto è che queste milizie in passato avevano il compito di controllare Tripoli e si riuscì a cacciarle, adesso sfrutteranno questa occasione per tornare ad avere il controllo.
L’Italia ha qualche capacità o margine di intervento?
Quello che manca all’Italia è una iniziativa politica precisa. Non siamo riusciti a esercitare un controllo e a garantire il governo di Serraj e soprattutto non siamo riusciti a metterci in una situazione più paritetica rispetto alla Francia nell’ambito del conflitto libico. Gioco che invece è riuscito a fare benissimo Macron, che si propone come grande riunificatore del paese anche se nasconde il tentativo di estromettere l’Italia.
Nessun paese europeo mette bocca in questa situazione. Perché? La Francia ha carta libera?
In questo momento Macron ha più facilità a fare quello che vuole in quanto si è dichiarato nostro nemico e quindi difensore dell’Europa, mentre noi siamo emarginati per lo scontro che continuiamo ad avere sul tema migranti e bilancio. Tutti in questo momento preferiscono lasciarlo fare, quelli all’angolo siamo noi perché non diamo fiducia.
C’è rischio di un’escalation militare o c’è margine per un dialogo tra Serraj e antagonisti?
In Libia c’è sempre margine per un dialogo soprattutto se si mette mano al portafogli, e soprattutto se ci sono pressioni internazionali. Noi dobbiamo sviluppare una iniziativa politica, rafforzare i rapporti con l’Egitto, siamo inoltre in buoni rapporti con la Russia che sono due alleati di Haftar. Dobbiamo muoverci diplomaticamente e politicamente per posizionarci in modo tale che la Francia non ci elimini dallo scenario.
(Paolo Vites)