Una vera e propria rivoluzione in atto quella in programma nelle prigioni britanniche dove, in seguito ad uno studio finanziato dal governo, presto i detenuti non solo non saranno più chiamati così ma potranno vivere in vere e proprie stanze prive delle classiche sbarre. Lo studio ha infatti fatto emergere proprio gli effetti negativi dell’immagine della “gabbia” sulla psiche e quindi sul recupero dei prigionieri. Ovviamente le sbarre saranno presto sostituite da doppi vetri rinforzati e infrangibili che non potranno in alcun modo garantire una fuga semplice agli ospiti delle prigioni di Sua Maestà. Il progetto che presto potrebbe diventare realtà, ha avuto una durata di tre anni ed è stato finanziato dai contribuenti. Esso sarà applicato alle nuove prigioni in costruzione e servirà a garantire maggiori chance di riabilitazione per coloro che stanno scontando i propri reati, normalizzando al tempo stesso l’ambiente di vita. L’ambizioso progetto ha preso in esame soprattutto la questione psicologica ed è arrivato alla conclusione che in seguito applicazione dei moderni sistemi di videosorveglianza, le grate hanno ormai perso di fatto le loro originali funzioni pur continuando ad avere un peso simbolico molto forte come luogo di penitenza, più che di recupero.
RIVOLUZIONE NELLE PRIGIONI BRITANNICHE: CAMBIA IL VOCABOLARIO
Dopo aver già messo ampiamente da parte l’immagine della palla al piede e della divisa a righe, ora potrebbe presto essere superata anche quella delle sbarre, sia orizzontali che verticali, come simbolo cupo delle prigioni britanniche. L’ambizioso progecarcertto tuttavia non si limita solo a questo. Il Regno Unito infatti intende rivedere anche il vocabolario carcerario. Un tentativo anche questo per cercare di ridurre sempre di più la dilagante violenza presente soprattutto a Londra. Da qui l’idea di dare vita ad un secondo studio, questo condotto da Yvonne Jewkes, docente di criminologia all’Università di Bath, anche questo finanziato dai contribuenti. L’idea di base è quella di sostituire i termini come “detenuti” e “celle” con “uomini” e “stanze”. Un modo per favorire tramite il meccanismo dell’autostima, il reintegro nel tessuto sociale. Questa la tesi del professore: “Trattare i detenuti con fiducia, rispetto e dignità li incoraggia a investire nel loro futuro, a progettare il domani”. Quanto contemplato dal professore include anche l’uso di pc portatili, bar con tè caldo e panini, camere singole, maggiori ore d’aria e libere uscite, ma i rischi di critiche da parte dell’opinione pubblica sono chiaramente dietro l’angolo. Parte delle teorie finora analizzate hanno già trovato piena applicazione nella grande prigione di Berwyn, inaugurata lo scorso anno e che ospiterà in tutto 2000 criminali di categoria C, ovvero a basso rischio.