Il 27 marzo 1985 Ezio Tarantelli veniva assassinato dalle Brigate Rosse. A quarant’anni di distanza il suo nome è pressoché sconosciuto a chi è nato dopo gli anni Ottanta, mentre permane in chi ha vissuto il difficile ventennio che precedette la sua morte.
“Ezio Tarantelli è stato uno dei pionieri dello studio dell’economia del lavoro in Italia”. Così lo definisce il figlio Luca nelle prime pagine di un libro pubblicato per l’occasione di questa ricorrenza: Il coraggio delle proposte “impopuliste”. In ricordo di Ezio Tarantelli a quarant’anni del suo sacrificio” (Edizioni Lavoro, 2024).
Un libro agile e di facile lettura, scritto a due mani dallo stesso Luca Tarantelli con Emmanuele Massagli, in cui si ripercorrono le tappe fondamentali dell’impegno di Tarantelli per “passare dalla centralità del sindacato alla centralità dei lavoratori e trasformare il sindacato … in un soggetto pienamente titolato a partecipare alla politica economica, non più dipendente da una linea esogena, motivata da bisogni politici, bensì autonoma e rispondente solo alle sue basi” (pag. 16).
Questa affermazione, assolutamente condivisibile fin quasi all’ovvietà, risultò una montagna da scalare in quegli anni in cui, a seguito della crisi petrolifera del 1975, l’inflazione raggiunse livelli mai visti e il sindacato si trovò a dover difendere il potere di acquisto dei lavoratori con armi assolutamente inadeguate.
Tarantelli cercò di spiegare prima alla CGIL, con scarsi risultati, e poi alla CISL, con più efficacia, che la difesa dei salari non poteva essere sostenuta solo dalla rivendicazione, ma che la complessità del momento economico italiano e internazionale richiedeva un suo maggiore coinvolgimento.
Tarantelli “non riesce a far passare l’idea che il sindacato, oltre che unitario negli obiettivi, deve essere un soggetto politico autonomo, capace di portare a termine uno scambio con il Governo, le imprese e (implicitamente a distanza) anche la banca centrale” (pag. 49).
Era l’idea di partecipazione macroeconomica più volte spiegata da Tarantelli, a cui associare quella partecipazione a livello di impresa che è oggi perseguita dal disegno di legge di iniziativa popolare promosso dalla CISL e in discussione al Senato, che potrebbe portare al compimento, dopo 77 anni, del principio contenuto nell’art. 46 della Costituzione.
Tarantelli da tempo aveva analizzato la complessa problematica della spirale-salari-prezzi, forte dei suoi studi fatti all’estero, ed aveva convinto la CISL a dotarsi di uno strumento di studio, l’ISEL (Istituto di studio ed economia del lavoro) fondato nel 1978, che negli anni successivi si rivelò prezioso per sostenere scientificamente tesi che andavano controcorrente rispetto alla tradizionale impostazione rivendicazionista del sindacato più tradizionale, cioè la CGIL. Oggi è la Fondazione Ezio Tarantelli, voluta dalla CISL nel 1987, a continuare l’opera iniziata dall’ISEL.
La sua visione non si limitava all’orizzonte italiano, ma egli era consapevole che fosse necessaria una concezione europea con la costituzione di una “Confederazione europea dei sindacati che di anno in anno armonizzi le politiche salariali e del lavoro tra i vari Paesi …
La formazione di una moneta europea passa, dunque, per una politica europea dei redditi (che per brevità chiamerò Per). La politica del lavoro diverrebbe allora la pietra miliare della coniazione del futuro europeo, mezzo di pagamento circolante nei Paesi membri della Comunità”. Così in un suo articolo del 1985 riportato a pagg. 27-28. Visione a dir poco profetica, contraddetta da lì a poco con la nascita dell’euro e la svolta impressa a tutta l’UE.
Un altro tema di cui anticipò l’urgenza fu quello della disoccupazione. Poco prima di morire avanzò l’idea dello “Scudo dei disoccupati”, una dotazione da affidare al Fondo sociale europeo “di un finanziamento in ECU commisurato al reddito medio e al tasso di disoccupazione della Comunità” (pag. 51). Come si può notare siamo mille miglia distanti da iniziative a noi contemporanee incentrate sul reddito di cittadinanza e dei bonus per varie tipologie di categorie fragili.
Ma ciò che del suo pensiero oggi forse fa rimpiangere è la centralità della contrattazione a cui Tarantelli affidava il compito di sconfiggere l’inflazione. “Per risolvere questa forma di conflitto – scrive il figlio Luca – mio padre propose una contrattazione centralizzata … che avrebbe potuto risolvere la conflittualità.
I sindacati avrebbero dovuto fare da catalizzatori e rappresentanti della domanda politica dei lavoratori che riguardava servizi pubblici, edilizia popolare, programmazione degli investimenti e, soprattutto, delle istituzioni come la riforma della PA, dello Stato e l’articolazione democratica del potere”.
Come si concluse questa fase è ormai storia. La CGIL non firmò l’accordo tra sindacato e Governo che prese il nome di accordo di San Valentino, perché il PCI non lo consentì ed anzi propose un referendum abrogativo che venne bocciato dalla maggioranza dei consensi.
Una delle più “impopulistiche” (ma eccome se popolari!) scelte della storia italiana: ecco spiegato l’originale titolo del libro citato. L’inflazione iniziò a calare e la Scala mobile nel 1992 vide la sua fine. La morte di Enrico Berlinguer nel giugno 1984 e l’uccisione di Tarantelli nel marzo del 1985 segnarono in qualche modo la fine di un’epoca.
Rimangono oggi due questioni aperte. Perché fu ucciso Tarantelli? In un documento di 70 pagine lasciato dalle Brigate Rosse sull’automobile che lui guidava quel giorno c’era scritto: “perché consulente di sindacati e Governo negli accordi di predeterminazione della scala mobile” (pag. 45). Oggi si fa molta fatica a ritenere plausibile una tale motivazione, ma anche questo è un segno di quanto sia cambiato il nostro Paese in quarant’anni.
Ma la domanda più importante è quella a cui risponde Massagli nel suo contributo dal titolo: “Dalla politica dei redditi alla politica per i redditi, nell’epoca della partecipazione”. Qual è il suo lascito?
Tarantelli non può essere ricordato solo dal punto di vista storico o perché fu un precursore di ciò che dopo purtroppo non accadde. Il sindacato italiano non solo ha bisogno di ricominciare “a studiare”, attivando o riattivando centri di studi e ricerche.
Ma ha bisogno di riconquistare, certo a fatica e contro più oppositori di prima, un ruolo di centralità che superi la mera rivendicazione salariale, sempre necessaria ma mai sufficiente, e lo renda partecipe, insieme agli altri soggetti preposti, di una nuova stagione in cui, tra venti di guerra e individualismo esasperato, sembra quasi inutile unire le energie nel mondo del lavoro e nella società, per un percorso a tutti i livelli, più condiviso e quindi più socialmente utile.
In tale contesto va letta anche la legge di iniziativa popolare sulla partecipazione dei lavoratori nelle aziende depositata in Parlamento dalla CISL a fine novembre 2023 dopo aver raccolto più di 400mila firme. Dopo il passaggio nelle commissioni riunite Lavoro e Finanze e dopo il voto favorevole della Camera, la legge è ora trasmessa al Senato della Repubblica.
In occasione dell’anniversario sono stati organizzati due momenti: il primo, promosso dalla CISL, dalla Fondazione Ezio Tarantelli e dalla famiglia, si terrà all’Auditorium di via Rieti a Roma il prossimo 26 marzo, dalle ore 10 alle ore 13. Il giorno dopo, a partire dalle ore 9, inizierà una lunga giornata in onore del prof Tarantelli nell’università ove insegnava (La Sapienza di Roma): la commemorazione della stele sarà seguita da una mattinata di dibattito scientifico e da una tavola tra le parti sociali al pomeriggio.
L’augurio è che, oltre al giusto riconoscimento del suo sacrificio a partire dalla fondazione che porta il suo nome e che sta curando la digitalizzazione di tutti i suoi scritti, si possa riprendere un cammino comune che, al di là di contrapposizioni ormai obsolete, veda tornare il lavoro e i lavoratori protagonisti degli anni futuri.
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